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"Il diavolo" a S. Stefano

Creato il 26 dicembre 2013 da Carlo_lock

Fa freddo e piove quasi in tutta Italia. Quale migliore occasione per parlare di un film invernale? Non penso a "Vacanze di Natale", piuttosto a un film ambientato in Svezia, da sempre uno degli argomenti privilegiati in questo blog.Di film ambientati in Svezia se ne sono visti tanti in questo ultimo periodo, soprattutto dopo il successo di Uomini che odiano le donne. Siamo però fuori strada: mi sa che dobbiamo correre molto indietro oggi, e raggiungere il lontano 1963, anno dell'uscita de Il diavolo, film di Gianluigi Polidoro, vincitore dell' Orso d' Oro al Festival di Berlino. Commedia di costume, interpretata da Alberto Sordi, che per temi e spirito anticipa il famoso Fumo di Londra, del '66. Qui non siamo a Londra, ma a Stoccolma, ma per protagonista c'è sempre un italiano medio provinciale, allocco e infarcito di stereotipi e di falsi miti. Il suo spirito di adeguamento alle culture diverse non è sempre naturale, ma soffre di quello stupore disincantato e infantile da "paese delle meraviglie", tipico dell'ingenuità di certi italiani poco istruiti in vacanza. Sordi è un mercante di pellami che va a Stoccolma in pieno inverno in cerca di facili avventure, convinto da racconti di amici che dipingono le svedesi molto disinibite (la classica vecchia storia).Tuttavia, pur accorgendosi che le svedesi sono donne molto diverse dalle italiane, non riuscirà ad assegnare punti in schedina. Nonostante tutto, sarà coinvolto in situazioni strambe che difficilmente riuscirà ad accettare con la stessa naturalezza degli svedesi. E la comicità di Sordi è tutta caratterizzata da questo sforzo ad adeguarsi a differenti mentalità, con una ipocrita felicità e compostezza, che rivela senza ombra di dubbio fastidio, smarrimento e insofferenza. Ciò che è naturalmente fonte di turbamento sono questioni legati alla sfera sessuale, ma anche e soprattutto (una delle scene più riuscite del film) è l'invito di una ragazza a fare la sauna ("bastu" in svedese) tutti nudi per poi gettarsi nella neve oppure quella specie di "autoscontro" organizzato con macchine vere su un lago ghiacciato (con l'angoscia che la lastra di ghiaccio si potesse spezzare da un momento all'altro). Eh, cosa non si fa per conquistare una donna? Anche questo. Si accetta di tutto pur di non infrangere clamorosamente il mito della Svezia. Ecco, appunto, ma questo mito esiste oppure no? Come evidenzia e sviluppa questo nodo cruciale questo film?Effettivamente un dato incontrovertibile, rimasto praticamente invariato di decennio in decennio è il seguente: le svedesi hanno un un modo molto particolare di intendere la compagnia o il far compagnia. Possono decidere liberamente se concederla o non concederla, possono baciarti e basta, ma poi non venire a letto, possono proporti un'orgia oppure una passeggiata insieme al fidanzato in mezzo alla natura, fine a se stessa. Di base, la compagnia, gli occhi dolci, non veicolano nulla di certo, di prefissato, tutto è abbastanza imprevedibile e poche volte il portare a casa o essere invitati a casa da una donna svedese significa quasi esclusivamente finirci a letto assieme. Gli svedesi in sostanza non hanno il sesso in testa come gli italiani, ben consapevoli che se non si fa oggi si può fare domani. Per loro, quindi, il famoso detto "ogni lasciata è persa" non avrebbe alcun senso. Tutto questo, Il diavolo, lo mette a fuoco molto bene, tenendo presente che uno degli anacronismi del film è l'essere ambientato nei primi anni '60, un'epoca in cui si viaggiava poco e dove i confini culturali erano ben più marcati (ne è un esempio la scena delle bambine svedesi che fissano l' "uomo italiano" Sordi come se fosse venuto da Marte o la presenza di donne che non sanno una parola di inglese, ad oggi eventualità quasi impossibile). La globalizzazione, quindi, ha livellato l'essere-svedese sull'essere-europeo e dunque le "donne facili" esistono ma non esistono più come favola, come "bengodi" esclusivo della Svezia. Le "donne facili" esistono dappertutto, forse. Ogni Paese europeo semmai ha una propria concezione dell' "essere facile", per qualcuno "essere facile" significa prostituirsi per scelta senza problemi, per qualcun altro tradire il fidanzato troppo spesso. Allora rimane comunque il piacere di vedere un film di costume del passato, per comprendere quali erano i rapporti tra Italia e Svezia negli anni '60. Se allora andare in Svezia era l'unica occasione di libertà sessuale, oggi l'esigenza di andare oltre confine a cercare donne facili è dettata dal fallimento provato di ciascun uomo che ha bisogno di trovare la donna facile oltre il facile. Se quindi andare in Svezia un tempo era un bisogno oggettivo che si sposava con difficoltà oggettive (la mancanza di contraccezione o del divorzio, la scarsa fantasia delle donne italiane, poco emancipate), oggi potrebbe essere solo una chimera soggettiva dettati da problemi soggettivi, nell'illusoria speranza che ci sia qualcuno che ci capisca o che ci apprezzi, dando un alibi alle culture differenti.Di fatto, i rapporti con gli italiani da parte dei paesi ricchi europei oggi sono di gran lunga di indifferenza...E' quindi deducibile pensare che a una svedese ora come ora non interessi molto mettersi con un italiano..Forse l'unica fonte di interesse è rinfocolare il mito del maschio latino galante ma ultimamente anche gli italiani sono depressi, gay e soprattutto mammoni. Il mito sognante delle culture favorisce l'incontro tra culture, ma poi sull'incontro oggettivo e reale c'è sempre da obiettare, considerando che oggi più che mai nessuno è uguale all'altro.Ma se volete sognare ancora il mito della donna svedese guardate Il diavolo. Ma attenzione: già ai tempi la tentazione di far cadere questo falso mito il film ce l'ha tutta!

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