C’è da chiedersi che fine abbia fatto l’Obama che nel 2004 vinse sull’onda di una crisi ormai conclamata: dove l’hanno nascosto? Ma ancora di più che fine abbia fatto la democrazia catturata e avvilita di un populismo mediatico che vive alla giornata, immemore della settimana prima, completamente ignaro di quella successiva. Com’è che quasi alla fine di un secondo mandato pressoché disastroso, dopo aver più volte ribadito la volontà Usa di non firmare il protocollo di Kyoto, dopo aver lanciato lo sfruttamento massivo del fracking che oltre a devastare l’ambiente è anche il metodo di estrazione più sporco in termini di emissioni di gas serra, adesso lancia tardivamente una sorta di campagna ecologica?
Per tirare la corsa alla Clinton ovviamente, vellicando l’ambientalismo di molti democratici, ma avendo anche un occhio attento a Wall Street. Ora infatti che la diminuzione dei prezzi del petrolio e del gas ha fatto arrivare un autunno precoce nell’eden energetico che lo stesso Obama aveva proclamato, che molte società sono sull’orlo del fallimento e non riescono a ripagare gli enormi prestiti ricevuti viene a puntino la prospettiva di eliminare le centrali a carbone per sostituirne la produzione con il gas di scisto. Perché è di questo che si tratta e lo si vede bene dalle date citate dalla Casa Bianca: una diminuzione del 32% di emissioni di CO2 nel 2030 rispetto al 2005. In realtà rispetto a 10 anni fa le emissioni sono già diminuite del 12,4% a causa del calo di consumi elettrici verificatisi nei consumi privati sia per la crisi in se stessa che per i cambiamenti di costume che essa ha indotto, per lo sviluppo di energie alternative e la diminuzione dei consumi di riscaldamenti e auto, quindi si parla in realtà di una diminuzione del 20 % scarso in 15 anni che è già in atto e che da sola – guardando ai dati tendenziali – è in grado di coprire gran parte di quella cifra.
Ma questo naturalmente ha ben poco a che fare con il disastro climatico a cui ci troviamo davanti e ai rimedi che sarebbero necessari: considerando che un singolo cittadino americano produce 6 volte la Co2 dell’essere umano medio, gli intendimenti salvifici della Casa Bianca risultano ridicolmente lontani dall’obiettivo, anche perché sulle cifre esiste un equivoco di fondo: la quota di emissioni dovute a beni e servizi prodotti nei paesi in via di sviluppo ma consumati in Usa è arrivata al 20%, il che significa che gran parte del risparmio interno andrà ad aumentare le emissioni da qualche altra parte e visto il ruolo imperiale degli Usa, sarà facile simulare la virtù in casa propria e accusare di vizio quelli che producono per loro.
Ora immagino che qualcuno sarà comunque compiaciuto dalla messa in mora obamiana del carbone se non fosse che l’estrazione di gas e petrolio con la tecnica del fracking non rappresenta che un piccolissimo risparmio in termini di emissione di co2: anzi alcune ricerche che tengono conto dei rendimenti effettivi e della pratica di abbandonare i pozzi una volta esaurito il primo e più ricco periodo di sfruttamento, misurano emissioni addirittura maggiori. Tutto il resto, il mettersi alla testa della salvezza dell’umanità e i tardivi siamo tutti sulla stessa barca fanno parte di una retorica che più bianca e ipocrita non si può, un elenco di yankerie da strapazzo che di certo servono assai poco a riabilitare il presidente della vicenda ucraina e della Siria ( crisi create sempre a seguito di interessi energetici, quello che ha lasciato agevolmente correre il Ttip, il premio nobel della pace fallita.