Eppure sono annimillenni
che vibra il bianco nel cielo
nessuna ha imparato a cavarne dell’aria
sono prigioni
i colori spettrali di un unico azzurro
senza neppure violacee passioni, solo una gabbia
in cui catturarsi per essere amati da basilischi di sperma
che godono liberi la loro pelle di filo e barba.
E tu donnaiolo, davvero sei poco poroso?
Il semplice noi si ottiene dal breve spiegare
toccavi e guardavi nei miei occhi palude
la testa era calva con un’unica treccia
avrei dovuto portare un fermaglio e chiuderti dentro
crearti gemello senza corpo né gambe.
Ancora sei bello e io, scandaglio il mio doppio
la disputa s’interrompe eri tu che scindevi
che buffo – diplopico il nome – alteravi la visione
aspettando di morirmi per lesa dedizione.
Allora ero un buco?
andavo sversata non solo linciata
lasciata deserta di posti comuni e mogli inquietanti
la dea rugata per troppo nitore.
Di tutte le dee morte davanti ai plotoni
ti chiedo di ricordarmi come quella dei gatti
credo fosse egiziana, dal corpo sinuoso
un poema in un plico da perdere subito
prima che il mio nome passineltempo mediocre
fra il nulla che ero e l’eterno che avevo.