Quindici anni prima Leni era giunto a Berlino dalla città natale Stoccarda con la volontà di inserirsi nel mondo dell’arte come grafico e pittore. Frequenta l’Accademia e inizia a lavorare per la moda e la pubblicità distinguendosi per le doti caricaturali ed espressive. Il cinema di quegli anni è ancora puro intrattenimento ed è lontano dalle ambizioni di Leni, si dovranno attendere i primi anni della seconda decade del nuovo secolo perché esso sia considerato un maturo mezzo d’espressione su cui investire artisticamente. Nel frattempo collabora attivamente come grafico e illustratore con le riviste Der Sturm e sopratutto Lichtbild-Bühne, la prima rivista di critica cinematografica tedesca, entrando in contatto con gli ambienti artistici più di avanguardia. Il teatro che ruota attorno a Max Reinhardt e al Deutsches Theater si pone al crocevia di queste innovazioni, è qui infatti che si forma la futura generazione di artisti tedeschi che porterà nel campo cinematografico, ovunque negli anni a venire, le proprie idee e il proprio stile: i registi Murnau, Lubitsch e Pabst, Lang – anch’egli pittore -, la Riefenstahl, le attrici Dietrich e Garbo, gli attori Veidt e Jannings, e altre numerose figure tra sceneggiatori, direttori della fotografia e scenografi.
Tra questi ultimi c’è Leni la cui passione e capacità decorativa comincia a farsi un nome, prima nella realizzazione di manifesti e locandine sia per il teatro che per il cinema, poi con i primi costumi di scena. Nel 1911 è tra gli s
Ma nel 1915 ovunque in Europa si combatte la prima guerra mondiale, Leni viene chiamato alle armi sul fronte orientale tra Germania e Russia. Nell’agosto di quello stesso anno la Germania occupa quasi l’intero territorio polacco, sottraendolo all’esercito russo in piena ritirata. Il popolo polacco con la promessa di indipendenza garantita da entrambe le fazioni si ritrova indeciso e scisso al suo interno: un terreno fertile per un’ampia azione di propaganda a qualsiasi livello. In Germania e ovunque tra gli stati impegnati nel conflitto fiorisce un cinema militare, di documentazione ma anche di informazione veicolata all’autocelebrazione. All’interno degli eserciti vengono selezionati operatori e mestieranti per creare delle squadre apposite alle riprese cinematografiche. Il materiale raccolto, già dall’inizio del conflitto, è spesso monotono, affidato all’inventiva dei singoli individui, in ogni caso poco interessante quando viene proposto nelle sale tra uno spettacolo ed un altro. Allora già nel 1916 l’esigenza di proporre pellicole di maggiore impatto e di sicuro effetto propagandistico risulta in una riduzione dei tempi di proiezione – da lunghi documentari si passa a studiatissimi cinegiornali – e alla creazione di organi statali appositi alla produzione di tali opere 1. Apripista in questo campo è l’Italia in cui le case di produzione Cines, Pathé Italia e Comerio, addestratesi sui campi della guerra di Libia, producono già materiale valido, come le celebri immagini dei soldati sulle Alpi. In particolare la Comerio produce documentari di attualità a soggetto, in cui la finzione scenica si inserisce tra le immagini di guerra. Nel 1917 tale attività rientra sotto il controllo della SCE, sezione cinematografica direttamente gestita dall’Ufficio Stampa del Comando Supremo italiano. Anche Inghilterra, Francia e Stati Uniti avevano già un discreto mercato di “film di guerra”. In Germania per rispondere al ritardo su questo “fronte” il 13 Gennaio 1917 viene formalizzata la nascita della BUFA (Bild und Filmamt), anch’essa sotto il diretto controllo del Comando Supremo tedesco, società che contribuirà alla nascita della ben più nota UFA nel dicembre dello stesso anno, in cui confluirà dopo il conflitto mondiale.
