Cesare Cremonini e Micaela Ramazzotti
Il cuore grande delle ragazzeAvati infatti stigmatizza il suo “marchio di fabbrica” tornando ancora una volta indietro nel tempo, tra toni elegiaci e favolistici (la voce narrante di Alessandro Haber), cristallizzando i suoi ricordi d’infanzia nel classico “piccolo mondo antico”, un non ben definito paese della campagna emiliana intorno agli anni ’30, durante il ventennio fascista: qui si delineano le vicende di due famiglie, quella degli Osti, capofamiglia Sisto (Gianni Cavina), proprietari terrieri, e quella dei Viggetti, i loro mezzadri, capofamiglia Adolfo (Andrea Roncato), con il figlio di quest’ultimo, Carlino (Cesare Cremonini), indomito sciupafemmine, offerto come promesso sposo ad una delle due figlie del primo, a sua insindacabile scelta, così da compensare i debiti e garantirsi l’affitto gratuito del fondo per altri dieci anni. Ma l’arrivo da Roma di una terza figlia Osti, Francesca (Micaela Ramazzotti), manderà all’aria il “contratto”…
Il vago sentore proprio dell’ Amarcord felliniano nel tratteggio dei vari personaggi si stempera man mano verso contorni più macchiettistici e grotteschi, meno surreali, ma ciò non inficia la validità della direzione di Avati nei confronti di ogni singolo attore, protagonisti (ottimo Roncato, a suo agio Cremonini, Ramazzotti a volte un po’ forzata) e non (Gisella Sofio, tra tutti), puntando soprattutto sul loro rilievo emozionale e giocando spesso sul filo del’ironia. Ne viene fuori un confronto dal sapore nostalgico (che, per inciso, non mi trova concorde) tra la mentalità maschile da fiero cacciatore e quella femminile della sopportazione paziente (“il cuore grande delle ragazze”, appunto) volta a mantenere il nucleo familiare, tipico dell’epoca descritta e appena mitigato dal personaggio di Francesca, tra autodeterminazione e proto femminismo.
In conclusione un film che fa della levità e della nostalgia le proprie muse ispiratrici, con il “gusto del racconto per il solo piacere di raccontare” come forza trainante e che meriterebbe un recupero alla visione, almeno in dvd, anche per “sciacquarsi la bocca”, mi si passi il termine, da certe cosiddette commedie nostrane il cui posto ai vertici del box office grida spesso vendetta.