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Il dominio

Creato il 27 ottobre 2010 da Bruno Corino @CorinoBruno

Castello Mazzarino  XII secolo
Del dominio non possiamo dare alcuna definizione in quanto il  dominio è pura forma. Inteso come tale, il dominio non è una “sostanza”, ma è puro spazio: il dominio non è una proprietà intrinseca all’essere sociale, ma uno spazio (sia pure in senso metaforico), entro cui si hanno determinate relazioni tra elementi specifici. La costruzione dell’oggetto di indagine avviene all’interno di uno “spazio puro”, e questo “spazio”, entro cui l’oggetto si definisce, è lo spazio del «dominio». Non esiste una definizione che, per quanto estensiva, sia capace di contenere tutte le forme di dominio o tutti i modi attraverso cui esso si esercita e si manifesta. Un concetto non è una sostanza di cui possiamo descrivere empiricamente le caratteristiche, esso è un costrutto mentale di cui tracceremo gli elementi differenziali e le reciproche relazioni che si stabiliscono tra loro. La forma, scrive Luhmann, è forma di una distinzione. Anche la forma del dominio include in sé una distinzione: se parliamo di dominio in quanto forma includiamo una posizione, un ruolo e un “soggetto dominante”, da un lato, e una posizione, un ruolo, un “soggetto subordinato”, dall’altro. Quindi, il concetto di dominio esprime una “relazione complementare”, nel senso in cui è stato teorizzato dalla “pragmatica della comunicazione” di Watzlawick, Beavin, e Jackson. Non si ha pragmaticamente dominio senza una “relazione complementare”: «Nella relazione complementare si hanno due diverse posizioni. Un partner assume la posizione che è stata descritta in vario modo come quella superiore, primaria o one-up, mentre l’altro tiene la posizione corrispondente: inferiore, secondaria o one-down».

Pertanto, il problema che bisogna risolvere è capire in base a quali criteri un determinato gruppo o soggetto si trova nella posizione one-up e un altro gruppo o soggetto nella posizione one-down. Per risolvere questo problema, occorre selezionare gli “elementi differenziali” in base alle quali si assegna a un soggetto la posizione superiore e a un altro quella inferiore, e analizzare le relazioni che si producono tra loro. Un altro problema che si presenta è quello di spiegare la stabilità del dominio, la sua durata e la sua intensità. Anziché allora tentare di fornire una qualsivoglia definizione, che risulterebbe in ogni caso incompleta e imprecisa, è più opportuno cominciare a selezionare gli elementi differenziali della forma del dominio. Per compiere questa operazione, ci serviremo di un esempio molto semplice: “Il castello domina la vallata”. L’esempio scelto è significativo, poiché in presenza di oggetti materiali, non ha senso usare il termine “dominio” come equivalente a quello di potere. Sebbene, in entrambi i casi, è evidente che usiamo un linguaggio figurato – nell’esempio non è certo il castello a dominare/controllare la vallata, ma chi osserva da quella posizione – tuttavia sarebbe improprio sostituire il termine dominio con quello di potere. Ciò ci fa comprendere, senza ancora capirne la ragione, che il primo termine è più estensivo del secondo. Invece, potremmo usare il termine “controllare” come sinonimo del termine “potere”, cioè se il castello domina la vallata, allora i suoi abitanti hanno il “potere” di controllare coloro che stanno nella vallata.

Il castello è un luogo geografico la cui altezza rispetto al territorio conferisce al suo osservatore un “potere di controllo”; dunque, è la sua posizione geografica a dare all’osservatore un dominio sul territorio. Quindi, la posizione geografica rispetto al territorio è la risorsa del dominio, cioè ne è un elemento. Il potere di esercitare un controllo è un’azione che dipende dalla posizione del castello: infatti, coloro che dispongono di questa risorsa hanno il potere di esercitare un’azione di controllo, la quale può avere determinate forme, ad esempio imporre qualcosa a qualcuno: quindi, in tanto si può esercitare un’azione di potere in quanto si ha una posizione di dominio, cioè una risorsa. Il potere è l’azione che si esercita in base ad una risorsa del dominio. Quindi, definiamo il potere come un altro elemento del dominio.

