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“Il dono più bello”, racconto di Natale di Cristina Biolcati

Creato il 21 dicembre 2014 da Alessiamocci

Carissimi lettori, ecco in esclusiva per voi un racconto sul Natale, “Il dono più bello“, scritto dall’autrice Cristina Biolcati

 

C’era una volta una famiglia che viveva in una modesta casetta, al limitare del bosco, e che godeva dei prodotti della terra. Il padre era un uomo alto e robusto, faceva il falegname e andava a vendere i suoi manufatti giù al paese. La madre era una donna esile e sempre un po’ pallida,  allevava  galline e ricavava quel poco che bastava per vivere dalla vendita delle uova. Sally era la loro bambina, una piccoletta di dieci anni, con le guance paffute e sempre arrossate. La particolarità che la rendeva nota in paese, erano i suoi capelli lunghissimi, del colore del grano. Sally, nei pochi anni della sua giovane vita, non aveva mai voluto tagliarli, e la mamma l’aveva assecondata. Andava molto fiera della sua chioma, e la curava in maniera particolare. Non che desse ogni sera i classici “cento colpi di spazzola” consigliati dalle nonne, questo no, perché lo aveva capito che simili capelli andavano preservati e non stressati. La mamma glieli spazzolava spesso e con cura, e ogni tanto era disposta anche a sacrificare qualche uovo, pur di fortificare il cuoio capelluto della figlia.

Natale era vicino, la neve iniziava a cadere e i genitori erano preoccupati. Il padre era stato a lungo malato, e aveva lavorato meno rispetto agli anni precedenti; mentre le galline, pareva si fossero messe d’accordo, avevano fatto poche uova. Mancavano dunque i soldi per fare i regali.

I genitori avevano sempre escogitato di tutto affinché Sally potesse essere come gli altri bambini e non si dovesse vergognare della loro condizione d’indigenza. Con grandi sacrifici le avevano comperato un berretto e una sciarpa, rossi, cosicché potesse andare a scuola e stare calda durante il tragitto, e poi un cappotto di lana e degli scarponcini. Meritava tutto, quella figlia. Da quando era venuta al mondo non si era mai lamentata, né aveva chiesto nulla. Però la mamma lo sapeva che anche lei avrebbe desiderato le cose che avevano le sue amiche: bambole, giocattoli, oggetti che tutti i bambini dovrebbero possedere. La mamma era una brava sarta e le cuciva sempre dei bei vestiti, con le stoffe in saldo che trovava al mercato. E con i pezzi avanzati, aveva fatto a Sally una bellissima bambola, che la bambina aveva chiamato Beatrice. Come la musa di Dante, che aveva studiato a scuola.

Dal canto suo, anche la piccola avrebbe voluto fare dei regali ai suoi genitori per Natale. Si era accorta che la mamma, nonostante i vari rammendi, aveva i guanti tutti bucati; e che il padre possedeva un berretto troppo leggero. Inoltre, quando i nonni venivano a prendere il tè da loro, il servizio di tazze era tutto sbeccato. “Eh sì” pensava tra sé “la mia famiglia avrebbe proprio bisogno di queste cose”.

Il giorno seguente, Sally andò con il padre nel bosco, a scegliere l’albero. La bambina seguiva il genitore che, sicuro di sé, le faceva strada con l’accetta in mano. Sally si divertiva a mettere i suoi piccoli piedi nelle impronte che il padre lasciava nella neve. Ad un tratto, trovarono un abete alto, ma non troppo, e robusto abbastanza per essere trasportato.

«Direi che questo è perfetto» esclamò l’uomo con il suo vocione squillante.

«Sì, papà» echeggiò Sally, entusiasta.

