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La trama (con parole mie): il tranquillo complesso residenziale ad alta tecnologia costruito in modo da essere una sorta di nuovo emblema del progresso detto L'Arca è sconvolto da un brutale omicidio compiuto da un anziano professore. L'evento, che scatena l'attenzione dei media, non sarà che l'inizio di una vera e propria invasione "dall'interno" legata ad una specie di parassiti in grado di scatenare tutti i lati più violenti e selvaggi dell'istintività umana.I residenti dovranno dunque battersi per mantenere la propria coscienza e preservare le loro stesse vite dalle orde scatenate e a piede libero in quello che era una sorta di vero e proprio "paradiso artificiale".
Raramente mi era capitato di imbattermi in un film rispecchiato così clamorosamente dal suo titolo - ebbene sì, quello italiano, nonostante io sia un fermo detrattore degli adattamenti - come Il demone sotto la pelle: quest'opera dell'ormai stratosferico Cronenberg - i suoi ultimi due lavori sono oltre misura, e l'attesa per A dangerous method fervente - era una delle due che ancora mancava all'appello delle mie visioni, e ringrazio di essere qui a scriverne il post a distanza di qualche giorno.Questo perchè, terminata la visione, ammetto di essere rimasto un pò deluso rispetto allo standard che è solito garantire il regista canadese: è indiscutibile, infatti, che Il demone sotto la pelle, a distanza di più di trentacinque anni dalla sua realizzazione, risulti inevitabilmente datato sia visivamente che in termini di stile e narrazione, portatore della tipica atmosfera da complotto soffocante figlia del pessimismo dei seventies segnati dal Vietnam e dalla Guerra Fredda.Eppure, lasciando riposare il tutto e per tornare a pensarci ora, mi ritrovo ad attribuire numerosi meriti - e soprattutto riconoscere un coraggio spropositato dal punto di vista delle immagini proposte, senza dubbio sconvolgenti per l'epoca - a questo tentativo del vecchio David, ancora all'inizio della sua ricerca e sperimentazione attorno alla corruzione dei corpi e delle anime ma già clamorosamente deciso nella piega da prendere fotogramma dopo fotogramma: certo, i mezzi economici ed un cast non sempre all'altezza - resta comunque doverosa una citazione per una delle attici simbolo del "grindhouse" del tempo, Barbara Steele - non aiutano certo la visione, specialmente ad un pubblico smaliziato e glamour come quello odierno, eppure i riferimenti a quelli che furono L'invasione degli ultracorpi - Capolavoro indiscutibile di Don Siegel - o saranno i futuri Exsistenz e La mosca sono evidenti, così come la volontà dell'autore di mostrare una ricerca visivamente molto fisica ma tutta incentrata sulla profondità dell'anima e sui suoi abissi, marchio di fabbrica di quello che sarà il Cronenberg della completa maturità artistica che ancora oggi abbiamo la fortuna di ammirare.Non mancano i richiami ad un certo Cinema politico e di sopravvivenza come quello romeriano, legati a doppio filo ad una critica sociale da sempre presente nelle opere del regista canadese, che paiono infettarci come gli schifosissimi parassiti protagonisti della pellicola ed infiltrarsi nel nostro intimo, tornando a farsi sentire a posteriori mostrando tutta la potenza di un lavoro che potrebbe correre il rischio di essere erroneamente sottovalutato ad una prima valutazione.Certo, non mi sentirei di consigliarlo ad un non cinefilo, o a un detrattore del regista de La promessa dell'assassino, eppure mi ritrovo clamorosamente a pensare e ripensare a quanti e quali risvolti siano presenti in un'ora e mezza scarsa di un'opera assolutamente acerba e ben lontana dai Capolavori che avrebbe successivamente confezionato il suo incredibile autore: scusate se è poco.
MrFord
"But each time I do
just the thought of you
makes me stop before I begin
'cause I've got you under my skin."
U2 - "I've got you under my skin" -
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