Il dopo Bin Laden, il dopo Gheddafi e, quando sarà, il dopo Silvio

Creato il 03 maggio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Siamo convinti che prima della fine fisica, Osama Bin Laden abbia avvertito con una fitta al cuore quella politica. Diciamocelo francamente, dai sommovimenti del Nordafrica il leader di Al Qaeda, capo indiscusso del terrorismo internazionale, si aspettava un bagno di sangue di matrice integralista, un allargamento della sua sfera di influenza, l’instaurazione del regime del terrore sul modello talebano a Kabul. Soprattutto i giovani, però, hanno voltato le spalle alla sua fame di potere “nero” e invece di scendere in piazza invocando il suo nome, hanno preferito urlare “libertà”. E il concetto di libertà, come sappiamo, non ha mai fatto parte del credo osamiano abituato ad imporre le sue idee con altri, chiamiamoli, mezzi. La sconfitta del terrorismo passa attraverso l’affermazione della democrazia e del rispetto dell’altro e, mentre nel caso dell’Afghanistan Bin Laden ha avuto buon gioco combattendo contro chi la democrazia voleva importarla con le bombe, si è ritrovato con un pugno di mosche in mano quando l’idea che si possa essere liberi è transitata attraverso internet e la conoscenza di altri contesti. L’informazione, in questo caso, ha svolto appieno il suo ruolo di “fonte di cultura”, ha aperto orizzonti inimmaginabili fino a ieri, ha spinto centinaia di migliaia di ragazze e di ragazzi a rivendicare maggiori diritti e più opportunità contro regimi feudali abituati ad autoconservarsi e autoriprodursi. È stato il caso della Tunisia prima, dell’Egitto e della Libia poi, della Siria attualmente e perfino l’Iran, gli Emirati Arabi e lo Yemen non stanno meglio. In Siria, addirittura, vige lo stato di emergenza da oltre trent’anni, una specie di coprifuoco che impedisce una vita normale e nel quale qualsiasi gesto inusuale può essere preso come un attentato all’integrità e alla sicurezza dello Stato. Ma Assad e lì, immoto, e nessuno sembra volergli rompere l’anima come invece la Nato e l’America hanno fatto nei confronti del Cojonello Gheddafi (e poi uno dice che s’incazza). Il dopo Bin Laden è quello che la Cia definisce con un eufemismo “reazione”. Ci si attendono attentati e il livello di allarme è altissimo in tutto il mondo. Ma una cosa è certa, l’eliminazione del capo di Al Qaeda segna la disgregazione irreversibile di un intero movimento, chi ne ha preso il posto non potrà che essere ancora più sanguinario e destinato per questa ragione ad avere vita breve. È il destino di tutti i pericoli numero uno, quello di essere sconfitti prima dalla storia e poi dalle armi. Se ne è reso conto anche Gheddafi, che infatti non molla di un centimetro la presa su un popolo che in maggioranza lo vorrebbe appendere a una palma, ma che in minoranza continua ad acclamarlo dopo essere stato lautamente ricompensato. Il denaro e la ricchezza sono stati ininterrottamente gli strumenti principe per avere il potere o per crearselo. Da sempre hanno rappresentato il volano per rivoluzioni, colpi di stato, attentati e mantenimenti di status quo perché immenso è il loro fascino e immensamente insignificanti gli esseri umani che quel fascino subiscono. La storia racconta che Bin Laden per costruire la sua centrale del terrore, e per compiere attentati tanto spettacolari quanto destinati ad incidere nella psiche della gente, abbia effettuato operazioni bancarie degne di un genio della finanza e messo a disposizione prima il suo patrimonio, poi quello di coloro che negli anni lo hanno finanziato. Si dice che gli americani avessero una paura fottuta al solo pensiero di un Bin Laden testimone in un processo, e forse questa è una delle ragioni per la quale hanno preferito consegnarlo al Mar Arabico dopo aver constatato che nessuna nazione ne voleva il corpo. La vita di Osama è ricca di misteri e, anche se molti sono stati svelati, restano in piedi quelli legati ai “rapporti” e alle connivenze internazionali che in tutti questi anni ne hanno garantito la tenuta e finanziato le gesta. Il denaro, dunque, resta al centro della vita pubblica e di quella privata, con la sua forza di “convinzione” che va al di là di qualsiasi carisma. Resta il dopo Silvio? Beh, se non lo avete capito rileggetevi il post.

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