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Il Doc Nyc, un festival che è uno specchio per guardarsi intorno

Creato il 18 novembre 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Il Doc Nyc, oltre ad essere, almeno secondo quanto riportato dagli organizzatori,“il doc festival più grande di tutta l’America”, è di sicuro uno tra i più interessanti festival del panorama statunitense perché come pochi riesce ad entrare diretto nelle viscere della società e della cultura a stelle e strisce attraverso una selezione che passando per svariate sezioni tocca svariati temi e, particolare da non sottovalutare, crea attraverso l’apposita sezione di documentari restaurati un parallelo interessante tra passato e presente per capire come è cambiato il panorama Usa. Dei tanti temi interessanti trattati negli oltre 150 film presentati, si può delineare un filo conduttore che cerca di farsi grigio in quella materia nera per riuscire in alcuni casi anche a vedere la luce. E in quella parte oscura c’è per esempio tutto il filone della criminalità, con i vari documentari che parlano di cronaca nera come Tales of The Grim Sleeper, sulla figura del serial killer che dal 1984 al 2011 ha terrorizzato Los Angeles o A Murder in The Park, altro caso eclatante mediatico sulla morte di una coppia di fidanzati in un parco pubblico di Chicago avvenuto nel 1982 e ancora non risolto. Sugli stessi temi con riferimento alla giustizia si muovono anche altri due film completamente differenti sul regime carcerario, uno è The Chair, film storico del 1962 (presentato nella sezione restauri) diretto da Robert Drew, padre del cinema vérité, che racconta la storia di Paul Crump, afroamericano condannato alla sedia elettrica, film che apre le porte in tempi difficili come gli anni Sessanta alla discussione sulla pena di morte. Oppure come Florence, Arizona, girato in una cittadina dell’Arizona chiamata appunto Florence, dove tutta l’economia gira intorno alla presenza del penitenziario e il numero dei detenuti è il doppio rispetto ai suoi abitanti. Altri due film molto interessanti (anzi tra i più interessanti in assoluto) che toccano il tema del crimine, anche se in maniera più segreta e nascosta, sono An Open Secret, della regista nominata agli Oscar, Amy Berg, che racconta di un’altra storia scioccante come quella degli abusi su bambini a Hollywood, e Almost There, documentario sulla storia di un artista di strada molto particolare ripreso per anni da due registi che inaspettatamente si troveranno di fronte a molte verità che non si aspettavano.

Appunto verità inaspettate perché queste non sono solo storie maledette, ma ogni storia cela tutta una dietrologia che non è paranoica o di fiction, ma è documentata, è vera. E dietro ogni crimine c’è il potere. il suo abuso o la sua mancanza. E il potere è il tema strettamente collegato al crimine. C’è abuso di potere dell’entertainment e dell’illusione di Hollywood in An Open Secret o con il potere economico e il fatturato del carcere in Florence, Arizona che comanda sulla comunità. C’è d’altro canto mancanza di potere come succede a Paul Crump, condannato alla sedia elettrica o, per restare al tema della comunità afroamericana,   in Tales of The Grim Sleeper, diretto dal regista britannico Nick Broomfield, che doveva e voleva essere una semplice indagine sulla vita del serial killer e sulla sua comunità e finisce invece per scoperchiare una storia fatta di colpevoli e superficiali indagini da parte di giustizia e polizia che impiegano quasi trenta anni per trovare il serial killer che ammazzava solo prostitute e giovani donne di colore. Ma ancora più controverso è A Murder in The Park, dove a quarantott’ore dall’esecuzione capitale di Anthony Porter, inchiodato da prove e testimonianze di ferro per l’assassinio di una coppia di fidanzati, viene salvato in extremis per le indagini di una classe di giornalismo che lo scagionano e accusano un’altra persona al suo posto. La storia diventa un caso nazionale e Porter diventa una vittima del sistema. Ma dietro in realtà viene fuori che c’è tutt’altra storia. Anche qui una storia di potere, di soldi e di celebrità. E cosa dire allora di Citizenfour, il documentario di Laura Poitras su Edward Snowden, di cui si parla tanto e che qualcuno ha già candidato all’Oscar?

Ma lasciamo la politica e i temi sociali, per restare negli stessi temi ma spostarci di più sul lato artistico. Come nel caso di Salesman, celebre documentario dei fratelli David e Albert Maysles del 1968 su quattro venditori porta a porta di Bibbie, che attraversano gli Stati Uniti in lungo e in largo facendoci entrare nelle case di famiglie, anziani, giovani e raffigurandoci un paesaggio e un panorama periferico di quella America che avevamo letto nei romanzi di Philip K. Dick o di John Fante. Un film come scrisse il New York Times nel 1969, “su quattro venditori che si muovono orizzontalmente come il sogno capitalistico. È una raffinata, pura immagine di una piccola sezione della vita americana che non è affatto irrilevante ed è uno dei migliori esempi di cinema vérité”. E poi c’è infine il potere perduto, di quelli che avevano fama e non ce l’hanno più e con la fama hanno perso pure i soldi come Back on Board: Greg Louganis, che racconta la parabola dell’olimpionico Louganis, per molti uno dei più grandi tuffatori di sempre, che viene messo nell’oblio dopo aver rivelato la sua omosessualità e la sua sieropositività, oppure spostandoci invece verso l’Inghilterra, con Soul Boys of The Western World, che racconta invece la storia e la caduta degli Spandau Ballet. E sempre parlando di inglesi, concludiamo con un artista contemporaneo come Banksy che ha fatto della non notorietà la sua fama (e della fama è riuscito a ricavarne anche molti soldi) che viene raccontato al festival con il riuscito Banksy does New York, che racconta i 31 giorni del mese di ottobre del 2013 in cui lo street-artist ogni giorno realizzava un’opera diversa in una zona non annunciata di New York e, dopo averla realizzata, la fotografava e postava sul suo sito senza pubblicarne la location aprendo così la caccia all’opera da parte di tutti i suoi fan. Il film è un montaggio originale che mette insieme filmati, spezzoni amatoriali realizzati in tempo reale dai suoi fan, oltre a interviste ad esperti e soprattutto le riprese che vedono una costante lotta contro il tempo e tra Banksy’Hunters, polizia e avversari di Banksy pronti a distruggere le sue opere. Crimine, giustizia, potere, soldi, fama, arte, soldi, conflitto, illusione. Uno specchio perfetto per vedere meglio noi stessi e per guardarsi intorno.

Antonio Napolitano


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