Se penso a quante volte sono stata sfrattata dal bagno e quante volte ho dovuto aspettare fuori, prima che le “mie colleghe” finissero i loro “briefing”, se ripenso che in un posto squallido come un pisciatoio per donne si passi più tempo di quello che in realtà si dovrebbe trascorrere, e se ragiono che adesso ho io il controllo totale di questo posto assurdo, mi viene da sorridere, a guardarlo ci sarebbe invece da mettersi a piangere.
La porta della latrina chissà come mai è sempre rotta, la toilette stessa è continuamente sozza, il raccoglitore di carta invece è zeppo di assorbenti e cicche di sigarette fumate per metà, le pareti sono gialle di fumo e di muffa, manca come sempre l’acqua calda, tutto è minuscolo e l’unica cosa di grande è lo specchio.
Odio specchiarmi in quel lerciume, ma il mio riflesso illuminato dalla luce traballante della specchiera mi colora di una strana luce.
Mi avvicino.
Alito sulla superficie cercando di pulirla meglio che posso e ho un sussulto. Due occhi vispi che saettano mi scrutano da capo a piedi, un sorriso malizioso e ammiccante, ma diamine! Quella sono io.
Non mi ero mai vista per così dire aggressiva, mi faccio quasi paura, e non curante del tempo che passa, comincio a rifarmi il trucco.
Sono la regina del bagno delle donne e forse dovrei ricominciare a fumare, sorrido e scuoto la testa, mi do una sistemata ed esco aprendo la porta di scatto. Quattro teste velocemente si chinano sulle tastiere dei computer e ricomincia l’odioso ticchettio delle unghie sulle tastiere che solo i miei tacchi ribelli osano infrangere.
Mi siedo, alzo lo sguardo trionfante e ritorna il silenzio.