…è la prima domanda che mi sono posta, una volta chiuso il libro: davvero non riuscivo a ricordare di chi fossero le anime del titolo. Scrivo un post velocissimo perché già Marzia aveva presentato il romanzo nell’Amanita, e ora sono più che concorde sulla sua opinione. Io aggiungo le mie personali e veloci impressioni. Come thriller, mi è sembrato già visto. Il protagonista, l’uccisore seriale e spietato di alcuni sacerdoti e prelati in una Torino alquanto bizzarra, è un essere umano distrutto dal dolore e dalla rabbia per aver perso la propria famiglia. La perdita di quello che era veramente l’unica luce nella sua vita lo porta a dichiarare una guerra spietata e rabbiosa, del tutto personale, verso alcuni uomini ma soprattutto verso Dio, reo di averlo punito atrocemente per aver esercitato il suo sacrosanto diritto al libero arbitrio. Il tema non è particolarmente nuovo. E il modo in cui viene sviluppato, nemmeno. C’è qualcosa, nello stile di Bonfiglio, che rimane incompiuto, in certi momenti, e forzato, in altri. Lo stesso serial killer, con la sua rabbia cieca e distruttiva, appare forzato, come se non credesse fino in fondo nel suo desiderio di vendetta. I dialoghi tra i personaggi sembrano artefatti, allo stesso modo. Quello che ho considerato molto interessante, e che mi spinge, nonostante tutto, a leggere altro di Bonfiglio, è l’accenno a Rol, che nel romanzo compare diverse volte, e la presenza di libri dedicati a questo personaggio altamente contraddittorio, e al lato oscuro e magico di Torino. Si parla da sempre del fatto che questa città sia il punto d’incontro tra i due triangoli di magia bianca e nera, al punto da creare anche leggende e favole più o meno nere. Non ho mai dato troppo peso a questo tipo di discorsi, poiché non mi sono mai sincerata di persona che fosse così, e penso che continuerò a tenermi lontana da certi ambienti, vista la mia totale e pericolosa inesperienza. Nel corso degli anni, tuttavia, mi sono resa conto che questa città si nasconde dietro un’apparenza grigia, dimessa, “negli standard”. Come se volesse dire “non ho niente di particolare da offrire” a chi la guarda per la prima volta. Se si spinge un po’ più a fondo lo sguardo, però, si notano tanti piccoli particolari bizzarri, tanti angoli che si accendono di luci, e l’atmosfera si fa più attraente e misteriosa. In questa città c’è da sempre molto di più di quello che permette di vedere. E questo si riassume perfettamente qui: “Secondo alcuni esperti, Torino vivrebbe quotidianamente in bilico tra bene e male, con energie contrapposte tra loro, capaci di mantenere questa città in perfetta e continua armonia, su un’ipotetica bilancia occulta e misteriosa”. (Maurizio Bonfiglio, Il custode delle anime, Edizioni Zero01 pag. 184)
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…è la prima domanda che mi sono posta, una volta chiuso il libro: davvero non riuscivo a ricordare di chi fossero le anime del titolo. Scrivo un post velocissimo perché già Marzia aveva presentato il romanzo nell’Amanita, e ora sono più che concorde sulla sua opinione. Io aggiungo le mie personali e veloci impressioni. Come thriller, mi è sembrato già visto. Il protagonista, l’uccisore seriale e spietato di alcuni sacerdoti e prelati in una Torino alquanto bizzarra, è un essere umano distrutto dal dolore e dalla rabbia per aver perso la propria famiglia. La perdita di quello che era veramente l’unica luce nella sua vita lo porta a dichiarare una guerra spietata e rabbiosa, del tutto personale, verso alcuni uomini ma soprattutto verso Dio, reo di averlo punito atrocemente per aver esercitato il suo sacrosanto diritto al libero arbitrio. Il tema non è particolarmente nuovo. E il modo in cui viene sviluppato, nemmeno. C’è qualcosa, nello stile di Bonfiglio, che rimane incompiuto, in certi momenti, e forzato, in altri. Lo stesso serial killer, con la sua rabbia cieca e distruttiva, appare forzato, come se non credesse fino in fondo nel suo desiderio di vendetta. I dialoghi tra i personaggi sembrano artefatti, allo stesso modo. Quello che ho considerato molto interessante, e che mi spinge, nonostante tutto, a leggere altro di Bonfiglio, è l’accenno a Rol, che nel romanzo compare diverse volte, e la presenza di libri dedicati a questo personaggio altamente contraddittorio, e al lato oscuro e magico di Torino. Si parla da sempre del fatto che questa città sia il punto d’incontro tra i due triangoli di magia bianca e nera, al punto da creare anche leggende e favole più o meno nere. Non ho mai dato troppo peso a questo tipo di discorsi, poiché non mi sono mai sincerata di persona che fosse così, e penso che continuerò a tenermi lontana da certi ambienti, vista la mia totale e pericolosa inesperienza. Nel corso degli anni, tuttavia, mi sono resa conto che questa città si nasconde dietro un’apparenza grigia, dimessa, “negli standard”. Come se volesse dire “non ho niente di particolare da offrire” a chi la guarda per la prima volta. Se si spinge un po’ più a fondo lo sguardo, però, si notano tanti piccoli particolari bizzarri, tanti angoli che si accendono di luci, e l’atmosfera si fa più attraente e misteriosa. In questa città c’è da sempre molto di più di quello che permette di vedere. E questo si riassume perfettamente qui: “Secondo alcuni esperti, Torino vivrebbe quotidianamente in bilico tra bene e male, con energie contrapposte tra loro, capaci di mantenere questa città in perfetta e continua armonia, su un’ipotetica bilancia occulta e misteriosa”. (Maurizio Bonfiglio, Il custode delle anime, Edizioni Zero01 pag. 184)
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