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Il destino dell’Ucraina, come sempre, è deciso altrove

Creato il 20 marzo 2014 da Eastjournal @EaSTJournal

Posted 20 marzo 2014 in Opinioni ed eresie, Slider, Ucraina with 0 Comments
di Giovanni Catelli

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L’Ucraina, dopo essere riuscita a scrollarsi di dosso un regime che per corruzione superava i più tristi precedenti, ha dovuto subito ricordare che la propria collocazione geopolitica non le permette una completa autodeterminazione: la Storia, ponendola alla radice dell’impero russo, la trattiene ora nell’ombra del più potente vicino, che il crollo dell’URSS aveva momentaneamente separato: solo momentaneamente appunto, perché nei pensieri di Mosca, Kiev e le antiche province del dissolto impero sovietico avrebbero dovuto, e dovrebbero, prima o poi rientrare nell’ambito della madrepatria.

Un primo passo in questa direzione è avvenuto con il recupero manu militari della Crimea, primo e provvisorio monito al nuovo governo di Kiev, colpevole di orientarsi ad occidente e di mostrare eccessive oltranze nazionaliste. L’Europa si è comportata in modo ambiguo nei confronti dell’Ucraina, prima offrendo piccole agevolazioni doganali, e poi fornendo un sostegno morale alla rivolta, di scarsa importanza pratica; è probabile però che siano stati forniti anche aiuti non ufficiali ai dimostranti della Maidan, in collaborazione con finanzieri internazionali  e oligarchi pentiti che non sopportavano più l’estendersi del potere di Yanukovich.

Il nuovo governo insediatosi dopo la fuga del presidente, sostenuto peraltro dai deputati che giorni prima votavano le leggi liberticide di Yanukovich, ha mostrato subito la sua ostilità alla Russia, ritenuta responsabile di aver avallato la repressione, poi culminata con decine di morti, ed ha rivelato la sua ascendenza ucrainofona, proponendo di abolire il russo dal novero delle lingue ufficiali (ma il provvedimento, votato dal parlamento, non è stato ancora firmato dal presidente e quindi non è in vigore): questo è bastato per scatenare la reazione di Mosca, attesa da molti dopo il crollo del regime.

Se l’occidente lo ha dimenticato, per la Russia i principi di sovranità stabiliti a Yalta sono ancora fondamentali: Vladimir Putin lo ha dimostrato subito, impadronendosi senza colpo ferire della Crimea, con un piano pronto da tempo, e schierando ai confini dell’Ucraina ingenti forze militari; ora, è il dominus assoluto della situazione: l’Europa e gli Stati Uniti, dopo aver nobilmente tuonato, hanno partorito sanzioni ridicole, anche perché sanno che Putin in pochi giorni potrebbe invadere e smembrare l’Ucraina a  suo piacimento, e non è escluso che lo faccia. Durante un colloquio telefonico con Obama egli ha chiesto, con formula sibillina, un confronto per “stabilizzare l’Ucraina”: come già avevamo sostenuto, solo un accordo ad alto livello tra Usa e Russia, che non sottragga alla Russia il proprio sostanziale controllo del Paese, può permettere all’Ucraina una limitata autonomia; in caso contrario, qualora le pretese occidentali si rivelassero eccessive, Putin può tranquillamente intervenire manu militari e riprendersi territori che in cuor suo ritiene già propri.

Nessuno muoverà un dito per l’Ucraina, e nessuno sacrificherà la propria economia per sanzioni alla Russia che sarebbero dolorose per tutti. La Francia, ad esempio, sta per consegnare alla Russia una modernissima portaelicotteri, la Vladivostok, tra due anni ne consegnerà una seconda, la Sevastopol, per un contratto da 1.2 miliardi di dollari, e progetta di produrre, nei cantieri di Saint Nazaire, altre due navi militari, con cessione di tecnologie sofisticate e annesso addestramento di centinaia di marinai russi. Nessun ripensamento è ovviamente in vista, nonostante le consuete belle parole in difesa della legalità internazionale.

Le prossime misure per avvicinare l’Ucraina all’Unione Europea e la calda accoglienza tributata da Washington al Premier Yatseniuk, potrebbero rappresentare, vuote come sono di sostegno pratico, un pericoloso incoraggiamento alla Russia per portare a termine il lavoro. L’Ucraina, così, resta in attesa che qualcuno di più potente decida sopra la sua testa quale sarà il suo destino, che interessa a pochi in occidente, dove il dibattito sembra concentrato più sulla bontà dell’intervento russo o americano che sui destini di Kiev.

Tags: Crimea, Giovanni Catelli, Stati Uniti, Ucraina Categories: Opinioni ed eresie, Slider, Ucraina


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