A differenza di quanto si possa pensare, il software “pirata” può avere un alto costo per quelle imprese che lo utilizzano nella propria attività. L’utilizzo di software privo di regolare licenza è un fenomeno che non conosce limiti: vuoi per “ignoranza” (l’utente non si rende conto che, ad esempio, un determinato programma può essere utilizzato liberamente per fini personali ma non sul lavoro), vuoi per “furbizia” (l’utente preferisce risparmiare i soldi richiesti dalle software house), sono numerose le azienda che utilizzano programmi non licenziati.
In alcuni casi, però, questo si può rivelare un boomerang per l’impresa. Proprio in questi giorni la Business Software Alliance (organizzazione internazionale dedita al rispetto della proprietà intellettuale e alla promozione di un mondo digitale legale e sicuro in campo ICT) ha diffuso i dati sulle azioni civili instaurate nei confronti di società che operavano in violazione della normativa sul diritto d’autore.
Nel corso del 2009 BSA ha ricevuto circa 4.000 segnalazioni relative al presunto uso di software illegale da parte società, segnalazioni che hanno condotto a circa 2.250 azioni legali. Con riferimento alle ultime sette azioni civili instaurate da BSA in Italia è risultato che il costo sostenuto dalle aziende “pizzicate” in violazione della normativa sul diritto d’autore è stato di oltre 211.787 euro, con un picco pari a oltre 77.800 euro pagati da un’azienda per evitare una causa in tribunale che avrebbe potuto rivelarsi dannosa tanto per il bilancio quanto per l’immagine dell’azienda stessa. Alle somme sborsate per il risarcimento dei danni vanno aggiunti gli oltre 70.000 euro necessari per regolarizzare i software impiegati illegalmente e le spese legali sostenute per la difesa nelle controversie.