«Siamo affascinati da ciò che va al di là della nostra comune esperienza, e siamo empaticamente attratti dalle tragedia umane, dal dolore altrui. Vogliamo sentirci connessi - spiega Burke-Ward - Allo stesso tempo siamo curiosi di sapere come si sono svolti i fatti. Abbiamo l’urgenza di capire e di re-immaginare quanto accaduto come se fossimo stati lì. Vogliamo dare un senso a ciò che ci circonda. La verità, inoltre, è che mentre guardiamo, ci sentiamo sollevati e un poco colpevoli»
Magazine Società
Dalla Pioneer Productions arriva questo documentario (Japan’s Tsunami: How it Happened) sullo tsunami che ha colpito il Giappone dopo il terremoto dell'11 marzo 2011 e una ricostruzione virtuale di come si genera un maremoto.Alcuni dati relativi alla realizzazione di questo documentario.Dicono alla Pioneer che, di solito, un documentario della durata di 50 minuti richiede almeno 5 mesi di lavoro, però se si utilizzano le risorse standard. Invece se ci si serve di più di una troupe, di molti produttori ed editor, si lavora ininterrottamente e si possono contare su molti esperti, allora si riesce a produrre un filmato del genere in poco tempo, mantenendo alta la qualità.Perchè questo genere di filmati ci piace? Al di là dell'informazione che portano c'è qualcos'altro?Il Corriere riporta una possibile spiegazione fornita da uno dei produttori del documentario, Richard Burke-Ward
Potrebbero interessarti anche :