Questi si indignano di fronte alla narrazione di fatti di estremo dolore, di vita vissuta che loro non hanno mai dovuto toccare con mano. Questi si inalberano di fronte al racconto di Mina Welby e di Beppino Englaro. Essi non sanno, per loro fortuna, le indicibili pene che queste due persone hanno dovuto soffrire. Essi non conoscono il calvario che Mina e Beppino ma, anche e soprattutto, Piero e Eluana, hanno vissuto. Essi cavalcano l’onda. Essi utilizzano la notizia. Essi colgono l’occasione. Non parlo del povero di spirito che si avventura in questi argomenti di fronte a una tazzina di caffè o a un aperitivo. Parlo di quella classe dirigente insulsa che si sta candidando alla guida del Paese del dopo-berlusconi e che danno bella prova di sé chiedendo a gran voce un contraddittorio a Vieni via con me.
Un contradditorio con i morti. Vogliono avere un confronto con Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro. Perché essi vogliono difendere il diritto alla vita. Sentite! Il diritto alla vita di chi? Piergiorgio Welby ha negato il diritto alla vita di qualcuno? Eluana Englaro ha negato cure mediche a chi ne aveva bisogno? Non stiamo nemmeno parlando di eutanasia. Stiamo parlando del diritto di rifiutare le cure mediche. Stiamo parlando del diritto di avere una fine dignitosa, per libera scelta. Nessuno ha iniettato veleni nel corpo di Piero e di Eluana. Hanno soltanto smesso di curarli, di proseguire una terapia sterile che non avrebbe mai portato a null’altro che al prolungamento inutile di un’agonia. E questi signori sentono il dovere di replicare. Io vorrei replicare a loro non con l’elenco ormai canonico del programma di Fazio e Saviano. Io avrei una sola parola da dire per replicare alla loro infinita malafede: vergogna.
Luca Craia