Il soggetto del film, scritto da Hans Brennert, ruota attorno al Dott. Robert Hart, medico tedesco. In una delle sue visite Hart fa la conoscenza di Ursula von Hohenau, con la quale resta in contatto una volta assunto come dottore militare sul fronte orientale. La notizia dello scoppio delle ostilità lo sorprende ad una festa aristocratica dove coloro con i quali siede al tavolo si ritrovano a far parte delle opposte fazioni, in particolare il Conte Bronislaw Krascinsky, polacco. Hart e Krascinsky sono entrambi affascinati dalla Contessa Jadwiga, figlia del Conte Bransky, propietario di un castello che si trova proprio sulla linea militare lungo la quale i tedeschi stanno avanzando. Hart viene ferito in battaglia e portato
La prima proiezione per ritardi di produzione e motivi di censura si tenne il 21 Gennaio 1918 a Berlino, quasi a un anno e mezzo dalle riprese ma questa propaganda così discreta ricevette un plauso dai commentatori dell’epoca. «Il Diario del Dr. Hart di Hans Brennert dovrebbe essere sopratutto un film di propaganda; avrebbe dovuto mostrarci solamente la bontà del lavoro del medico sul campo (…) ma nessuno ha la minima sensazione che si stia facendo della propaganda. (…) l’attenzione della spettatore è tenuta viva da un ottimo intrecciarsi di azione e “lezione”.»2 «Le singole immagini si intrecciano in modo molto abile, l’azione è certamente molto coinvolgente. (…) Paul Leni come regista ha qui realizzato immagini costantemente buone e scenografie che meritano riconoscimento.»3
Certo lo spettatore moderno non vi ritrova lo stesso coinvolgimento, ma per quanto riguarda le qualità fotografiche forse nulla si può togliere a quelle prime impressioni.
Se infatti quest’opera è nata anche come documentario e vi ritroviamo «un sorprendente realismo della vita quotidiana dei militari»4 la sensazione di realtà non si limita a tali scene (il rancio, la colonna in marcia, il vaccino contro il vaiolo) ma è avvertita anche in tutte le scene di finzione. L’interpretazione è misuratissima, nulla eccede la naturalezza dei gesti. Finanche le inquadrature di biglietti, lettere, telegrammi, non sono statiche, ma le dita che li tengono in mano si muovono, s
Dicevamo dello scarso utilizzo in funzione narrativa del montaggio, ma laddove presente denota una già forte consapevolezza dell’espressività dell’alternanza dei diversi piani, prendiamo due scene in particolare. Jadwiga entra in un salotto accompagnando a braccetto il padre, la macchina da presa si allontana in un carrello all’indietro che esplora l’ambiente e allo stesso tempo affolla la scena, Leni passa ad un piano a mezza figura su Jadwiga e Bronsilaw che approfittano della distrazione degli altri e si scambiano parole e sguardi furtivi, poi si ripassa al carrello. Con un breve stacco abbiamo capito molto del rapporto tra i due, forte ma non molto ben accetto in pubblico – ricordiamo che rappresentano le due fazioni opposte del popolo polacco. La seconda scena è immediatamente successiva alla notizia dello scoppio delle ostilità, di nuovo ad un campo lungo in cui viene mostrata la grande confusione di giornali, notizie, persone che corrono, con alcuni piani ravvicinati si isolano i personaggi richiamati dalle proprie ambasciate, riportati dalla realtà alla loro dimensione individuale, separati dalle nazionalità.
Già
Le scenografie ed i costumi, suo elemento principe e suo distintivo, che in Tagebuch vengono esaltati nell’episodio del vecchio Padje il cui pozzo è stato avvelenato dai cosacchi in ritirata. Elementi che saranno ricorrenti nel cinema di Weimar e che provengono dal teatro di Reinhardt, come le luci dall’esterno, proiettate attraverso grate o finestre, in momenti di particolare intensità, quelle luci che «più che fotografare l’azione vogliono catturare lo spirito»5. Le ombre di comparse dietro vetri smerigliati per indicare un altrove, ampliando lo spazio della scena – usato qui ancor prima che nel magistrale Hintertreppe (1921).
E in ultimo il tratto che qui forse appare più marcato e che sarà una costante in Leni: il tendere a racchiudere l’inquadratura in una cornice, in ulteriori frammentazioni, come un mascherino tra chi vede e l’azione, una separazione che ha le sue radici ancora nella sua formazione teatrale; oltre a porte, aperture, finestre, volte, è infatti frequentissima la presenza di teli o tendaggi che richiamano direttamente il sipario. Se infatti Leni è «abilissimo nel fuggire il teatro filmato» le sue forme, il suo pensare saranno sempre, più che cinematografiche, da palcoscenico.
Il film, conservato alla Deutsche Kinemathek, è stato reso visibile al link http://www.filmportal.de/en/node/47811/video/1219952
Note: 1 Per farsi un’idea sul tipo di materiale girato durante la prima guerra mondiale si può trovare un’amplissima selezione al sito di questo interessante progetto europeo http://www.europeanfilmgateway.eu/content/efg1914-project 2 Argus in Der Kinematograph no. 577, 23 Gennaio 1918 3 Lichtbild-Bühne, Nr. 4, 26 Gennaio1918 4 Sabine Hake, German National Cinema , London, 2002 5 R. Kurtz, Expressionismus und Film, Berlin 1926 (trad. it. Milano 1981)