Il rapporto di relazione tra il castello, la sua altezza, l’azione o il potere di controllo e il suo territorio si configura come un rapporto inteso in senso “spaziale”. Ora, ciò che pone il castello in una posizione dominante non è soltanto il luogo, bensì la forza architettonica e militare che esso imprime a quel luogo. La fortezza è ciò che dà stabilità e durata al potere di controllo. Se la vallata è l’oggetto su cui il potere si esercita, il castello rappresenta l’istituzione duratura. Per analizzare la pura forma del dominio non dobbiamo tener conto del luogo geografico in cui il dominio si esercita, ma considerare soltanto lo “spazio” che dà forma al dominio. Analizzando la forma di dominio abbiamo circoscritto un “campo di relazioni”. In altri termini, se vogliamo parlare di dominio, sotto qualsiasi forma esso si presenta, abbiamo bisogno di queste quattro condizioni: una risorsa da cui il dominio trae origine (nell’esempio del castello, è la sua posizione), un contenuto di potere attraverso il quale il dominio si esercita (nel nostro esempio, il contenuto del dominio è il potere di controllo del territorio); un’istituzione (il castello) che dà durata al dominio e un oggetto su cui il dominio si esercita (la vallata). La forma di dominio presenta queste quattro condizioni o elementi. Ecco perché diciamo che analizzare il dominio in sé o dare di esso delle definizioni generiche senza scomporlo nei suoi elementi non ha senso. Quindi, ogni forma di dominio che andremo ad analizzare presenterà sempre questi quattro lati. Tuttavia, questi quattro elementi sono l’uno in funzione dell’altro, cioè il dominio nel suo esercizio concreto non ha una forma indifferenziata, ma si presenta sempre in una particolare forma specifica. Per riprendere l’esempio del castello, la forma specifica della sua posizione nei confronti della vallata è in relazione con il potere di controllo: la posizione conferisce al castello questa forma specifica di potere, cioè l’edificio ha dovuto sfruttare questa condizione per esercitare un’azione di controllo. Ciò non toglie che il castello possa svolgere anche altre funzioni, quale ad esempio quella di difesa o di fungere come luogo di residenza regale. Questo discorso vale per ogni apparato istituzionale. L’istituzione allora non assolve soltanto ed esclusivamente una sola funzione, ma ne può rivestire anche altre. Tuttavia, se in determinate circostanze si rende necessario potenziare quella determinata e specifica forma di dominio al fine di preservare l’ordine sociale, perché magari l’oggetto di dominio è sempre più difficile da “controllare”, allora essa diventa prioritaria e assoluta su ogni altra funzione, cioè le altre funzioni diventano funzioni di quella dominante. Quando ciò accade, allora possiamo dire che siamo passati da una forma di dominio a una vera e propria funzione di dominio.

La risorsa. La risorsa è ciò che conferisce ai soggetti la posizione dominante e quella subordinata, l’assegnazione dei ruoli all’interno di una determinata forma di dominio. Due soggetti sono in una posizione complementare perché diversa è la loro rispettiva posizione rispetto a una risorsa: chi detiene la risorsa domina, chi ne è escluso è dominato. Quindi, ne possiamo dedurre che è la risorsa ad assegnare a un soggetto la posizione dominante e all’altro quella subordinata: se, ad esempio, la risorsa è la forza fisica, allora vuol dire che chi ne è in possesso domina e chi ne è sprovvisto si sottomette. Nello scontro tra due corpi a dominare sarà il più forte: l’altro si sottometterà perché si riconoscerà più debole. Ma la sola forza fisica non ha il dono dell’eternità. Nella relazione reciproca fra due corpi il rapporto si può continuamente rovesciare. Il più forte potrà diventare il più debole. Il rapporto si rimette continuamente in gioco. La relazione tra i due corpi è precaria, poiché la risorsa detenuta da uno dei due soggetti, quella che assegna la posizione dominante, non è inesauribile. Essa diventa tale quando si “istituzionalizza”, cioè s’incorpora in una istituzione duratura. Quando questa trasformazione avviene allora anche la forma di dominio avrà una durata stabile.

