lo "spunto di discorso che poteva essere un'occasione per riflettere insieme sulle narrazioni sociali intorno al corpo femminile" come scrive oggi la su Facebook parlando appunto del suo ispirato da una copertina di Marie Claire ha sollevato il solito polverone, anche e sopratutto tra le molte donne che si sono limitate (e sottolineo limitate) a difendere il diritto alla taglia 38 (vedete cosa scrive oggi Michela sulla sua pagina)
Come al solito non si è capito che si intendeva parlare d'altro, sollevare lo sguardo e fare un'analisi - discussa e condivisa, ergo circolare e non O/O out/out 38Vs48 - proprio sulle " n a r r a z i o n i s o c i a l i " intorno al corpo femminile.
La stessa abitudine scatta ogni volta che si parla di diritti, della loro tutela o difesa; diritti di qualsiasi genere: si scivola immancabilmente nel personalissimo "io la penso così, a me piace così, io sono liber* di, io preferisco questo quindi l'altro non vale, io io io io".
Quando si parla di diritti si parla della tutela della differenza, si parla di società oramai complesse nella loro possibilità espressiva ed il diritto serve a tutelare la complessità e la differenza e non ciò che IO ritengo bello, buono e giusto.
Quando si parla di Media si chiede che - essendo organi di comunicazione sociale ergo influenzanti il nostro modo sociale di pensare ed agire - abbiano la saggezza e la precauzione proprio di rappresentare tutta la complessità e non solo un aspetto (che poi generalmente viene scelto quello che ci rende facilmente aderenti al sistema, ovvero buoni consumatori).
Tutelare i diritti è un'operazione delicata: certo che molti di noi stanno bene come stanno, ma non tutti. E società (e diritto) significa in qualche modo comprendere tutte le sfumature dell'espressività umana che oggi sono diventate molte. E' più facile uniformare, dare solo un modello: tutto diventa semplicemente o buono o cattivo; o giusto o sbagliato. Ma non è questa la strada.
Una società evoluta, così come il luogo comune vuole che siamo, deve sapersi confrontare dialetticamente gli uni con gli altri e saper tutelare le varie sfumature senza giudizio e con onestà. E a maggior ragione devono (o dovrebbero) farlo i media.
Siamo in una società distopica e non ce ne accorgiamo.
)O(