Il declino italiano, accentuato nel ventennio Berlusconiano, viene da molto lontano:
Nel grafico, per ogni decade dal 1861, sono riportati il paese con la minore (quadrato) e maggiore (triangolo) crescita; la performance dell’Italia e quella della media dei Paesi Ocse. Dalla figura si evince chiaramente come dagli anni ’70 la crescita economica dell’Italia sia avviata su un sentiero di decrescita, per finire, miseramente, nell’ultima decade a essere il paese con la crescita più bassa a livello internazionale. Questa evidenza, più di mille parole e discorsi, deve chiarire in modo definitivo, che i nostri problemi vengono da lontano e che da almeno 30 anni non abbiamo fatto altro che far finta di nulla rinviando ogni iniziativa capace di interrompere il declino. (Linkiesta)
La crisi economica degli ultimi anni ha peggiorato le cose:
Anche i dati del Centro studi Confindustria sono impietosi: tra il 2007 e il 2013, tutti i settori, tranne il farmaceutico, sono andati in crisi, “autoveicoli” in testa (-45%). Seguiti dal “legno” a -42, tessile (-34%), metallurgia (-29), mobili (-26) chimica (-20), o pellame (19,4%). Per capire le cause di un tale disastro occorre risalire a più ragioni.
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Per un paese in cui la manifattura ha il 50% del proprio valore aggiunto nell’export, la crescita dei paesi emergenti è stata micidiale. L’Italia è stata spiazzata dalla globalizzazione: se nel 1991-‘92 la Cina occupava il 4% nella produzione manifatturiera, oggi è arrivata al 21,4%; gli Usa sono passati, nello stesso periodo, dal 21,8 al 15,4%; la Germania dal 9,1 al 6,1 e l’Italia dal 5,5 al 3,1%. (Il Fatto Quotidiano)