L’istituzione. L’istituzione è lo strumento del dominio, nel senso che è ciò che garantisce stabilità alla sua forma. Anche in natura possiamo osservare forme di dominio, in quanto esistono animali che condividono lo stesso spazio, ma queste forme non si traducono in forme di socievolezza in quanto fra le due posizioni il momento del reciproco riconoscimento non si istituzionalizza. Nella relazione immediata la posizione dominante è precaria. In questo tipo di relazione vale il principio di reciprocità, e quindi di reversibilità, invece, nella relazione istituzionalizzata il principio della reciprocità viene bloccato, per cui la relazione diviene asimmetrica e irreversibile. L’istituzionalizzazione della risorsa garantisce il blocco del principio della reciprocità e quindi trasforma una relazione simmetrica in una relazione asimmetrica. In termini generali, nessun soggetto si trova da solo nella condizione di garantire la stabilità del dominio, tutto dipende da un “Terzo” istituzionalizzato in grado di garantire la asimmetria della relazione di dominio. Solo in presenza di questo “Terzo” istituzionalizzato la relazione simmetrica si trasforma in un evento di durata stabile, se così non fosse non potremmo parlare di società. Quindi, la posizione dominante e quella subordinata prese nella loro immediatezza sono precarie e contingenti, invece, mediate da una istituzione acquistano una loro stabilità. Infatti, se un soggetto fosse in un momento nella posizione dominante e un altro in quella subordinata, il dominio non si potrebbe concepire come una forma sociale duratura. Perciò, l’istituzione rappresenta il “valore supremo” nella forma di dominio rispetto alla posizione che un soggetto occupa rispetto all’altro, perché è l’istituzione che garantisce la stabilità delle rispettive posizioni, ossia la loro impossibilità ad essere reversibili: senza la presenza dell’istituzione che incorpora, accumula e organizza la risorsa del dominio le rispettive posizioni sarebbero entrambe instabili. I gruppi sociali dominanti hanno pertanto tutto l’interesse a rafforzare e consolidare le istituzioni, perché ciò serve ad organizzare e accumulare la risorsa del dominio, attraverso la quale è possibile esercitare un’azione specifica di potere su un oggetto determinato.

L’azione del potere. Il potere, come abbiamo visto, è precisamente l’azione attraverso la quale si esercita il dominio: costringere, imporre, proibire, far fare, dire, convincere, ecc. sono tutte azioni che per essere effettuate hanno bisogno di una determinata risorsa. La risorsa è ciò che permette un’azione di potere su un oggetto. Ma la matrice di ogni espressione di potere è il potere di controllo. L’istituzione che esercita un dominio ha il potere di far fare (o di non far fare) qualcosa a qualcuno in virtù della risorsa incorporata.

L’oggetto. Ma il dominio è sempre diretto su qualcosa, ossia si esercita sempre su un oggetto specifico. Neanche questo può essere generico, altrimenti selezionare e accumulare la risorsa necessario per dominarlo diventa un compito improbabile. L’oggetto è specifico così come lo sono la risorsa, l’azione di potere e l’istituzione. Pertanto, i gruppi sociali che vogliono esercitare una determinata forma di dominio su altri gruppi alfine di ottenerne dei vantaggi, si devono anch’essi specializzare e attrezzare nell’accumulare una particolare risorsa, e le loro azioni, nonché le altre risorse ed istituzioni devono essere finalizzate e subordinate all’accumulo di questa particolare risorsa. Quando ciò avviene possiamo dire che una particolare forma si trasforma in una funzione di dominio.


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