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Il costo nascosto dell’INPS

Creato il 05 febbraio 2013 da Ilbocconianoliberale @ilbocclib

Abbiamo gia’ avuto modo di discutere lo stato disastroso dell’INPS qua. Questa breve riflessione vuole invece focalizzare l’attenzione su una caratteristica poco osservata dei sistemi Pay As You Go (PAYG) rispetto ai sistemi a capitalizzazione. Nei sistemi a capitalizzazione, ogni individuo accumula i suoi contributi previdenziali in un fondo. Al raggiungimento dell’eta’ pensionabile, il neo-pensionato inizia ad attingere dal suo montante fino alla morte. Nei sistemi PAYG, invece, i contributi previdenziali vengono immediatamente girati ai pensionati. In altre parole, la differenza sostanziale tra i due sistemi e’ che nel secondo non c’e’ accumulo di risorse finanziarie. Entrambi i sistemi possono essere congegnati in modo da essere sostenibili nel lungo termine. Il sistema PAYG, inoltre, si presta bene ad erogare pensioni a favore di chi non ha mai contribuito, il che spiega il motivo della sua introduzione in Italia negli anni 70. Quello che pochi colgono e’ che il mancato accumulo di risorse finanziarie rappresenta una sorta di “costo nascosto” dei sistemi PAYG. Infatti, il costo del mancato accumulo di risorse finanziarie ha sistematicamente sottocapitalizzato il sistema economico italiano, provocando una serie di side effects drammatici. Proviamo dunque a quantificare il costo del mancato accumulo di risparmio derivante dal sistema PAYG.

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Il modello: Mr Rossi versa 1$ ogni anno per 40 anni, dai 25 ai 65 anni. I tassi di interesse sono al 4%. Dopo essere andato in pensione a 65 anni, Mr Rossi vive in media altri 16 anni. Muore circa a 81 anni. Il sistema deve essere calibrato affinche il saldo totale di Mr Rossi a 85 anni sia zero ovviamente (Mr Rossi e’ un turbocapitalista individualista ed egoista e non vuole lasciare nulla ai suoi figli). Brevi calcoli mostrano che Mr Rossi avra’ accumulato circa 95$ dopo i 40 anni di contribuzione. Potra’ poi permettersi di estrarre una pensione di 8$ all’anno per 16 anni prima di ridurre il suo montante a zero.
Proviamo ora ad applicare il modello alla realta’. In Italia nel 2012, la spesa pensionistica ammontava a circa 280 miliardi di euro. Significa che il nostro modello va “riscalato” di 280/8=35 miliardi. Un modello a contribuzione che replicasse la stessa spesa pensionistica italiana, quindi, dovrebbe raccogliere 35 miliardi di euro ogni anno. Al 65esimo anno di eta’, il montante totale sarebbe di 3325 miliardi. L’eta’ media degli italiani non e’ pero’ 65 anni, bensi’ 45. La massa di risparmio medio sara’ quindi pari a 1042 miliardi di euro. Questo significa che l’adozione di un sistema PAYG al posto di un sistema a contribuzione ha provocato il mancato accumulo di circa 1042 miliardi di euro. Non avendoli, gli italiani sono costretti a prenderli a prestito. Ipotizzando dei tassi medi del 4%, questo comporta circa 42 miliardi di euro di spesa per interessi aggiuntiva ogni anno. Dalla sua introduzione, quindi, il costo cumulato del nostro sistema PAYG si aggira sui 1600 miliardi di euro.

Badate che qua non si tratta di spesa pubblica. Qua si sta parlando del shortfall di risparmio a livello macroeconomico per il sistema italiano. Cosa sarebbero andati a finanziare questi 1600 miliardi di euro non ci e’ dato sapere. Molti, probabilmente, sarebbero stati fagocitati dallo Stato per saziare la sua bulimica fame per sempre maggiori risorse. Alcuni, pero’, sarebbero potuti andare a finanziare le imprese italiane. E’ impossibile quantificare poi i knock-on effects. Negli USA, ad esempio, i grandi fondi pensione hanno per decenni finanziato il private equity e il venture capital, da cui sono nati colossi come Microsoft, Youtube o Google. L’assenza di una prospera industria del risparmio gestito e di tutta l’innovazione che avrebbe potuto finanziare comporta dei costi giganteschi per l’Italia, impossibili da quantificare. 
Quando inizieremo a parlare seriamente di una profonda riforma del sistema pensionistico italiano?

Gabriele Giovanni Vecchio


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