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Il Divo

Creato il 02 settembre 2013 da Alexcorbetta

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Pellicola dedicata a Giulio Andreotti e al periodo fra il 1991 e il 1993, dal VII governo Andreotti all’inizio del processo per collusione con la mafia.

“Guerre puniche a parte, nella mia vita mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia” (Toni Servillo/Giulio Andreotti).

Il “Papa nero”, “Belfagor”, “Molok”, “Zio Giulio”, il “Gobbo”, “Divo Giulio. Da quest’ultimo deriva il film diretto da Paolo Sorrentino, incentrato su una delle figure principali della vita politica e della storia contemporanea italiana in generale: Giulio Andreotti.

Lo hanno odiato, amato, criticato, messo alla gogna, temuto. Uno dei politici più longevi, fra i padri fondatori della Democrazia Cristiana. Passato a miglior vita quest’anno all’età di 94 anni, Andreotti è stato protagonista di molti fatti della nostra storia, la maggior parte dei quali mantengono un ombra di mistero ancora oggi: il delitto Moro, del generale Dalla Chiesa e del giornalista Pecorelli, la Loggia P2, lo scandalo dello IOR e le successive morti di Calvi e Sindona, la morte del giudice Falcone e del parlamentare Lima e la collusione con la mafia. Tutti eventi tragici che hanno chiamato in causa Andreotti, accusandolo di aver preso parte o di avere un ruolo. Soprattutto due eventi, la mafia e la morte del Pecorelli, portarono a processi dai quali il Divo Giulio uscì pulito, giudicato innocente. Secondo i giudici…

Il film di Sorrentino non è un film dedicato alla vita di Andreotti. Sarebbe stato infatti impossibile condensare una vita come quella del politico democristiano in un’unica pellicola: troppi eventi importanti, troppe cose da dire.

Cosa realizza quindi Sorrentino, regista di prima qualità? Un dipinto dell’anima di Andreotti, dal rapporto con i suoi “colleghi” (che poi colleghi non sono, sottoposti in realtà all’autorità dittatoriale del divo; un tocco di genio la scena in cui la segretaria di Andreotti chiude la finestra affermando che sta arrivando una brutta corrente, in riferimento al giungere dei membri della corrente andreottiana della DC. Altro tocco di classe? In sottofondo si sente, all’arrivo dei membri, una litania fischiettata che ricorda quella presente nel film M – Il mostro di Düsseldorf, usata per indicare la presenza dell’assassino)

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a quello con la moglie Livia, presente in alcune scene, al rapporto con gli altri membri del partito e della politica italiana. Dal film traspare il sangue freddo mantenuto da Andreotti in tutte le situazioni critiche, dai faccia a faccia con i pentiti che lo accusano alle interviste alla mancata elezione a presidente della repubblica, il sogno di tutta una vita. Il protagonista del film è solo lui, del resto non poteva essere altrimenti; dedicare spazio ad altri personaggi sarebbe stato altresì inutile, una perdita di tempo rispetto al vero obiettivo di Sorrentino. Un modellino scenico nel quale giganteggia Toni Servillo, vincitore del David di Donatello come Miglior Attore Protagonista (il terzo, dopo le vittorie per Le Conseguenze dell’AmoreLa ragazza del Lago): la sua interpretazione è impressionante, una trasformazione fisica nel personaggio e una resa elaborata di un uomo che (a dispetto di una fisicità non possente ma anzi malaticcia) aveva il potere di incutere un sacro terrore.

La pellicola non giudica l’uomo e il politico, non era questo l’intento di Sorrentino. Sicuramente un film che mette in discussione il personaggio Andreotti, suggerendo che le accuse di mafia e il coinvolgimento nei fatti di sangue descritti potessero corrispondere alla verità. Suggerendo solamente, lasciando ad altri la decisione … magari ricordando una certa massima:

“A pensare male si fa peccato … ma si ha ragione” (Giulio Andreotti).



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