Anche nel Regno Unito è acceso il dibattito sull’eutanasia e – come riporta il Guardian – gli avvocati di tre uomini che si sono battuti per il diritto ad una “dolce morte” stanno portando i loro casi davanti la Corte Suprema.
I promotori di questa causa sono Jane Nicklinson, il cui marito Tony è morto nell’agosto del 2012 dopo aver lottato per il diritto ad avere una morte dignitosa ed umana e Paul Lamb, 58 anni, che ha passato gli ultimi 23 anni completamente paralizzato in seguito a un incidente stradale.
A decidere se debba essere consentito al personale medico di assistere coloro che fisicamente non sono in grado di terminare le proprie esistenze saranno nove giudici: l’alto numero è sintomatico della rilevanza giuridica della decisione.
Nicklinson e Lamb hanno deciso di ricorrere contro una sentenza della Corte d’Appello che ha stabilito un divieto generale contro il suicidio assistito o l’eutanasia: per i ricorrenti questa decisione è contraria all’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo che protegge la vita privata e familiare.
L’avvocato Paul Bowen – che difende i due ricorrenti – ha affermato che questa situazione ha portato a «conseguenze straordinarie e crudeli»: i suoi assistiti non hanno potuto terminare la loro sofferenze insopportabili con dignità e l’unica opzione è stata una morte meno dignitosa che avrebbe potuto mettere altre persone a rischio di sanzioni penali.
La Corte Suprema dovrà decidere se il divieto al suicidio assistito, così come stabilito nel Suicide Act del 1961, sia compatibile con l’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.
Secondo i ricorrenti, ai medici dovrebbe essere consentito di praticare il suicidio assistito quando ci sia una un desiderio «volontario, fermo, chiaro ed informato» di porre fine alla propria vita e questa volontà sia irrealizzabile senza assistenza medica.
La British Humanist Association (Bha), è intervenuta nelle udienze precedenti e, sostenendo la causa di Nicklinson e Lamb, crede ci sia il sostegno pubblico per una modifica della legge sulla morte assistita.
Pavan Dhaliwal della Bha ha indicato come, in base ad un sondaggio YouGov dello scorso anno, l’81 per cento degli adulti britannici è dell’idea che i capaci di intendere e di volere e che sono affetti da malattie incurabili o terminali e che desiderano porre fine alle proprie vite dovrebbero essere in grado di ricevere assistenza medica per esaudire la loro ultima volontà.
Dhaliwal ha aggiunto: «Questo caso legale è necessario per dimostrare che poter morire con dignità così come abbiamo scelto dovrebbe essere considerato come un diritto umano fondamentale».
Archiviato in:Diritto e diritti, Eutanasia e testamento biologico, News