Con qualche possente colpo d’ascia, sapientemente assestato, l’albero cadde a terra. Il padre lo trasportò fino alla loro casetta, mentre Sally gli trotterellava dietro, fingendo di aiutarlo a sollevare la cima. Una volta dentro, lo posizionarono vicino al camino. La mamma aveva già preparato gli addobbi, molti dei quali da lei stessa confezionati, con le stoffe in avanzo. Sally amava quel momento. Scartare le palline, ordinatamente riposte e avvolte nella carta di giornale dell’anno precedente, e ritrovare, ad una ad una, quelle che più le piacevano. In particolare, ce ne era una che raffigurava un Babbo Natale sorridente, a bordo della sua slitta, con le renne poste tutte in fila, pronte per partire. E un’altra, non troppo grande, a forma di pettirosso, con un po’ di neve sul capo e sul rametto che faceva da piedistallo. Quel pettirosso, lo aveva da quando la nonna glielo aveva regalato per il Natale dei suoi quattro anni. Lo aveva chiamato “Cip”, come l’uccellino di Heidi, nel cartone animato.

La famigliola dispose gli addobbi sull’albero, e per ultimo, dei fili lucenti e una stella. Ecco, quell’abete che brillava accanto al camino acceso, non aveva nulla da invidiare a quelli che si trovavano nelle abitazioni dei ricchi, anzi, era molto più bello. A Natale quella casetta, ai limiti del bosco, diventava calda e accogliente, perché l’amore che vi regnava e il prodigarsi l’uno per l’altro, colmava ogni mancanza.

Giunsero le vacanze di Natale. La neve caduta nel bosco ora era alta, e si faceva fatica a camminare. Il padre si era costruito delle ciaspole, per poter raggiungere il paese. Sally rimaneva a casa con la mamma a fare torte e biscotti da regalare ai loro conoscenti. E come fosse un rito, la mano rassicurante della mamma, prima di addormentarsi,  pettinava sempre i suoi capelli, dolcemente, per non farle male. Con lei, l’inseparabile Beatrice, alla quale la bambina raccontava tutti i suoi desideri.

«Ora so cosa devo fare» disse una sera Sally a Beatrice, mentre riponeva sul comodino il libro di “Piccole donne” che le aveva regalato la mamma. «Andrà tutto bene, vedrai», aggiunse poi.

La candela si spense, mentre la notte inghiottiva la stanza e il volto dipinto della bambola, coi bottoni al posto degli occhi, rimase a fissare il soffitto, in segno di approvazione.

La vigilia di Natale il padre lavorò ad una nuova panchina per accogliere i nonni; mentre la madre fece altri biscotti da portare alle amiche. Sally prese la slitta, come faceva nei giorni di neve, per andare a scuola, e chiese se poteva andare a trovare la sua amica Patty, per scambiarsi gli auguri di Natale.

«Non ci sarà troppa neve?», aveva obiettato papà.

«Non più di quanta ce ne sia quando va a scuola” aveva risposto la mamma che, contenta che la sua bambina coltivasse amicizie, le preparò un piccolo incarto con dentro dei biscotti al cioccolato.

«Piaceranno a Patty» le disse fiduciosa.

Dopo aver ringraziato la madre, Sally partì con la slitta, complice il padre che gliela aveva preparata in cima al pendio, in direzione del paese. In pochi minuti, l’uomo non vide altro che un puntino rosso che sfrecciava giù per la montagna.

La giornata trascorse nei ferventi preparativi del Natale. La mamma aveva ideato un menù speciale per accogliere i nonni, anche se purtroppo aveva dovuto sacrificare la sua gallina più vecchia. L’uccisione degli animali, al solo scopo di sopravvivenza, era l’unica “mattanza” che ella riuscisse ad approvare. Seppur con le lacrime agli occhi, sapeva che la sua bambina aveva bisogno di proteine per crescere. Non c’era altra alternativa.

Prima che facesse buio, Sally tornò. Naturalmente, il percorso a ritroso aveva dovuto farlo a piedi, trainando la slitta in salita. La bambina sembrava intirizzita, ma contenta. Durante la cena si mise un caldo pigiama e una cuffietta da notte, tanto era il freddo che si era buscata.

La mamma la lasciò fare, così come quando Sally si addormentò e andò dritta a letto, senza farsi nemmeno spazzolare i capelli.

«È tanto stanca” sussurrò al padre che la stava portando in braccio, su per la scala.

«Sì» rispose l’uomo alla moglie «la nostra vita è molto dura, specialmente per una bambina della sua età».

