Del disastro della Costa Concordia si è detto di tutto e anche di più. È stato usato come metafora di un’Italia che andava a fondo, come emblema del comportamento di certi italiani, superficiale, dilettantesco ed esibizionistico, ma non era facile immaginare che diventasse anche fonte di ispirazione artistica.
Proprio a quel terribile incidente, durante il quale persero la vita 32 persone, fa infatti riferimento l’enorme installazione dal titolo inequivocabile Concordia, Concordia dell’artista svizzero Thomas Hirschhorn, anche se lui detesta il termine installazione e preferisce usare display, attualmente in mostra alla Gladstone Gallery di New York.
In una delle sale è stata creata una gigantesca stanza capovolta, ornata con festoni colorati come un salone per le feste o una sala da ballo. Ovunque sono accumulate cataste di oggetti di ogni tipo. Alcuni tavoli sono attaccati a una delle pareti mentre da quella di fronte penzolano degli scintillanti elementi di un impianto di illuminazione. Osservando con attenzione, dopo un po’ ci si rende conto che quest’ultimo non è altro che un soffitto e che i tavoli una volta, prima del ribaltamento, erano poggiati su un pavimento. A completare il tutto, mucchi di libri sparsi, grovigli di nastro adesivo da pacchi, salvagente fosforescenti, tappeti, orologi, sedie, televisori a schermo piatto, stoviglie e persino un pianoforte a mezza coda.
L’artista ha spiegato di aver voluto mostrare le conseguenze del disastro nella loro incredibile normalità. Ci sarebbero tuttavia anche due elementi chiave storici e sociali nell’opera. Uno didattico: proprio all’ingresso, un mucchio di pagine sparse de Il Capitale di Karl Marx a sottolineare che le navi da crociera sono delle isole dell’eccesso borghese. Il secondo è la riproduzione, posta in quello che è diventato il soffitto, del tremendo quadro del pittore Théodore Géricault La zattera della Medusa, rappresentazione drammatica dell’abiezione, della morte e della distruzione. Esso ritrae un naufragio reale, quello della fregata francese Méduse avvenuto nel 1816, anche in quel caso per incompetenza e superficialità del capitano, e mostra alcuni dei passeggeri nella zattera che non bastò a portarli in salvo. Si vedono, stretti e ammucchiati in un piccolissimo spazio, i morti, i moribondi e i disperati di vedetta nella speranza che qualcuno li avvisti e li conduca in un porto sicuro.
Concordia, Concordia, definita dai critici “una forma strutturata di caos e annichilimento”, è davvero una visione da brividi: si ha un’esperienza visiva quasi diretta delle conseguenze di quel naufragio. Sarebbe, si è detto, l’interpretazione della nostra situazione attuale: superconsumi, crollo degli stati, militarizzazione e conflitti che diventano causa di guerra in ogni angolo del pianeta. L’opera parla di autodistruzione, devastazione dell’habitat e sovrappopolazione. Come ha affermato il biologo statunitense Edward O. Wilson, “abbiamo creato una civilizzazione da Guerre Stellari, ma con emozioni dell’età della pietra, istituzioni medievali e tecnologia degna degli dei”.
Concordia, Concordia vuole rammentarci quel che già sappiamo, cioè che il giocattolo si è rotto ed è tempo di ammutinarci, disegnare nuove topografie e inventarci nuove strade.
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