18 febbraio 2016 Lascia un commento
Come l’omonimo romanzo, il film si svolge in luogo e tempo indefiniti che possiamo comunque collocare nella seconda meta’ dell’ottocento nell’Europa centrale. Il sottotenente Drogo e’ comandato per la sua prima destinazione alla fortezza Bastiani, luogo ameno al confine con la terra del nord dalla quale e’ possibile provenga un attacco nemico. In realta’ a memoria d’uomo nessuna minaccia si e’ mai avvicinata alla fortezza sita ai bordi di cio’ che viene chiamato il deserto dei Tartari, una immensa area desolata che si dice un tempo percorsa dai Tartari appunto. La fortezza Bastiani e’ a tutti gli effetti un microcosmo militare autosufficiente, lontano da ogni centro abitato e il cui isolamento si estende alla vita di chi lo dimora, percio’ c’e’ chi terminato il suo periodo torna nelle civilta’ e chi invece ne resta intrappolato nella ricerca di qualcosa che deve sempre avvenire e che non avviene mai, speranza forte come la vita, lunga una vita.
Tralasciamo il messaggio del romanzo, le connessioni e i riferimenti, basti dire che il film ne e’ immagine piuttosto fedele. Non che il libro sia statico, tutt’altro, certo e’ che la fortezza e’ un metaluogo e i suoi abitanti creature simboliche e sua espressione. Tutto cio’ non puo’ essere trasposto su pellicola percio’ Zurlini crea situazioni spostando accenti e caratterizzazioni, colorando e talvolta scostandosi dal filo conduttore originale. Non e’ una demerito, semplice necessita’. Film corale con una miriade di personaggi, come il romanzo del resto, interpretati dai grandi nome dell’epoca, anzi grandi nomi giovincelli negli anni ’60, ormai in eta’ matura un decennio dopo ma altrettanto importante e’ la location, la cittadella iraniana Arg-e Bam, purtroppo andata distrutta nel terremoto che ha colpito quella regione nel 2003 ma qui ammirabile in tutto il suo sbalordivo splendore. Senza di essa, il film non si sarebbe potuto girare.
Zurlini e’ l’uomo giusto, col giusto mood e la giusta introspezione che Morricone, in quegli anni davvero al suo massimo, seppe musicare con grande enfasi, col suo stile riconoscibilissimo.
Onestamente non credo si potesse fare di meglio, per quanto trovo difficile pensare che chi non conosce il romanzo possa comprendere fino a fondo l’intima vicenda di Drogo. Avrei forse puntato su altro ma e’ impossibile scendere dentro l’anima di una vicenda che racconta dell’essenza del vivere, percio’ Zurlini ha davvero fatto quanto poteva. Prima il romanzo, poi il film va benissimo.
Tralasciamo il messaggio del romanzo, le connessioni e i riferimenti, basti dire che il film ne e’ immagine piuttosto fedele. Non che il libro sia statico, tutt’altro, certo e’ che la fortezza e’ un metaluogo e i suoi abitanti creature simboliche e sua espressione. Tutto cio’ non puo’ essere trasposto su pellicola percio’ Zurlini crea situazioni spostando accenti e caratterizzazioni, colorando e talvolta scostandosi dal filo conduttore originale. Non e’ una demerito, semplice necessita’. Film corale con una miriade di personaggi, come il romanzo del resto, interpretati dai grandi nome dell’epoca, anzi grandi nomi giovincelli negli anni ’60, ormai in eta’ matura un decennio dopo ma altrettanto importante e’ la location, la cittadella iraniana Arg-e Bam, purtroppo andata distrutta nel terremoto che ha colpito quella regione nel 2003 ma qui ammirabile in tutto il suo sbalordivo splendore. Senza di essa, il film non si sarebbe potuto girare.
Zurlini e’ l’uomo giusto, col giusto mood e la giusta introspezione che Morricone, in quegli anni davvero al suo massimo, seppe musicare con grande enfasi, col suo stile riconoscibilissimo.
Onestamente non credo si potesse fare di meglio, per quanto trovo difficile pensare che chi non conosce il romanzo possa comprendere fino a fondo l’intima vicenda di Drogo. Avrei forse puntato su altro ma e’ impossibile scendere dentro l’anima di una vicenda che racconta dell’essenza del vivere, percio’ Zurlini ha davvero fatto quanto poteva. Prima il romanzo, poi il film va benissimo.