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Il cristo dell’oceano

Creato il 21 aprile 2010 da Renzomazzetti

IL CRISTO DELL’OCEANOQuell’anno molti pescatori di Saint-Valéry, erano annegati in mare. I loro corpi furono ributtati dal flusso sulla spiaggia, coi rottami delle imbarcazioni. Per nove giorni, su per l’erta montagnosa che conduce alla chiesa, si videro i feretri portati a braccia, seguiti dalle vedove in lacrime sotto la loro gran cappa nera, come le donne della Bibbia. Il padron Gianni Lenoel e suo figlio Desiderio furono così deposti nella grande navata, sotto la volta, dove, pochi giorni prima, avevano sospeso in voto a Nostro Signore una piccola nave, completamente attrezzata. Erano stati degli uomini retti, timorati di Dio. E mentre i pescatori nella loro barca morivano vicino alla costa, i grandi piroscafi affondavano al largo e non passava giorno che l’Oceano non buttasse a riva qualche rottame. Ordunque un mattino dei ragazzi che pilotavano una barca videro un corpo disteso sull’acqua . Era una scultura in legno dipinto: un Gesù Cristo, in grandezza naturale, che sembrava opera d’arte antica. Il buon Dio galleggiava sull’acqua a braccia aperte. I ragazzi lo tirarono a bordo e lo portarono a Saint-Valéry. Aveva la fronte cinta da una corona di spine e i piedi e le mani forati. Mancavano i chiodi e la croce. Con le braccia ancora aperte per l’offerta e la benedizione, era quale l’avevano visto Giuseppe d’Arimatea e le pie donne al momento della sepoltura. I ragazzi lo portarono al curato Truphème che disse: Questa immagine del Signore è opera antica e chi la scolpì è certamente morto da molto tempo. Per quanto i mercanti di Amiens e di Parigi vendano per 100 franchi e anche di più delle statue ammirevoli, bisogna riconoscere che pure gli artisti d’un tempo avevano dei meriti. Ma ciò che mi rallegra è soprattutto l’idea che Gesù Cristo sia venuto così, con le braccia aperte a Saint-Valéry, per benedire la parrocchia sì duramente provata e per annunciare che ha pietà dei poverelli che vanno alla pesca a rischio della loro vita. E’ lo stesso Dio che camminava sulle acque e benediceva le reti di Cefas. E, dopo aver fatto deporre il Cristo in chiesa, sulla tovaglia dell’altar maggiore, il curato Truphème andò a ordinare al carpentiere Lemerre una bella croce in legno di quercia fina. Quando fu finita, il buon Dio vi fu inchiodato con dei chiodi nuovi e l’immagine fu rizzata nella navata, sopra il banco dei fabbriceri. E allora si vide che i suoi occhi erano pieni di misericordia e quasi umidi di pietà celestiale. Uno dei fabbriceri, presente alla posa del crocefisso, credette scorgere lacrime che scendevano sulla faccia divina. L’indomani mattina, quando il curato entrò in chiesa col chierichetto per dir messa, fu sorpreso di vedere la croce vuota sul banco dei fabbriceri e il Cristo posato sull’altare. Appena finito il santo sacrificio, fece chiamare il carpentiere e gli chiese perché mai avesse staccato il Cristo dalla croce. Ma il carpentiere rispose di non averlo toccato e dopo aver interrogato lo scaccino e i fabbriceri Truphème si assicurò che nessuno fosse entrato in chiesa dal momento in cui il buon Dio era stato posto sul banco dei fabbriceri. Ebbe allora la sensazione che fosse avvenuto qualcosa di soprannaturale e ci meditò con prudenza. La domenica successiva ne parlò durante la predica ai suoi parrocchiani e li invitò a contribuire con doni alla fabbricazione di una nuova croce, più bella della prima e più degna di portare Colui che redense il mondo. I poveri pescatori di Saint-Valèry diedero tutto il denaro di cui potevano disporre e le vedove portarono la loro