Cul di Bove: un sifone inaspettato blocca l’avanzata nei Nuovi Mondi… Ma l’aria dove va?
Paolo Turrini e Luigi Russo
Ad entrare in grotta siamo: Paolo Turrini, Luigi Russo, Ivan Martino, Aldo Zambardino, Giuseppe Antonini, Emiliano Poeta, Francesca Bompadre e Vito Buongiorno. In esterno, a perlustrare la zona, Paolo Forconi.
I materiali per l’esplorazione sono stati ottenuti in parte per auto-finanziamento in parte gentilmente forniti da Vertigini Sport.
Entriamo alle 10 del mattino di sabato ed avanziamo spediti verso la Via Maestra per arrivare, dopo la strettoia soffiante, nei misteriosi Nuovi Mondi. Questa volta troviamo la grotta molto più bagnata del solito; d’altro canto è iniziata la stagione delle piogge. Lo stillicidio è aumentato ed il livello dell’acqua si è alzato a tal punto che in molti tratti, dove prima si camminava asciutti, ora ci sono delle pozze. Addirittura, nella Via Maestra, un nuovo lago melmoso ci sbarra la strada proprio poco prima del punto dove, la volta precedente, avevamo lasciato le “pantegane” (pontonnière).
Fortunatamente Vito e Francesca, avendole con sé sono potuti andare a recuperarle evitandoci il bagno nell’acqua.
Anche la corrente d’aria è ridotta e si avverte solo nei passaggi stretti, nelle storiche strettoie iniziali della grotta e nella fessura che ci ha aperto la strada ai Nuovi Mondi.
Arrivati in zona esplorativa, di fronte al finestrone dove il meandro subisce una retroversione di 180°, decidiamo di dividerci in due gruppi: il primo si ferma a traversare per entrare nel finestrone e l’altro che va avanti a continuare l’esplorazione del meandro lasciato in sospeso la volta scorsa per mancanza di materiale, proprio dove un ennesimo lago rifletteva le nostre luci deboli e stanche.
Vito si prende l’incarico di effettuare il traverso, Aldo, Luigi ed io gli siamo di supporto. Gli altri s’incamminano giù verso valle, veloci, scomparendo tra le alte pareti del profondo meandrone.
Dopo poco entriamo nel finestrone e ci rendiamo subito conto che non c’è una vera e propria prosecuzione evidente ma, in realtà, sembra solo una grande ed antica ansa del meandro.
Illuminiamo bene e, in alto, sembra intravedersi l’ingresso di una galleria. Ma sarà vero? Ci rimane da risalire ancora una ventina di metri prima di poterci mettere il naso. Abbiamo solo multimonti e placchette/maillons che non sono l’ideale per effettuare una veloce risalita. La curiosità, però, è tanta, così Aldo inizia ad arrampicare… Al terzo multimonti fissato, vince unanime il desiderio di raggiungere la seconda squadra. Come gli sarà andata? Chissà che staranno esplorando? Nuovi Mondi? Terre Incognite? E noi, qui, fermi su una improbabile risalita? Molliamo tutto e corriamo lungo il meandro nel tentativo di raggiungere il resto della banda! Arriviamo al lago dove c’eravamo fermati nella punta precedente. Lo troviamo armato, con un comodo traverso; non c’è traccia dei nostri amici. Il meandro continua, bellissimo, grande e molto alto; a tratti non si intravede nemmeno il soffitto. Percorriamo cento, duecento, forse trecento metri, poi un altro lago ed ennesimo traverso.
Urliamo ma niente. Poi finalmente ci rispondono. Li abbiamo raggiunti, ora esploriamo anche noi,abbiamo tutta l’energia per farlo! Invece… ci attende la notizia sconcertante! Pessima! Poco più avanti c’è un sifone! Rimaniamo increduli: il meandro è enorme, non è possibile, sembra solo un brutto scherzo. Purtroppo, invece, è tutto vero: la volta del meandro si abbassa e un famigerato, sciagurato, nefasto sifone, battezzato poi Sifone Arogis, ferma la nostra avanzata. E’ lo sconforto generale! Si confabula, si discute, c’è chi lo va a rivedere, quel sifone, placido e burlone.
Piano piano ci riprendiamo dallo sbandamento, è che c’è movimento d’aria e poi si sa che certe volte bisogna lasciare riposare.
La grotta vuole essere lasciata nella sua oscurità. Dobbiamo uscire. Vuol dire che la strada dell’aria si sta nascondendo; bisogna solo ritornarci. E’ chiaro che la cosa non ci convince! Primo: abbiamo trovato i livelli dell’acqua alti rispetto al periodo di magra ed è probabile che in secca il sifone possa essere asciutto o comunque il livello dell’acqua possa essere più basso, magari quanto basta da permettere il passaggio. Secondo: la corrente d’aria, è molto ridotta rispetto alle volte precedenti, tanto da non farci capire quale sia il suo percorso. Si percepisce una certa corrente d’aria che sembra viaggiare alta, a dieci, venti, trenta metri dal pavimento, forse scorre sulla volta del meandro. Il passaggio deve stare lì, lontano da noi. Va solo cercato e raggiunto.
Lungo la strada del ritorno individuiamo un punto molto promettente. Una grande faglia interseca ortogonalmente il meandro, la frattura è imponente e si intravedono grandi ambienti sia a-monte che a-valle. La risalita è veramente intrigante e rappresenta sicuramente uno dei prossimi obiettivi.
Nella zona dei Nuovi Mondi sono innumerevoli i punti interrogativi: affluenti con cospicue portate d’acqua, finestroni, fusi, camini, ombre sulla volta. Insomma, c’è roba da vedere un po’ dappertutto.
Senza parlare poi della confluenza con un altro meandro risalito per un tratto ed un passaggio stretto e ventilato, by-pass di un sifone, percorso da Luigi per altri cento metri di splendido meandro che continua. Dove andrà questo ramo, da dove proviene quest’acqua?
La storia non finisce qui, siamo appena agli inizi, un vero e proprio mondo sconosciuto si sta aprendo ai nostri occhi.
In conclusione, la zona dei Nuovi Mondi si trova a tre chilometri dall’ingresso. Ci sono laghi e traversi faticosi da superare. Tutto si complica ancor di più sulla strada del ritorno, quando ai chilometri si aggiunge la stanchezza.
Qualche anno fa, insieme con il gruppo speleo Cai Pipistrelli di Terni e altri, tra cui Lello, Pettirossi, Benassi e Luigi, abbiamo eseguito una risalita tra il secondo e terzo lago (risalita effettuata da Budassi e Turrini). In quella occasione, grazie ad una squadra all’esterno (Alessandro Cavalieri, Claudio Costantini ed altri) siamo riusciti a realizzare un contatto radio e un contatto arva. La cosa incredibile fu che nel punto del contatto si individuò un pozzetto, battezzato poi la Dolina del Contatto.
Seguirono alcune uscite di scavo che, però, non portarono al tanto sperato congiungimento con il fuso della risalita.
Ora siamo tutti convinti che riprendere lo scavo della Dolina del Contatto sia uno dei principali obiettivi della banda del Matese. Questo traguardo ci permetterebbe di perlustrare più agevolmente i Nuovi Mondi, fermi lì da chissà quanto tempo.