I quotidiani di ieri riportano che, in caso di estradizione negli USA, Julian Assange potrebbe essere condannato a morte o venire recluso in quello che è sinonimo di centro degli orrori, Guantanamo.
Il campo di prigionia di massima sicurezza statunitense è solamente il più [tristemente] celebre dei centri di detenzione nei quali si consumano quotidianamente drammi, orrori e abusi.
Negli ultimi anni, non casualmente in contemporanea con quello della base statunitense cubana, sono stati costruiti numerosi centri destinati agli immigrati clandestini. Nati sotto i nomi di fantasia più stravaganti, che vanno da centro di accoglienza temporanea al più realistico centro di detenzione, sono luoghi di degrado dei quali l’umanità intera dovrebbe provare almeno disagio se non vergogna.
Non è facile per i giornalisti approfondire le indagini nel mondo dei centri di detenzione per immigrati clandestini. Possono ottenere interviste con ex detenuti, raccogliere prove e numeri di riferimento incrociati, ma molto spesso non riescono ad accedere nei locali in questione, a rendere pubblico il vissuto dei detenuti. Il metodo più tradizionale utilizzato è quello della “telecamera nascosta” o alternative più drastiche come fu nel celebre caso del reportage di Fabrizio Gatti.
Questo è l’obiettivo perseguito da Homeland Guantanamo [Guantanamos Patria il titolo originale] , anche se questo progetto non è stato sviluppato da giornalisti, ma da Breakthrough, una ONG in difesa dei diritti dell’uomo.
Nel gioco si è nei panni di un giornalista che accetta un’offerta di lavoro al fine di entrare nel centro di detenzione Elizabeth e, quindi, indagare sulla morte di Boubacar Bah.
Guidati da un detenuto a conoscenza del tuo arrivo,ci si muove liberamente nel centro, “ricostruito” virtualmente per l’occasione. Si documentano così molte informazioni sulle terribili condizioni di detenzione, e sulle pressioni ed ingiustizie alle quali vengono quotidianamente sottoposti gli immigrati.
Si dimostra che è davvero possibile costruire una rappresentazione virtuale di un luogo in cui i giornalisti non possono accedere. Con le interviste video, durante il gioco, si può vedere, in spaccati, immagini “rubate”, tour della telecamera nascosta all’interno del centro. Si esplorano attraverso questo modello, dettagli concreti, come la vicinanza della sala da pranzo con servizi igienici, mancanza di privacy nelle docce, o le celle anguste, con il risultato evidente di riuscire ad informare il lettore [il giocatore] in modo tangibile.
Un pezzo d’autore, da imitare, che dimostra la profondità della capacità dei videogiochi, dei newsgames, come elemento di narrazione ed approfondimento della notizia.
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