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Il Diario di Lucy: Capitolo XV. Molestie.

Creato il 29 maggio 2012 da Rvassallo @RVassallo

Per un uomo, l’appagamento dei sensi è raggiunto solo quando il pensiero trasformatosi in azione giunge al suo completo soddisfacimento, ma se ciò è rivolto verso una donna, diventa molestia.

 Da quando la timida Lucia si era trasformata nell’intraprendente e maliziosa Lucy, l’attempato”boss”, era come se fosse in perenne tempesta ormonale e addirittura dopo L’ouverture piccante da parte della ragazza, le attenzioni dell’uomo si erano mutate in sfrenata libido.

 Da quel giorno, anche i semplici discorsi erano stati sostituiti da frasi a doppio senso e ogni presto era buono per farle delle avances; alla macchina del caffè, alla porta dell’ascensore a addirittura quella del bagno, sempre tutte comunque con esito negativo ma tutto ciò non aveva fatto altro che alzare la libido nel sangue dell’uomo.

Il culmine si raggiunse quando una manata colpì le natiche di Lucy facendole quasi perdere l’equilibrio e quella mano invece di ritirarsi, aveva preso a palpeggiare con insistenza i sodi glutei della ragazza; un’altra manata di ben diversa portata partì da quest’ultima è arrivò con gran rumore in piena faccia del boss; costui, senza battere ciglio, invece d’infuriarsi, si passò la mano sulle guance come a cercare qualche inesistente ferita, poi prese in fazzoletto si soffiò il naso, quindi freddamente disse a Lucy: -“nel mio ufficio, ti devo parlare”.

 Il tono della voce non presagiva nulla di buono, già la ragazza si aspettava un licenziamento in tronco ma solo quando la porta dell’ufficio si chiuse alle loro spalle, capì quali erano le vere intenzioni del“boss”.

 Lucy si sentì d’un tratto afferrare le mani da dietro la schiena con tale vigore che pensò volesse staccarle dalle braccia, poi sempre da tergo, l’uomo la spinse con veemenza verso la scrivania in modo che rimanesse piegata, quindi, con i piedi a forza le divaricò le gambe e mentre con una mano premeva la ragazza contro la scrivania fino a quasi farle mancare il fiato, con l’altra mano le alzava la gonna farneticando frasi sconnesse, mentre la povera ragazza tentava invece di gridare.

 Uno scossone più forte degli altri e Lucy capì di essere rimasta senza mutandine mentre un qualcosa di alieno stava tentando di entrare in lei. La ragazza non si diede per vinta, raccolse tutte le sue forze ma giocò d’astuzia.

 Il cacciatore molla la sua presa quando quest’ultima non offre più resistenza e si offre succube al suo aguzzino, così Lucy, lasciò che il lupo la credé vinta come vestale che si dona per il sacrificio, non pose più resistenza, cosicché il lupo allentò la presa quel tanto che basta che la piccola preda riprendesse vigore e come una puledra che assapora la prima volta la libertà, scalciò, sferrò un calcio con tale rabbia che il tacco della sua scarpetta si conficcò nel basso ventre del lupo cattivo facendolo accasciare gemente, ma non di piacere come avrebbe voluto, ma di atroce dolore come mai ebbe provato.

Non contenta la giovane puledra cominciò a inveire contro il lupo ferito e cosa non le uscì da quelle labbra, che persino i demoni dell’inferno dovettero tapparsi le orecchie per non sentire tali oscenità. In tutto questo bailamme nessuno osò entrare nella stanza, Lucy mentre si rivestiva con calma si godeva anche lo spettacolo di quel lupo nudo agonizzante che a malapena riusciva a respirare.

 Quando uscì dalla stanza, il sole era ancora alto nel cielo e la giornata era ben lungi dall’essere finita, e quando richiuse la porta dell’ufficio dietro di lei tirò un lungo sospiro di sollievo, un altro capitolo era chiuso e ora era senza lavoro, ma era libera come lo è una foglia trasportata dal vento.

 



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