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Il documentario “La Zuppa del Demonio” vi fagociterà

Creato il 13 settembre 2014 da Masedomani @ma_se_domani

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Ho visto un documentario. Ho visto un vero documentario in cui il regista si è fatto un mazzo nel cercare, visionare, scegliere, montare e dare vita ad un film che fosse unico, nuovo, intrigante e interessante. “La zuppa del demonio” è un gran bel lavoro, è un ottimo documentario, è un’incredibile lezione sotto più punti di vista.

Il lavoro di Davide Ferrario è prima di tutto un tuffo nella storia d’Italia: gli eventi narrati sono molti ma, con il sorriso e con acume, il regista ci ripropone un secolo di italianità. Il 1900 con la sua crescita industriale, con il suo boom economico, con la sua crisi negli anni ’70. Rivediamo tutto. Ma la cosa più incredibile è la rinfrescata di storia del costume e della società che facciamo in soli 80 minuti.

G M-Motore DL6512 – Torino, 1941. Operai e dirigenti dello stabilimento torinese posano davanti al Motore DL6512 costruito dalla Fiat Grandi Motori di Torino (Foto dal Centro Storico e Museo Fiat)

G M – Motore DL6512 – Torino, 1941. Operai e dirigenti dello stabilimento torinese posano davanti al Motore DL6512 costruito dalla Fiat Grandi Motori di Torino
(Foto dal Centro Storico e Museo Fiat)

“La zuppa del demonio” è un intenso viaggio nelle abitudini, nel linguaggio, nella promozione d’idee, attività, prodotti che hanno contribuito a rendere il Paese quello che è oggi, con la gente come la vediamo ogni giorno, e a creare quel modo “all’italiana” di cui tanto si sente parlare fuori dai confini nazionali. I fatti trasudavano le migliori intenzioni, le conseguenze invece sappiamo quanto siano state disastrose (ne stiamo pagando il prezzo), ma oramai è tardi.

L’Italia che credeva nel progresso come fonte di benessere, l’Italia che ha investito nella Fiat, nell’Italsider, nell’Olivetti e in tante altre aziende che hanno oggettivamente dato da mangiare a migliaia di persone, che hanno riqualificato e dato un futuro a molti poveri diavoli che uscivano da una guerra e a molte città distrutte. Torino, Ivrea ma non solo al nord, come dimenticare Taranto o la Sicilia?

 INCONTRO CON LA OLIVETTI 2 – da “Incontro con la Olivetti” di Giorgio Ferroni.  Ivrea, 1950. Operaie al montaggio macchine da scrivere nello stabilimento Olivetti di via Jervis  (Fotogramma dall’Archivio Nazionale Cinema d'Impresa)


INCONTRO CON LA OLIVETTI – da “Incontro con la Olivetti” di Giorgio Ferroni.
Ivrea, 1950. Operaie al montaggio macchine da scrivere nello stabilimento Olivetti 
(Fotogramma dall’Archivio Nazionale Cinema d’Impresa)

Gente che ha creduto nella crescita della propria nazione, della propria persona, della propria famiglia. Non si può darle torto se si è bevuta, anzi imbevuta, di ideologie e idee che solo oggi, a posteriori, sappiamo essersi rivelate controproducenti. E non possiamo biasimare le persone che hanno creduto e contribuito a creare un benessere che ha favorito soprattutto gli imprenditori.

Alcuni fotogrammi ci fanno sorridere, la scelta lemmatica dei filmati di auto-promozione delle varie industrie dell’epoca è strabiliante, ci sorprende, ma alla fine ci lascia l’amaro in bocca. L’istinto ci induce a domandarci “davvero quei matti dei nostri avi hanno creduto a tante fandonie?”, poi, però, ci fermiamo e in pochi secondi ci rendiamo conto che prima, durante e dopo una guerra probabilmente saremmo stati tra i fessacchiotti pronti a credere a qualsiasi slogan creativo.

DONNA CON SECCHIELLI – da Carosello Moplen,1966 (Fotogramma dall’Archivio Nazionale Cinema d'Impresa © Fondo Edison)

DONNA CON SECCHIELLI – Da Carosello Moplen,1966
(Fotogramma dall’Archivio Nazionale Cinema d’Impresa © Fondo Edison)

“La zuppa del demonio” ha pure un nobile corredo: Ferrario ha chiamato due narratori di eccezione per far rivivere versi di sommi autori del ‘900 che commentavano la realtà, che vedevano con occhi lucidi la propaganda di un’utopia. I filmati d’epoca hanno quindi  un accompagnamento sonoro e Walter Leonardi e Gianni Bissaca che danno nuova eco a Marinetti, Buzzati, Olmi, Bocca, Calvino, Rea, Pasolini e molti – molti – altri.

Il risultato è un documentario avvincente, fuori dagli schemi delle solite interviste e delle pompose spiegazioni soporifere, con una scelta musicale attenta, che si è meritato di debuttare nella prestigiosa cornice di Venezia71.
Ora è il nostro turno di dire in coro… bravo!

Vissia Menza

Nota: domani, 14 settembre, alle ore 18.00, l’autore Davide Ferrario incontrerà il pubblico del cinema Centrale di Milano.


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