la bella cittadina che ci ospita per quattro notti, Pszczyna, si trova ad appena 25 chilometri da Oświęcim. il nome non vi dice niente? se però ve lo traduco in tedesco, di sicuro conoscete questo posto: Auschwitz. probabilmente tutti i turisti che si recano in Polonia visitano Auschwitz, anche se ci arrivano da Cracovia. noi, che veniamo dalla parte opposta, per non rischiare di nuovo di perderci e di girare per ore come delle oche, seguiamo un autobus belga che ci ritroviamo davanti. dal parcheggio già si capisce che ci sta gente da tutta europa, persino da posti che normalmente non si sentono nominare come le Isole Åland, per non dire di quella arrivata da altri continenti; riconosco americani, cinesi, giapponesi, coreani, indiani, mentre una folta comitiva di studenti israeliani ce la ritroviamo fra i piedi per tutto il tempo della visita. ad Auschwitz i visitatori individuali che non fanno la visita guidata entrano senza pagare, o almeno, a noi non hanno chiesto uno zloty. sbrigate le formalità di lasciare lo zaino al guardaroba e di andare in bagno, ci ritroviamo immediatamente dentro un cortile con filo spinato, rotaie e costruzioni in mattone; si vede già la famosa scritta Arbeit macht frei che tutti fotografano zelanti. bypassiamo i gruppi e cominciamo a camminare; è una bella giornata di sole e, a non sapere dove si è, parrebbe quasi di stare in un luogo ameno.
Auschwitz del resto era un'ex-caserma dell'esercito polacco e quindi le costruzioni appaiono severe ma non inquietanti, e se ne stanno ordinatamente allineate lungo vialetti simmetrici, affiancate da alberelli. dal lato da cui iniziamo la visita, arriviamo quasi subito al crematorio; verso la fine della guerra le SS avevano cercato di distruggere le prove delle loro atrocità, per esempio facendo esplodere il camino ed eliminando dal tetto del crematorio i bocchettoni dai quali veniva inserito lo Zyklon B. quando è stato istituito il museo di Auschwitz, il camino è stato ricostruito usando i mattoni originali che giacevano a terra, così come i bocchettoni sono stati rimessi al loro posto. la prima cosa che ho pensato quando ho visto crematorio e camino è stato che fossero incredibilmente piccoli; immagino che sia perchè, sapendo i numeri di tutti i poveretti che ci hanno transitato, uno crede di dover vedere un complesso industriale. del resto per le stesse SS ad un certo punto Auschwitz divenne troppo piccolo e quindi si costruì, a pochi chilometri di distanza, il campo di Auschwitz 2 - Birkenau. l'interno del crematorio è visitabile... ma col senno di poi avrei preferito non metterci piede. non credo che sia solo questione di suggestione, è che quando entri senti come se il male grondasse dalle pareti, per questo entro ed esco molto rapidamente, dopo uno sguardo ai forni crematori e alle stanze delle "docce". sono le dieci di mattina, ho già il magone e abbiamo appena cominciato: andiamo bene...
il punto delle adunate, dove i prigionieri facevano l'appello e a volte
dovevano restare in piedi con qualunque tempo fino a dodici ore
ai confini del campo, torrette per le sentinelle e filo spinato
proseguiamo leggendo i vari cartelli esplicativi e visitando alcuni degli edifici, ora quasi tutti adibiti a museo o a uffici per l'amministrazione del museo. solo poche stanze hanno mantenuto l'aspetto originale, per esempio vengono mostrati i bagni e i lavatoi, così come parte delle celle del carcere, mentre in altri sono ricostruiti i dormitori o le stanze dei kapò. c'è il museo dedicato al genocidio del polacchi, a quello degli slovacchi, degli ungheresi, degli olandesi, ecc; poi c'è quello dove vengono mostrate le prove (le SS, come si sa, avevano un perfetta burocrazia e si scrivevano tutto), ma quello più atroce è dedicato agli oggetti personali: stanze intere piene di valigie, scarpe, pennelli da barba e spazzole, protesi ortopediche, occhiali, vestiti da neonato... ad un cento punto, mentre sto per entrare in una stanza, quasi mi scontro con una ragazza che esce in lacrime. è la stanza dei capelli: non so quanti metri quadrati di crine umano ci sono, ma è una vista che lascia veramente senza parole.le valigie con su scritto i nomi dei proprietari (che speravano di riaverle)
la montagna di scarpe (solo una piccola parte in realtà)
non so come siamo riusciti a pranzare, ma avendo passato tutta la mattina a camminare, il corpo aveva bisogno di rifocillarsi, anche perchè la nostra visita non è ancora finita. dopo una zapiekanka, prendiamo infatti la navetta gratuita che ci porta a Birkenau. avrei detto che, dopo le esperienze della mattina, fossi ormai vaccinata, ma la verità è che quando sono entrata a Birkenau sono rimasta scioccata. quello che fa rimanere di sasso è la vastità del posto: a destra, a sinistra e davanti a te si estende a perdita d'occhio, e lì hai davvero la percezione dell'enormità del genocidio.l'ingresso di Birkenau visto dall'interno, con le rotaie per la consegna a domicilio dei prigioneri
i resti di una baracca
la maggior parte delle baracche sono state distrutte, cosi come i crematori; hanno lasciato alcune baracche che si possono visitare, mentre dei crematori resta il mucchio delle macerie. in mezzo alla desolazione, spuntano alcune torrette per le sentinelle, oltre all'onnipresente filo spinato. a Birkenau più che da vedere c'è da camminare, e solo arrivando fino in fondo, là nella zona di espansione dove le SS progettavano di allargare il campo e dove si trova il Monumento delle Vittime del Nazifascismo, si capisce di nuovo la vastità del posto.alcune delle baracche conservate
interno di una delle baracche; per l'odore, la luce e l'architettura,
mi ha ricordato una stalla
le rotaie finiscono davanti al Monumento delle Vittime del Nazifascismo;
riuscite a scongere, là in fondo, la torretta dell'ingresso?
no? questo per dare un'idea della grandezza del campo.