(No Reply, 2006, 224 pagine 14 euro)
Breve segnalazione prima dello stop estivo.
Si tratta del Cristo elettrico di Lello Voce, che, ve lo dico fin da subito, è una bomba.
Conclusione della trilogia iniziata con Eroina (Transeuropa, 1999) e continuata con Cucarachas (Deriveapprodi, 2001), sintesi che prende i due romanzi succitati, li spezzetta e rimonta a capitoli alternati, arrivando a una strano ibrido: i capitoli dispari con l’Enrico, Gian Burrasca/Malaussene tossico amante della poesia e amico degli scarafaggi, che si precipita verso il tragico epilogo della sua giornata da junkie, e quelli pari con le lettere che il nostro scrive dal carcere alla madre, dopo l’epilogo di Eroina. Lettere che partono dall’ultima e vanno a ritroso fino alla prima, giocando con il tempo, uno dei temi fondamentali del libro.
E poi ancora l’immigrazione, i baluginii di rivoluzione e il loro spegnimento, lo stato delle carceri, gli abusi di potere, e la scimmia, e i soldi per calmarla che non si trovano mai.
Che Voce sia prima di tutto poeta lo si intuisce fin da subito, nella composizione delle frasi e nel lavoro sulla lingua, una ricerca che mi sembra aver pochi paragoni nella narrativa italiana contemporanea.
Sentite un po’.
Un TIR dopo l’altro sfrecciava e l’Enrico veleggiava sospinto dagli sbuffi del cappottone-spinnaker che si gonfiava e sgonfiava come un cuore pulsante, si mangiava la Nazionale, sospinto dalla forza del vento a gasolio che spazzava la strada, chinandosi e raddrizzandosi per sfruttare meglio l’energia rombante di quell’Eolo a iniettori. Ma è giunto quasi alla piazza, l’Enrico. È ormai sotto il Cristo elettrico: spento e mattutino, bianco plasticato all’albeggio, quasi grigio ormai, nel nuvolo della mattina, si erode, il mite e mansueto Gesù psichedelico, immerso nella salsedine che laboriosa si impegna a procurargli un cancro irreversibile ai relais, un cortocircuito definitivo ai filamenti e ai tubi catodici, un apoplettico ai neon ed un’artrosi deformante ai sostegni, una ruggine galoppante e vendicatoria… O almeno così si augurava l’Enrico.
Svicolò l’Enrico. Attraccò il pastrano a vela e la chiglia delle ossa sue al capo estremo del banco. Si protese verso il ragazzotto che serviva al banco ballando un mambo frenetico. Lo bloccò con le mani. Gli spiegò a gesti, nella babilonia generale, che voleva il Giùdio. Per la barba e i capelli Una buona regolata ai prezzi di mercato.
[…] Ma che bella sorpresa! Guarda, guarda il nostro caro Enrico che viene, pure lui, dal Giùdio maledetto. Dallo sfruttatore bieco e capitalista della rota altrui… dal parassita soprofago che campa e ingrassa sulle vene del prossimo tuo. Come se non ti fosse bastata la ripassata dell’altro ieri…
E come sta quella gran metafora della mamma tua? Alludeva il Giùdio e si curava l’unghia del mignolo destro con uno stuzzicadenti. Ripuliva dal crassume ogni angolo dell’appendice sconsideratamente lunga e affilata e poi glielo passava ostentatamente sulla manica del pastrano, al’Enrico, il mucchietto di monnezza che ci restava attaccato in punta…
Nella premessa, Voce esordisce con “Cari i miei 25 lettori”…
Ecco, se con questa segnalazione diventassero anche solo 26, io ne sarei contento, e quell’uno in più leggerebbe un gran romanzo.
Non dovete neanche fare la fatica di procurarvelo, se vi basta un pdf lo trovate qui.
Qui invece il sito dell’autore.
Detto ciò, buone vacanze, dovunque voi andiate, dovunque rimaniate.
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Tagged: Il Cristo elettrico, Lello Voce, Letteratura, romanzo
§ 6 Risposte a “Il Cristo elettrico” di Lello Voce"
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cooksappe scrive:
30 luglio, 2011 alle 7:11 pm
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gelostellato scrive:
1 agosto, 2011 alle 3:58 pm
sembra figo
non subito, ma prima o poi ci penserò -
GK scrive:
23 agosto, 2011 alle 1:03 am
interessante… Non ho cpaito si può leggere anche senza i primi due capitoli della trilogia che citi?
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abo scrive:
23 agosto, 2011 alle 1:06 am
In sostanza, più che il terzo capitolo della trilogia, questo è una fusione dei primi due, montati alternati.
Quindi sì, diciamo che è come leggere i primi due insieme. -
sartoris scrive:
26 agosto, 2011 alle 3:31 pm
Letto a spizzichi nel mare magnum delle letture estive, Voce è un grande, talmente poderoso nell’inventare suoni, metafore, similitudini e assonanze che più di un tot di pagine al giorno diventano troppe (non sono ironico, la potenza della sua prosa/poesia è oggettivamente insopportabile). Un mito per pochi, lieto di essere uno di quelli
) -
abo scrive:
26 agosto, 2011 alle 7:11 pm
Già, spiace proprio che sia per pochi, meriterebbe ben altra visibilità e considerazione.
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