Il mattino seguente era Natale. La mamma si alzò di buon’ora, mentre il padre era già fuori a spaccare la legna per il camino. Aveva nevicato di nuovo, e la neve aveva coperto le tracce che la famigliola aveva lasciato il giorno precedente. La casa sembrava immersa in una nuvola soffice e ovattata, dove anche i rumori venivano attutiti. Presto sarebbero arrivati i nonni, approfittando del passaggio che dava loro il vecchio Sem, il quale gestiva un emporio al paese e possedeva un gatto delle nevi. Sem era amico del nonno da molto tempo, e ogni anno a Natale si offriva di scortarlo su alla casetta, spianando così la strada per il ritorno all’anziana coppia. Era bello festeggiare il Natale coi nonni, ma il loro arrivo rompeva quel magico momento, fatto di silenzio ed intimità.

Mentre stava per mettere a bollire il bricco del latte, la madre decise di dare un’occhiata all’albero. Non si sa mai che, durante la notte, avesse perso degli aghi dai rami. Invece l’albero era bello e trionfale, proprio al centro del salotto. La madre guardò meglio, e vide che sotto a quell’abete giacevano tre pacchettini colorati. Tre regali.

Subito si portò una mano alla fronte, e non riuscì a trattenere un grido, anche se soffocato. Arrivò il padre, tutto trafelato, con i capelli pieni di neve e le mani rosse per il freddo.

«Che succede?» le chiese.

«I regali» rispose la madre, indicando i pacchetti, «sei sempre così caro!», aggiunse poi.

La faccia del padre si fece incredula, come se li vedesse per la prima volta.

«Non sei stato tu?» chiese la madre, che iniziava a comprendere tante cose.

Il frastuono, nel frattempo, aveva svegliato Sally. La bambina se ne stava seduta in cima alla scala, con il pigiama e la sua cuffietta da notte e li guardava divertita. Entrambi i genitori alzarono lo sguardo e chiesero, all’unisono:

«Tu ne sai qualcosa?».

Gli occhi della bambina si illuminarono.

«Be’» rispose, «dato che sono lì, tanto vale aprirli».

Una stretta al cuore colpì i due genitori. Nei pacchetti trovarono un paio di guanti celesti per la mamma, di lana morbida, e un berretto caldo per il padre. In quello più grande, un servizio da tè per sei persone, di ottima porcellana, decorato con fiori delicati.

«Buon Natale!» esclamò la bambina, che corse ad abbracciarli. In quell’abbraccio, la madre si sciolse in lacrime, soprattutto perché aveva capito.

«Hai venduto i tuoi capelli per noi?» le chiese mentre, con tutta la dolcezza del mondo, le toglieva la cuffia da notte e ne aveva la conferma.

«Sally, perché hai fatto questo? Noi non abbiamo niente per te…» e mentre lo diceva, il padre dovette sedersi, come se avesse assistito a qualcosa di troppo grande da sopportare.

«Oh non è vero» rispose la bambina con la sua solita allegria. «Voi mi avete dato tutto questo».  E si guardò intorno. I suoi occhi si soffermarono sul fuoco del camino, e indugiarono in direzione dell’albero.

«Mi avete dato il Natale», dichiarò con decisione. E un istante dopo corse in un angolo del salotto a giocare con Beatrice, in attesa dell’arrivo dei nonni.

Forse il vero miracolo della vita è dato proprio da quella spensieratezza che solo i bambini possono avere, anche se messi di fronte al sacrificio più costoso. La semplicità con cui sanno fare grandi cose.

Il padre uscì a tagliare la legna col suo berretto caldo in testa; la mamma infornò i biscotti, preparando con cura il servizio nuovo da tè per servire i nonni. In breve, un profumo di cose buone invase la casa, e tutti furono pronti per quel giorno di festa. Fuori, fra i rami di un albero, un piccolo pettirosso dal capo innevato sbirciava di nascosto la scena.

Cari amici lettori, una favola, specialmente se di Natale, dovrebbe sempre avere una morale. Forse nella storia di Sally e della sua famiglia, ne possiamo cogliere più di una. Ma quello che è importante e che dovreste sempre ricordare, è che quando le persone che si amano si riuniscono, non importa dove o in quale tempo, lì è sempre Natale.

 

Written by Cristina Biolcati

Photo by Rebecca Mais

 


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