fede. Tanto che il curato poté recarsi subito in città a ordinare una croce di legno nero, lucidissimo, sormontata da un cartello recante la scritta INRI in lettere d’oro. Due mesi più tardi la croce fu installata al posto della prima e vi si inchiodò il Cristo tra la lancia e la spugna. Ma Gesù l’abbandonò, come aveva abbandonato l’altra, e nottetempo andò a stendersi sull’altare. Il curato, trovandolo lì la mattina dopo, cadde in ginocchio e pregò a lungo. La novella del miracolo si diffuse e le signore d’Amiens fecero delle questue per il Cristo di Saint-Valéry. Il curato ricevette da Parigi danaro e gioielli e la moglie del ministro della marina, la signora Hyde de Neuville, gli inviò un cuore di diamanti. Disponendo di tanta ricchezza, un gioielliere della via Saint-Sulpice fece in due anni una croce d’oro e pietre preziose che fu inaugurata con grande pompa nella chiesa di Saint-Valéry la seconda domenica di Pasqua dell’anno18… Ma Colui che non aveva rifiutato la croce dolorosa fuggì dalla ricca croce e andò a distendersi, ancora una volta, sul bianco lino dell’altare. Per paura di offenderlo ve lo lasciarono ed egli riposava già da più di due anni quando Piero, figlio del signor Caillon, venne ad avvisare il curato che aveva ritrovato sulla spiaggia la vera croce di Nostro Signore. Piero era un poverello scemo e non potendo guadagnarsi la vita viveva di carità: lo amavano perché non faceva del male a nessuno. Ma faceva dei ragionamenti sconclusionati, che nessuno ascoltava. Il curato Truphème, però, che aveva continuato a meditare sul mistero del Cristo dell’Oceano, fu colpito da quanto gli diceva il povero idiota. Si recò con lo scaccino e i due fabbriceri sul posto che gli era stato indicato dal fanciullo e vi trovò due assi con chiodi, corrose dall’acqua, che avevano effettivamente la forma di una croce. Erano dei rottami di un vecchio naufragio. Su un’asse si scorgevano due lettere, dipinte in nero, una G e una L, e non ci fu dubbio trattasi di un relitto della barca di Gianni Lenoel che cinque anni prima era morto in mare col figlio Desiderio. A quella vista lo scaccino e i fabbriceri scoppiarono a ridere dell’innocente che prendeva delle assi rotte d’una barca per la croce di Gesù. Ma il curato tagliò corto ai loro motteggi. Aveva meditato e pregato a lungo dopo l’arrivo del Cristo dell’Oceano tra i pescatori e il mistero della carità infinita cominciava a rivelarglisi. S’inginocchiò sulla sabbia, recitò l’orazione per i fedeli defunti, poi ordinò allo scaccino e ai fabbriceri di prendere il relitto in spalla e di recarlo in chiesa. Quando lo ebbero portato, sollevò il Cristo sull’altare, lo posò sulle assi della barca e ve l’inchiodò lui stesso, coi chiodi arrugginiti dal mare. Questa croce prese il posto della croce d’oro e di gemme. Il Cristo dell’Oceano non se ne staccò mai. Volle restare sul legno su cui erano morti degli uomini invocando il suo nome e quello di sua madre. E là, socchiudendo la sua santa bocca dolorosa, sembra dire: La mia croce è fatta da tutte le sofferenze degli uomini, perché io sono in verità il Dio dei poveri e dei miserabili. -Anatole France, novella-

 

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ALBA

Apro all’alba le finestre,

come le braccia

in impeto d’amore.

Ascolto l’armonia nascere vasta

nel mattino leggero.

Beve in aereo calice il pensiero

e trilla luce.

Riso d’argento con la prima piova,

sento l’umanità che si rinnova.

-Giuseppe Zanella-

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IL CRISTO DELL’OCEANO

Quaedam iura scripta, sed omnibus scriptis certiora sunt.

-SENECA-


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