Il CRM è morto? La fidelizzazione del turista infedelizzabile

Da Thedoct

Da qualche anno a questa parte, chiunque gestisca un’attività commerciale combatte per fidelizzare i propri clienti. Si è parlato molto, allora, di CRM (Customer Relationship Management), cioè di gestione del lungo e travagliato rapporto tra l’impresa e i propri customer, considerati non solo come fonte di guadagni ma anche e soprattutto come miniere di suggerimenti. Nella migliore delle ipotesi, essi si trasformeranno in advocate, ossia promoter spontanei dell’attività di business.

Si parla di “fidelizzazione” quando un forte legame emozionale tra una particolare offerta e il consumatore può invogliare quest’ultimo a continuare a destinare nel tempo il proprio potere d’acquisto al medesimo fornitore. Nel mondo del turismo tutto si complica, perché non vi sono “clienti” ma “ospiti” e perché questi ultimi difficilmente restano fedeli a una destinazione, per via dell’umana naturale propensione a ricercare esperienze sempre nuove. Un primo aspetto da presidiare riguarda la necessità di non cadere nella trappola di mirare ad accalappiarsi il visitatore e “spolparlo fino all’osso”, perseguendo un interesse di breve periodo. La soluzione è chiara e all’apparenza forse scontata: agire nell’ottica di un marketing human to Human. I nostri “clienti” non sono denaro che cammina, sono Persone come noi e come tali meritano di essere trattati. In secondo luogo, è necessario un costante re-engineering dell’offerta, così da fornire valide e attraenti motivazioni che giustifichino e favoriscano il ritorno, innovando l’attività in linea con l’evoluzione della domanda e del mercato.

Immaginate di visitare una città per qualche giorno, di usufruire di un hotel solo per riposare qualche ora e di riempire l’attesa prima della visita al museo mangiando un boccone al volo. Bene…adesso immaginate di essere calorosamente invitati a lasciare un commento positivo su TripAvisor per consigliare all’universo dei navigatori di provare quel panino di cui non ricordate nemmeno il gusto. Oppure immaginate di ricevere per i prossimi cinque anni gli auguri di compleanno da parte dei membri dello staff di quell’albergo che avete casualmente incrociato in reception. Vi sentireste coccolati e trattati de very important people? Ecco, adesso vi è chiaro perché, in un certo senso, il CRM è morto.

Ma, come spesso accade, caduto un pilastro del marketing, si fa presto a trovare un sostituto: la personalizzazione. Non vi viene chiesto di stringere amicizia con ciascuno dei vostri clienti né di riempire la vostra agenda di numeri di telefono che probabilmente non userete mai. Comportatevi con naturalità, mettetevi sempre neipanni di chi vi sta di fronte e sfruttate le potenzialità dei big data.

Ci troviamo in un’era caratterizzata dall’inedita possibilità di raccogliere le più svariate informazioni sui nostri utenti, di poter studiare le loro scelte passate per poter elargire raccomandazioni utili e di scoprire i loro gusti per confezionare esperienze sempre più personalizzate. Se questa rivoluzione, da un lato, potrebbe eliminare l’effetto sorpresa e il piacere della scoperta spesso alla base del desiderio di viaggio, dall’altro, supporta il nostro essere intimamente “creatures of habits”, soprattutto se viaggiamo frequentemente.

Il CRM è morto perché riflettere, discutere e dimenarsi nel mondo 2.0 con la mentalità del passato corrispondono a una rivoluzione solo a metà. Questo non vuol dire perdere la nostra personalità dietro gli strumenti tecnologici, pena ritrovarci con una disengaged audience e con un conseguente ranking più basso nei motori di ricerca. Nell’era della multimedialità abbiamo a disposizione infinite tecniche mettere in mostra la personalità della nostra azienda e per veicolare il lato umano del business che emoziona, coinvolge e crea fedeltà.

Se un brand riesce a stabilire una connessione emozionale sincera, avviene qualcosa di incredibilmente potente che funge da base per una fedeltà di lungo periodo. Considera che il consumatore medio è oggi esposto a più di 5.000 messaggi pubblicitari al giorno, per cui solo coloro i quali riescono a connettersi in modo genuino con la propria community avranno un reale vantaggio strategico. Abbiamo a che fare con consumatori intelligenti, informati e che si aspettano molto dal marchio che scelgono, per cui la connessione emozionale può avvenire solo con la passione e i valori che la compagnia veicola.
Le relazioni costruite sull’empatia, sulla trasparenza, sull’autenticità e sull’onestà sono quelle che durano più a lungo. Per attivarle, però, bisogna prima stabile una connessione. Come fare? Forse ti può essere d’aiuto la teoria delle Random Affinities di Ian Lurie, che mira a identificare e comprendere l’interesse che accomuna la tua azienda e i tuoi clienti.

