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Il Diario di Lucy: Capitolo XII. Eravamo cinque amiche al bar.

Creato il 23 maggio 2012 da Rvassallo @RVassallo

E ti ritrovi come tanti anni fa, quando il principe azzurro non era solo un’immagine su un libro di fiabe. Quando uscita dal liceo avevi il mondo in mano e con le amiche di sempre spendevi il tempo a progettare il futuro e a immaginarsi la vita magari tra vent’anni.

Ne sono passati solo dieci e il passato è già troppo passato e il futuro ancora troppo distante. In mezzo a quest’attesa, poche storie e a pensarci bene adesso neanche tanto importanti, solo uomini che come tasselli si sono incastonati nel puzzle della vita riempiendo così gli spazi vuoti tra un week end e un altro.

 Invece tra amiche si chiacchiera, si ricorda, si è lucide, anche se a volte è l’alcool che ti fa sembrare facile le cose più complicate.

Amiche

Tra sorrisi e sorsi, tra risate e ricordi si accende quella parvenza di normale felicità che ognuno dovrebbe avere.

Il tempo passa, i bicchieri si svuotano e la mente si libera dai suoi pensieri, sei consapevole di essere libera, nessun legame, sei te stessa e sei vera, un’immagine sfuggente di un’eroina da telefilm e come tale ti atteggi.

 Ti poni così anche quando entra in scena un “lui”, tanto è un gioco ti ripeti e sai di certo che non ci ricadrai di nuovo.

Il “lui” in questione sembra più giovane di te, è alto, fisico asciutto, capello corto, ben vestito, ben curato e dannatamente carino.

 Le “amiche” l’hanno subito adocchiato, ma lui credo abbia notato solo te.

 Conoscendo gli uomini ti posso dire di sì. Lui ti ha notato e tu hai notato lui.

 Gli uomini giocano a carte scoperte, mettono sul tavolo gli assi, puntano tutto sul rosso, “loro” non fanno strategie, sanno a cosa possono mirare e di solito è il bersaglio grosso.

 Gli sguardi, un giocare a nascondino che poco ha che vedere con i divertimenti infantili, frasi sussurrate, il bicchiere in mano per nascondere un certo imbarazzo, lui non ti toglie gli occhi di dosso, ma come sono diversi quelli sguardi, sicuro la cosa ti eccita, ti piace sentirti ammirata, un suo sorriso scocca come una freccia all’improvviso e tu senza difese ti lasci colpire.

 Una ferita che non sanguina, che non duole, lui alza il bicchiere e tu rispondi senza pensarci sorridi, poi abbassi gli occhi, poi lui si alza e t’invita a seguirlo.

Forse tempo addietro non avresti avuto l’ardire di andargli dietro ma oggi libera da freni e inibizioni, ti alzi e lo segui.

La danza del corteggiamento si sposta, dove gli echi delle voci sono ovattate e le luci soffuse, ora sono gli occhi che parlano più delle parole che invece fluiscono dalla bocca e che sfociano in un mare di assurdità.

Sono quei tocchi lievi, quell’inconsapevole sfiorarsi ad accendere la curiosità, tu così ti scopri audace, sfrontatamente ti sfili una scarpa e lentamente comici a carezzare il suo polpaccio, introducendo furtivamente il piedino nei suoi pantaloni e chissà perché ridi.

In lui leggi invece che piacere, terrore e paura, hai aggredito l’aggressore e più i tuoi gesti si fanno sfacciati, più lui si ritrae, il suo ruolo è stravolto e questo non potevi certo saperlo.

 Così lui si alza con il volto trafelato e le parole che non escono e gli muoiono in gola, la sua bellezza d’incanto svanisce, la sua sicurezza sparisce e un cucciolo bagnato si dilegua inghiottito dal buio, come dall’oscurità pareva fosse uscito.

 Dovresti essere triste Lucy ma non lo sei, solo ti sfiora il dubbio che adesso tu possa fare paura a quelli dell’altro sesso, poi ripensi a quando era tutto il contrario e decidi che non vale la pena tornare indietro.

 Dai, un’altro bloody Mary che poi si torna a casa.

 



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