Il paradosso della democrazia trae origine dalle sue stesse fondamenta: la maggioranza e la libertà d’espressione.
In democrazia, tutti i voti hanno lo stesso peso, a prescindere dalla cultura e dal buonsenso di chi li esprime. Di per sè, questo è già un paradosso; un paradosso irrisolvibile, dato che la sconfessione di questo dogma democratico comporterebbe la limitazione della stessa democrazia. Ma, dato che il dogma della maggioranza è portatore di un vulnus (l’essere imprescindibile e allo stesso tempo incapace di fornire garanzie sulla qualità della scelta) sarebbe opportuno non voler forzare la mano alle istituzioni, appellandosi continuamente alla volontà popolare.
Il consenso ottenuto, per quanto massiccio possa essere, non avalla nessuna condotta discutibile, non esonera dai normali procedimenti democratici. L’uso muscolare della piazza e del consenso sono i sintomi di un’allergia alle regole democratiche, in quanto celano una concezione del consenso totalitaria. In democrazia, la maggioranza detta la linea, ma non c’è democrazia senza il rispetto e la tutela delle minoranze.
Un discorso analogo va fatto per la libertà d’espressione, altro principio imprescindibile della democrazia. Un tempo, il paradosso riguardava coloro che si rifacevano a regimi autoritari e si appellavano alla libertà di espressione per rivendicare le loro posizioni. La condizione estremamente minoritaria di tali posizioni, sia pure colpevolmente tollerate dalle istituzioni, non destava particolari allarmi per la tenuta democratica. Oggi, nell’overdose comunicativa di internet, simili posizioni, non più riconducibili a chiare radici ideologiche, rischiano di portare le istituzioni verso una deriva inedita e incontrollabile. Occorre che la cittadinanza consideri col debito rilievo il modus operandi di chi giustifica i propri insulti e le proprie calunnie nel nome della libertà di espressione, salvo poi appellarsi al complottismo e al tradimento della volontà popolare, nel momento in cui egli stesso è fatto oggetto di critica.