Sto osservando due piccole bottigliette di vetro, dentro cui ho riposto molto accuratamente due tipi di sabbia sahariana che mi è stata regalata da un fotografo viaggiatore. Il primo tipo, proviene dall'estremo sud del deserto, color salmone, di grana grossa, mentre il secondo, ha il tipico color della sabbia ed è finissima. Mi piace pensare che queste sabbie che ora io posseggo, siano state testimoni di avvenimenti meravigliosi: il passaggio di antichi eserciti, di regine, la marcia dell'armata perduta, il galoppo di cavalli arabi, sotto il sole, fra le dune infuocate e battute dal vento.Più le guardo, più in me cresce la brama di fuggire da qui e andare nel deserto, convinta di ritrovare in quel mare di sabbia, la vera me stessa.Immagino ancora un mondo antico, fatto di tende, copricapi e caffettani, il mondo delle tribù nomadi che viaggiano tra un'oasi e l'altra, sulle piste carovaniere fianco a fianco con mercanti di spezie, oro e argento, pietre preziose. Città bianche, dalle cupole adorne di trafori belli come pizzi, cortili con fontane, suk, vicoletti stretti, mercati gremiti di gente, ricchezza e povertà, città del mistero.Guardando queste sabbiettine, mi pare quasi di udire il soffio del vento, cori di donne, echi di battaglie, sussurri, nitriti.E' un mondo insostenibile, talmente irreale da non sussistere già di per sé. Ma io spero sempre in un angolo di quel mondo ancora vivo. Non so perché, ma io il mio destino lo sento legato a questa terra, magari in una vita precedente ero figlia del deserto, del vento, del sole, forse le mie mani erano tatuate con l'henné. Difficile dire ciò che sento dentro, ma è come se ora un pezzetto di deserto fosse tutto mio. Amo le tempeste di sabbia perché mi fanno amare la vita, amo il sole perché mi fa sentire il suo potere, amo la sabbia perchè nei suoi granelli racchiude tutto un mondo.Io sono il deserto e il deserto è me, siamo una simbiosi perfetta, un unico corpo, atomi che si aggregano e disgregano, energia continua, flusso armonico dell'essere e della vita.E più ne scrivo e più ne parlo, e più lo penso, e più me ne innamoro, mi attrae come una calamita, come un campo magnetico, mi risucchia come un buco nero risucchia la materia stellare.E' come se lì il mondo si scordasse del progresso, della società, del conformismo, delle regole..E' il suono del silenzio che penetra in te, quello strano suono della "sabbia che canta ", delle notti fredde, delle giornate torride, la vita e la morte, l'inferno e il paradiso. Ecco perché la solitudine spesso mi è cara, a chi potrei dedicare queste riflessioni se non a me stessa? Come mi piace l'odore di antico che mi ispirano, odore di aria diversa, di altro tempo, di altra vita, quell'aria da c'era una volta, dei fiori splendenti nell'abbraccio degli amanti. Il deserto non è forse il luogo dove giorno e notte si incontrano, patria di Iside e Osiride, tempio di Ra?
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Sto osservando due piccole bottigliette di vetro, dentro cui ho riposto molto accuratamente due tipi di sabbia sahariana che mi è stata regalata da un fotografo viaggiatore. Il primo tipo, proviene dall'estremo sud del deserto, color salmone, di grana grossa, mentre il secondo, ha il tipico color della sabbia ed è finissima. Mi piace pensare che queste sabbie che ora io posseggo, siano state testimoni di avvenimenti meravigliosi: il passaggio di antichi eserciti, di regine, la marcia dell'armata perduta, il galoppo di cavalli arabi, sotto il sole, fra le dune infuocate e battute dal vento.Più le guardo, più in me cresce la brama di fuggire da qui e andare nel deserto, convinta di ritrovare in quel mare di sabbia, la vera me stessa.Immagino ancora un mondo antico, fatto di tende, copricapi e caffettani, il mondo delle tribù nomadi che viaggiano tra un'oasi e l'altra, sulle piste carovaniere fianco a fianco con mercanti di spezie, oro e argento, pietre preziose. Città bianche, dalle cupole adorne di trafori belli come pizzi, cortili con fontane, suk, vicoletti stretti, mercati gremiti di gente, ricchezza e povertà, città del mistero.Guardando queste sabbiettine, mi pare quasi di udire il soffio del vento, cori di donne, echi di battaglie, sussurri, nitriti.E' un mondo insostenibile, talmente irreale da non sussistere già di per sé. Ma io spero sempre in un angolo di quel mondo ancora vivo. Non so perché, ma io il mio destino lo sento legato a questa terra, magari in una vita precedente ero figlia del deserto, del vento, del sole, forse le mie mani erano tatuate con l'henné. Difficile dire ciò che sento dentro, ma è come se ora un pezzetto di deserto fosse tutto mio. Amo le tempeste di sabbia perché mi fanno amare la vita, amo il sole perché mi fa sentire il suo potere, amo la sabbia perchè nei suoi granelli racchiude tutto un mondo.Io sono il deserto e il deserto è me, siamo una simbiosi perfetta, un unico corpo, atomi che si aggregano e disgregano, energia continua, flusso armonico dell'essere e della vita.E più ne scrivo e più ne parlo, e più lo penso, e più me ne innamoro, mi attrae come una calamita, come un campo magnetico, mi risucchia come un buco nero risucchia la materia stellare.E' come se lì il mondo si scordasse del progresso, della società, del conformismo, delle regole..E' il suono del silenzio che penetra in te, quello strano suono della "sabbia che canta ", delle notti fredde, delle giornate torride, la vita e la morte, l'inferno e il paradiso. Ecco perché la solitudine spesso mi è cara, a chi potrei dedicare queste riflessioni se non a me stessa? Come mi piace l'odore di antico che mi ispirano, odore di aria diversa, di altro tempo, di altra vita, quell'aria da c'era una volta, dei fiori splendenti nell'abbraccio degli amanti. Il deserto non è forse il luogo dove giorno e notte si incontrano, patria di Iside e Osiride, tempio di Ra?
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