Australia, contea di Wirrawee. Nella campagna vicino Melbourne la vita scorre lenta e monotona, ma otto ragazzi hanno trovato un modo di sconfiggere la noia che li assale ogni estate: una gita nella natura selvaggia del bush australiano. Macchina, bagagli, tende, provviste: è tutto pronto. La loro destinazione è Hell, un paradiso chiamato Inferno, una radura luminosa e isolata che sarà la loro casa per una settimana. Davanti al fuoco a raccontarsi storie, a scambiarsi i primi baci e leggere classici di altri tempi, i ragazzi non sanno che al ritorno la loro vita non sarà più la stessa. Le case vuote, gli animali domestici morti, un'aura di desolazione che avvolge ogni cosa. L'Australia è stata occupata da forze militari sconosciute e i civili sono scomparsi, costretti in enormi prigioni all'aperto: tra i detenuti ci sono i genitori, i fratelli e le sorelle. Sconfitte la paura e l'incertezza, l'angoscia e la fragilità, i ragazzi sceglieranno di combattere per riprendersi il proprio avvenire, sapendo che l'unica possibilità di salvezza è nelle loro mani.
La Recensione
Il domani che verrà è il primo volume di un'eptalogia scritta negli anni Novanta da un autore australiano, recentemente tradotta e stampata in Italia da Fazi, probabilmente per seguire la cresta dell'onda dovuta alla trasposizione cinematografica che uscirà a breve.
Nello scrivere la recensione, come al solito, terrò in conto il target cui il libro è rivolto: non si tratta, infatti, di una serie distopica cruda e violenta, ma di una saga per ragazzi che, proprio a causa del target che l'autore si è imposto, resta molto al di sotto delle sue possibilità non riuscendo a imporsi sul pubblico di una certa età.
L'ambientazione è chiaramente tratta dal Signore delle Mosche: alcuni adolescenti appartenenti a diverse tipologie sociali delle campagne australiane (dai figli dei proprietari terrieri alla borghesia cittadina), in seguito al loro rientro da un avventuroso campeggio di cinque giorni nelle profondità di una gola comunemente conosciuta come l'Inferno, scoprono di essere tra i pochi rimasti a piede libero della regione del Wirrawee; durante la loro assenza, infatti, è scoppiato un conflitto non meglio specificato (l'autore non identificherà mai il paese invasore), e la quasi totalità della popolazione -recatasi proprio in quei giorni alla manifestazione più importante dell'anno, il giorno della Commemorazione- è stata tratta in prigionia da un vasto esercito che ha occupato città e campagne.
Per Ellie Linton, la protagonista, e Lee, Homer, Corrie, Kevin, Fi, Robyn, e successivamente Chris, è il rito di passaggio verso la maturità: abbandonati a se stessi, gli otto ragazzi dovranno imparare a sopravvivere da guerriglieri in un regime militare che ha sovvertito la tranquillità della loro pacifica regione di campagna.
Il romanzo ha numerose pecche e alcuni punti forti; comincerò da questi. Quasi tutti i protagonisti non si trasformano immediatamente da studenti liceali in guerriglieri: sono infatti ragazzi cresciuti nelle campagne australiane, in grado di esplorare e scalare, lavorare la terra, allevare il bestiame, usare armi da caccia e guidare mezzi pesanti. Alla luce di ciò, alcune delle loro coraggiose azioni di guerriglia che in un altro contesto risulterebbero stonate acquistano coerenza. Non si creda però che in questo primo volume tali azioni abbondino, perché è prevalentemente di preparazione.
L'ambientazione, dunque, è convincente e coerente: non pesa l'assenza di tratti che descrivano e determinino il conflitto (come d'altronde accadeva nel Signore delle Mosche), perché al centro della storia sta la formazione degli otto ragazzi, costretti a crescere prima del previsto, a prendere decisioni che nemmeno un adulto saprebbe prendere, e ad affrontare senza una guida matura una tragedia spaventosa che nessuno avrebbe mai previsto. I ragazzi si comporteranno come meglio possono per cercare di sopravvivere, sbagliando e rimediando, fino a giungere al finale aperto e che lascia il lettore in uno stato di tensione nell'attesa del prossimo volume.