“Due argomenti hanno un’affinità casuale se sono collegati da una audience comune. Ad esempio, il fatto che mi piaccia il ciclismo rende quattro volte più probabile che io guardi Adventure Time. Tra i due topic non vi è una connessione ovvia e diretta, se non il fatto che molte persone siano interessate a entrambi.”

Questa teoria suggerisce un espediente per attrarre il tuo pubblico e mantenerlo interessato. Pensare in termini di “passioni comuni” può anche aumentare la possibilità di stabilire relazioni con clienti potenziali, facilitare il ricordo del tuo brand e fornirti spunti sempre nuovi e di valore per i tuoi contenuti online. Inoltre, può aiutarti la partecipazione – sia online che offline – a iniziative estranee al tuo campo, come sponsorizzare eventi o supportare cause benefiche, purché il tuo coinvolgimento sia genuino. La passione e l’impegno profusi saranno ripagati, non solo perché saranno contagiosi, ma anche perché attireranno attenzione verso di te senza le tipiche forzature a cui siamo abituati oggi.

Stabilita la connessione, è il momento di mantenerla nel tempo. Si tratta di un percorso non semplice che richiede tempo e fatica ma che, alla fine, paga. Eccoti solo alcuni spunti:

• I Social Media sono la piattaforma ideale per creare engagement, ma non basta solo raccontare a parole la propria storia, è necessario un mix di azioni digitali che evochino la propria personalità e i propri valori e che mantengano la conversazione con gli utenti sempre stimolante e attiva.
• Per smettere di essere solo un altro marchio senza volto né anima, usa un tono da conversazione, senza fare retorica né impiegare migliaia di parole inutili, e ascolta davvero quello che gli utenti hanno da dirti. Devi renderti disponibile non solo per postare e parlare delle tue eccellenze e ti guadagnerai la loro fiducia e, soprattutto, il loro rispetto. Mostrando reattività ai feedback potrai condurli a scrivere di te, a parlarne con gli amici e a “lavorare per te”.
Rispondi! Uno dei motivi principali per cui i clienti credono di comunicare con macchine è la mancanza di una risposta reale genuina. Le risposte automatiche vanno bene, ma per le pratiche amministrative e contabili!
• Se vuoi sperimentare un passo in più, non limitarti all’interazione, ma fornisci l’opportunità alle persone di partecipare alla vita della tua azienda, così da poter dar loro ciò che realmente desiderano.
• Ogni offerta promozionale, ogni parola che comunichi sul tuo brand, ogni immagine che posti è una promessa. Ogni volta che i clienti ti scelgono tu hai un impegno da rispettare: fornire un prodotto/servizio di valore, occuparti di loro e non darli per scontato. Questo deve avvenire in tutti i canali in cui ti proponi, non solo sul sito, sui social o attraverso le e-mail, e devi tenerlo presente prima, durante e dopo l’interazione. Loro, in cambio, saranno coinvolti in ciò che ti riguarda, ma questa interazione promessa-compimento è, di fatto, una negoziazione per negoziazioni ulteriori e più ricche.

La buona notizia è che tutto ciò non è eccessivamente complicato: tutti noi siamo esseri umani, lavoriamo tutti per altri esseri umani e tutti sappiamo che è necessario trattare i nostri clienti proprio come vorremmo essere trattati noi.

La cattiva notizia è che “non eccessivamente complicato” non vuol dire facile! Umanizzare il brand, costruire fiducia e incoraggiare una connessione autentica e duratura costituiscono un duro lavoro. Chi riesce a farlo è chi ha, in fondo al cuore, un obiettivo più profondo del far soldi e questo valore ispira a migliorare costantemente la propria offerta e il ricordo dell’esperienza che i consumatori avranno. Se il tuo marketing non viene dal cuore, non otterrai una connessione genuina e la tua community non crescerà.

Articolo di Federica Miceli.


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