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Il corpo umano - di Paolo Giordano

Creato il 29 novembre 2012 da Ilibri

Scritto da Bruno Elpis

 

IL CORPO UMANO - di Paolo Giordano
IL CORPO UMANO - di Paolo Giordano

Titolo: Il corpo umano
Autore: Paolo Giordano
Editore: Mondadori
Anno: 2012

Con “Il corpo umano” torna uno degli autori più acclamati della narrativa italiana: Paolo Giordano, tanto atteso alla sua seconda prova dopo il botto de “La solitudine dei numeri primi”.

Di fronte al successo del romanzo d’esordio che, oltre ad aver vinto tutto (Premio Campiello opera prima, Premio Fiesole, Premio Strega …), ha venduto milioni di copie, sarebbe naturale e umano patire l’ansia da prestazione. Paolo Giordano dissipa quest’ansia, ammesso che l’abbia mai avuta, con una storia che promette notevoli spunti di riflessione: sulla generazione dei trentenni, sulla guerra (intesa sia in senso bellico sia in chiave esistenziale) e su … “Il corpo umano”. E lo fa da un punto d’osservazione privilegiato: quello del trentenne.

I personaggi

Nell’intreccio, su tutte, due sono le figure in bassorilievo. Due numeri primi, verrebbe da dire.

Il maresciallo René, gigolò a tempo perso (“Di solito va a letto con donne più giovani, per lo più ragazze che vogliono fabbricarsi qualche ricordo eroico prima di abbracciare una vita da mogli giudiziose”), dotato di grande sensibilità umana e di senso della responsabilità (“Nessuna di loro sa cosa significa comandare, nessuna sa cosa comporta avere nelle proprie mani il destino di ventisette uomini”) anche di fronte al suo dilemma privato (“non ha esperienza delle spirali pericolose nelle quali il ragionamento umano può incappare, il suo cervello procede sempre per concatenazioni lineari di idee, per passaggi logici”).

Il tenente Alessandro Egitto: personalità ben più complicata, in preda a “l’angoscia disordinata del periodo seguito alla morte di suo padre – con tutte le reazioni psicosomatiche e i pensieri tetri e seducenti che il foglio illustrativo (ndr: delle pasticche) indicava genericamente come tendenze suicide”. Ė qualcosa di più di una semplice ipocondria: “Una pillola al giorno, ognuna per cancellare una domanda a cui nel tempo non avevo trovato risposta: che cos’è una famiglia?, perché scoppia una guerra?, come si diventa un soldato?”.

Il tenente medico “si trova in Afghanistan da centonovantuno giorni e da quasi quattro mesi alla fob Ice, all’imbocco nord della valle del Gulistan, non lontano dalla provincia di Helmand, dove le milizie americane combattono tutti i giorni per ripulire i villaggi dagli insorti.” Ė afflitto da un passato ingombrante e da una storia familiare complessa.

Sopra di loro, vi sono alcuni ufficiali più rozzi. Come il colonnello Ballesio, che reputa ‘Il piccolo principe’ “roba da finocchi. Mi sono addormentato due volte.

Poi ci sono i ragazzi del terzo plotone della “Charlie”. Tra episodi di nonnismo e scherzi crudeli (“Esistono infinite varianti … la bocca tappata e le caviglie legate con lo scotch da pacchi … Il ghiaccio nelle mutande … La ceretta sulle braccia, il classico sacco con le lenzuola, i capelli imbrattati con il dentifricio …”) fino alla perniciosa missione ne “la valle delle rose”, i soldati della Charlie acquisiscono spessore psicologico e scenografico.

Il corpo

Del corpo, in questo romanzo – un po’ come in filosofia dell’essere - si parla in molti modi (τό ỏν λέγεται πολλαχώς): “Fra loro vige una libertà completa, quasi oscena, per ognuno il corpo degli altri non è meno familiare del proprio …”

Sotto la minaccia di una concezione meccanicistica del corpo (“… tutta la pena, la sofferenza, la compassione verso altri esseri umani si riducono a pura biochimica – ormoni e neurotrasmettitori inibiti o rilasciati”), che domina nella cultura familiare degli Egitto (come emerge durante la crisi giovanile della sorella Marianna: “Se la falla non era nella sua determinazione, doveva trovarsi necessariamente da qualche parte nell’organismo. La sua bambina non era stata sempre la migliore della classe?”), il principale dramma è l’antinomia tra involucro fisico e persona: “Non gli è mai successo niente di simile prima di oggi, eppure il suo corpo sembra serbare un’esperienza antica di quanto sta avvenendo.”

“Vuole essere soltanto un corpo, non una persona …”

Il corpo funziona … ma come se fosse ormai disabitato.”

Fino alla rappresentazione dello smembramento in immagini di corpi fatti a pezzi, raccolti in sacchi e assemblati con una drastica decisione per il riconoscimento delle vittime. Nell’idea che “le fratture peggiori sono quelle che ci si procura da fermi … il corpo … si sbriciola in così tante schegge che dopo è impensabile ricomporlo”.

Il nostro giudizio

Ne bis in idem, recita il brocardo. Che poi, trasposto qui, significa: non era facile bissare eleganza, estetica e universalità (chi di noi non si è sentito, almeno una volta nella vita, un numero primo?) del precedente romanzo. Ma là si trattava di solitudine e di ‘numeri primi’.

Ne “Il corpo umano” invece si parla di guerra, di individui collocati in condizioni estreme, di situazioni limite. La narrazione – per certi versi anticonvenzionale e policentrica – ne risente: nel linguaggio, nella drammaticità di toni e descrizioni. Per questo,

Bruno Elpis

ritiene che Paolo Giordano abbia scritto un romanzo molto interessante, misurandosi in una prova difficile sia per la premessa sia per le conseguenze.

 

 


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