di Iannozzi Giuseppe
Peccatori io e te
Ti confesserò senza falso pudore
che mi fai andar fuor di testa
quando t’inginocchi e prendi a pregare
per l’anima mia perché sia salva da Dio
Mani giunte sul piccolo seno
La tua voce meno d’un pigolio
che riecheggia però forte
tra l’abside e la volta del Cielo
E’ così eccitante, così tanto gratificante
che potrei spiccar il capo dal corpo
a tutti gl’infedeli con un sol colpo di spada
Quando il tuo amore diventa duro
non ho dubbio alcuno ch’è sincero
Quando il mio cuore non prova pietà
e il nemico lo fionda dritto al Creatore
senza pensarci sù un momento
ignorando il pianto e le lacrime,
poi solo penso a tornar da te
fra le tue braccia come Innocente
Ti confesserò ch’hai questo potere
Tu comandi ed io obbedisco
Quando mi sbatto giù all’Inferno,
quando poi torno sù da te non sconfitto
e dell’altrui sangue da capo a piedi imbrattato
Quando la ricompensa è il tuo bacio
quasi dimentico d’esser stato giudice e Nerone
Ti confesserò senza timore
che mi strappi l’anima dal petto
quando mi preghi di perdonare
Ma Dio non è tenero e generoso come te,
da me pretende che in questa valle di lacrime
sol valga la legge occhio per occhio dente per dente
Ti confesserò che mi piace
quando a mani giunte soffri per me,
e poi uguale a nuda colomba nel letto
smaniosa m’attendi
Delirium tremens
Dovrei cercar conforto,
cader prigioniero
della catena delle tue braccia;
di Blaise Pascal nulla ignoro,
ma inviso è al mio libero pensiero
D’incenso ha difatti il fiato
e la lingua non meno velenosa
di quella d’un serpente
Vagolava lo spirto suo
proprio iersera dalle parti
della tivù di Stato;
per Dio, poco c’è mancato
che ci restassi secco
Mai avea udito voce più blesa
come di malato terminale;
eppur c’era nell’eloquenza sua
forza venefica tale e quale
al ricordo che ne ho
di quand’andavo ancor a scuola
Devo confessare
che non son mai stato accorto abbastanza
da mettermi sull’attenti; ho fatto senza,
sempre senza protezioni
per non finire come il ragno
vittima della sua propria vile tela
In fondo all’ultimo banco
ho dato il tempo, gridando talvolta
sbattendo i piedi anche
Dicevan ch’ero mal sintonizzato,
di certo con qualche rotella fuori posto
A pensarci bene è solo
che già allora scolavo whisky
e ai compagnetti a me vicini coi loro fischi
davo lo sgambetto
o un più diretto pugno sul naso
Adoro il pubblico
che davanti al morto sgomita
invidioso quasi di non esser al suo posto;
lui lungo disteso senza un alito di vita
e però accompagnato da pianti e risa
manco fosse un divo di Hollywood
Amica mia, pria che sia
il delirium tremens ad aver di me la ragione,
ti prego di venir da me per una visita
Accompagnati pure nuda e col tacco alto
D’altro non c’è bisogno sul serio
per il paradiso che intendo io
Il diavolo e l’acqua santa
Se mi tagli lo zoccolo caprino
soltanto la preghiera d’un cuore puro
potrà in vita riportare il diavolo
che c’è in me e che sì tanto piace a te
Puoi salvarmi, puoi dannarmi?
Come monaco buddhista non temo
il sangue ora caldo ora freddo
Vuoi davvero aver a che fare
con un brutto ceffo, angelo mio?
Non temi forse di Dio l’ira?
Un suo battito di ciglia – sai! -
basterebbe a sprofondarti qui
a me accanto