D’altronde, perfino degli opinionisti mai teneri con Berlusconi avevano a suo tempo evidenziato tutte le debolezze della condanna in primo grado. Innanzitutto, la pena troppo severa e forzatamente esemplare, come evidenziato dalla stessa accusa nel processo d’appello. Una pena comminata, più che per dei reati comprovati aldilà di ogni ragionevole dubbio, per delle interpretazioni, per quanto anch’esse ragionevoli, non suffragate dall’evidenza delle prove. La condanna per concussione, che era valsa 6 anni di pena su 7 totali, avrebbe potuto reggere se, al momento della riforma Severino che ha scisso il reato in due -concussione coercitiva (con minaccia esplicita o comunque inequivocabile); concussione induttiva (pressione indiretta per ottenere qualcosa)- i magistrati avessero optato per l’induzione, con pene meno severe e il coinvolgimento del funzionario di Polizia come corresponsabile della concussione. Ma proprio per evitare il coinvolgimento della polizia, hanno scelto la coercizione, nonostante dalla registrazione della telefonata non emerga alcun atteggiamento prevaricante. I più maligni avevano interpretato la scelta per la pena più severa come una mossa per vanificare il processo.
Nella condanna per prostituzione minorile, d’altro canto, era indimostrabile sia la certezza dei rapporti sessuali, sia la conoscenza della minore età di Ruby. La logica avrebbe suggerito un’insufficienza di prove: c’è da chiedersi perché si sia scelta una formula che ha sconfessato clamorosamente il lavoro della Procura. E c’è da chiedersi se e quanto, su questa sentenza, abbiano inciso pressioni politiche, lotte intestine alla Magistratura, smania mediatica dei giudici e via dicendo. Come c’è da chiedersi se e quanto un Berlusconi rianimato possa favorire la stabilità di Renzi. Nel breve periodo, l’assoluzione certamente favorisce il corso delle riforme, ma se ci fosse una ripresa nei sondaggi, la tentazione di far saltare il tavolo sarebbe irresistibile per Berlusconi. Di sicuro, non sarà questa sentenza a trasformare Berlusconi in uno statista: l’inopportunità del suo agire privato e pubblico è ormai conclamata per la stragrande maggioranza dell’elettorato, nonché per il resto del mondo.