Com'è chiaro, dunque, il romanzo dovrebbe concentrarsi sui timori dei personaggi, i loro sensi di colpa (saranno costretti a uccidere), le loro speranze, i loro tentativi di ricostituire una società d'equilibrio sul filo del rasoio in cui sono stati catapultati. Purtroppo Marsden ha una prosa abbastanza sciatta e banale, che solo in pochi casi riesce a rendere l'angoscia della situazione. La prospettiva interna (la narrazione è condotta in prima persona dal punto di vista di Ellie) che avrebbe dovuto supportare l'autore nella precisione dei sentimenti della protagonista, non solo li espone superficialmente, ma restituisce ancora più aridamente quelli dei personaggi che la circondano.
Un esempio su tutti: nella prima parte del romanzo, la protagonista e Corrie (di cui stanno visitando la casa in cerca di tracce di vita) si imbattono in un messaggio che il padre era riuscito a lasciarle.
Ci guardammo per un attimo, poi ci abbracciammo strette, piangendo, e corremmo a raggiungere gli altri.L'autore, con questa sterile cronaca delle loro azioni, non rende per nulla la tensione accumulata, l'emozione del ritrovare il biglietto, la tristezza del leggere le parole del padre di cui non si conosce la sorte. Esaurisce tutte le loro reazioni riportando brevemente come si comportano. E' una mancanza che ritorna in tutto il romanzo: c'è una tragedia spaventosa in atto, qualcosa che nessuno sa come affrontare e a cui nessuno potrebbe mai essere stato preparato. I personaggi di Marsden dovrebbero annegare nelle emozioni, travolgendo e frastornando il lettore; invece, al contrario, spesso risultano laconici, escludendo la compartecipazione del lettore. Si noti per esempio le nascenti storie d'amore tra Ellie e Lee, o tra Homer e Fi: Ellie, inizialmente, è attratta sia da Lee (che la attira perché affascinante e mentalmente superiore a chiunque conosca) che da Homer (fisicamente sensuale), ma basta poco perché si renda conto che verso il secondo il sentimento è superficiale in quanto lo identifica in una gelosia poiché l'amico è a sua volta attratto (e ricambiato) da Fi. Ma il sentimento verso Lee, così com'è reso dall'autore, è altrettanto superficiale e senza ragione di esistere. Siamo ben lontani da una caratterizzazione efficiente di una storia d'amore. Non escludo però che questo aspetto venga ripreso e approfondito nei libri successivi.
Altro elemento che, inevitabilmente considerato il target, rende il libro inadatto a chi ama il realismo, è l'assenza di violenza e crudezza: mancano descrizioni vivide della tragedia in atto: i cadaveri, le case sventrate, le ferite e gli assassini, tutto viene smussato e addolcito.
Tirando le somme: il mio giudizio (tre stelle) è giustificato dal senso del romanzo: un libro adatto a finire sui banchi di scuola (così com'è stato), privo di forti tinte ideologiche, scevro da forti episodi di violenza e drammaticità. Ha qualcosa del Signore delle Mosche di William Golding e de L'ombra dello scorpione di Stephen King, ma manca del solido impianto ideologico del primo (di cui rovescia il presupposto pessimistico di non confidare nei giovani) e della cruda violenza del secondo (in cui, pure, erano presenti protagonisti di giovane età tra i sopravvissuti, ma di tutt'altro tenore). Tuttavia si lascia leggere volentieri e fa presagire un miglioramento nei volumi a venire.
La saga Tomorrow Series:
- Il domani che verrà, 2011 (Tomorrow, When The War Began, 1993)
- The Dead Of The Night (1994)
- The Third Day, The Frost (1995)
- Darkness, Be My Friend (1996)
- Burning For Revenge (1997)
- The Night Is For Hunting (1998)
- The Other Side of Dawn (1999)
Articolo di Sakura87
Dettagli del libro
- Titolo: Il domani che verrà
- Titolo originale: Tomorrow, When The War Began
- Autore: John Marsden
- Traduttore: Arnone C.
- Editore: Fazi
- Data di Pubblicazione: 2011
- Collana: Lain
- ISBN-13: 9788876250804
- Pagine: 250
- Formato - Prezzo: Brossura - 14,90 Euro