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Il dottor Babbarabbà, gli òrapi ed altri misteri ciociari (parte I)

Creato il 25 luglio 2014 da Cultura Salentina

Il dottor Babbarabbà, gli òrapi ed altri misteri ciociari (parte I)

25 luglio 2014 di Pierluigi Camboa

Il dottor Babbarabbà, gli òrapi ed altri misteri ciociari (parte I)

L’orapo, ovvero lo spinacio selvatico (@Wikipedia)

“Per trovarmi in un luogo comune non ho necessità di viaggiare e nemmeno di muovermi: ci arrivo in un istante montando sull’astronave della mia stupidità”

(Il dottor Babbarabbà, “Minestrone con carrube”, Proemio, luglio 2014).

“Chi asino è, ma cervo si crede, al saltar della fossa se ne avvede”.

Mercoledì 2 luglio 2014, ore 17,00. Dopo un inizio d’estate inclemente e piovoso, nel Salento c’era un caldo assurdo, al punto che il dottor Babbarabbà si sentiva come immerso nel girone del fuoco eterno ed, in quella atmosfera da tregenda, si ritrovò a fare penose riflessioni sull’incipiente vecchiaia e sui suoi relativi effetti sul fisico e sulla mente; ad una certa età ineluttabilmente accade, purtroppo, che tutto si rallenti: nel suo caso, però, al bradipsichismo si erano associati pure il “bradigrafismo” e il “pachigrafismo” (neologismi di suo conio usati per descrivere quanto lento e pesante fosse diventato per lui mettere su carta pensieri associati e intelligibili).

Forse – pensava – sarebbe stato utile dedicarsi alla stesura di aforismi ad effetto, come quello citato nel proemio del suo ultimo (ed incompiuto) lavoro, ma poi si sarebbe sentito oltremodo banale, stucchevole, dozzinale… No, molto meglio darsi allo studio ed alla lettura dei classici per colmare le enormi lacune culturali e cercò di adattarsi alla bisogna, ma fu assalito all’improvviso dall’atroce dubbio esistenziale se la cultura fosse figlia della conoscenza o se, al contrario, non fosse piuttosto la conoscenza ad esser figlia della cultura… Oddio, che gran casino! Ci mancava pure una domanda come quella, da un milione di Euro, che sembrava essere stata partorita dallo strampalato (ed affollato) gran bazar farisaico della bacheca di Facebook; già, Facebook e, per associazione automatica, Internet: oh, come ci ha cambiato la vita, Internet! Fino a qualche anno fa, prima della sua esplosione, il dottor Babbarabbà era stato spesso costretto ad usare tutta la sua abilità – per così dire – diplomatica per mascherare le proprie voragini culturali, improvvisando, di volta in volta, qualche avvincente storia ad effetto abilmente partorita dalla sua effervescente fantasia oppure, nei casi in cui riteneva che l’interlocutore fosse stato molto più duro da affrontare, con una delle solite espressioni-salvagente, del tipo “l’avevo dimenticato” oppure “lo sapevo, ma in modo differente”, senza ammettere mai (o quasi mai) la sua abissale ignoranza su taluni (tantissimi) argomenti.

Con il tempo pensò di poter mantenere quella sua assurda vocazione, se non vera e propria sudditanza, nei confronti dell’ignoranza, riponendo totale e cieca fiducia sul prezioso ausilio di Google, al quale si rivolgeva di soppiatto, per accedere a quei tanto misteriosi quanto preziosi X-Files contenenti le nozioni di cui al momento avesse la necessità di sapere; ma si trattava, come diceva il suo maestro di vita Florio Santini e, prima di lui, riferendosi alla TV, il grande Karl Popper, di una realtà finta o, comunque, profondamente mistificata, manipolata con straordinaria e cinica abilità dai poteri forti (sempre più forti) in questa epoca della globalizzazione o dall’anti-cultura accademica basata sull’a priori e spacciata in giro come certezza prefabbricata, “a denominazione d’origine controllata”.
Era, insomma, un somaro vestito a festa, che si esaltava oltremodo quando riusciva a fare una bella figura con i suoi interlocutori, tirando fuori una citazione di Erodoto o Plutarco, oppure di Plauto o Terenzio, senza però ricordare neppure se fossero vissuti prima o dopo Cristo.
Gli era andata bene tante volte, ma un bel giorno, in un apprezzabile rigurgito di auto-coscienza, si rese conto di quanto giusto e veritiero fosse il proverbio che dice: “Chi asino è, ma cervo si crede, al saltar della fossa se ne avvede”. E la fatal fossa gli si interpose sul cammino nel corso del primo viaggio in Ciociaria (27 febbraio 2014), in quello splendido paese collinare di San Donato Val di Comino, proprio al confine con l’Abruzzo e poco distante anche dal Molise e dalla Campania. Motivo del viaggio era l’appuntamento con gli amici (e compagni di bridge) Emilio Cellucci e gentile consorte (Dina Cedrone) ed Angelo Stasolla (ciociaro con moglie magliese, come evidenziato dal cognome inequivocabilmente salentino, Paiano), con i quali il giorno successivo sarebbe partito verso la Garfagnana, nella splendida città bagnata dal Serchio, patria del suo grande, indimenticato amico, Florio Santini, per disputare il “I° Torneo Nazionale di Bridge Città di Lucca”.

Emilio Cellucci, omone dall’animo gentile e dal cuore d’oro, lo aveva informato che a San Donato sarebbe stato suo ospite e perciò il dottor Babbarabbà si industriò a ricambiare quella gentilezza, portando in dono dal Salento qualcosa che – sperava – Emilio avrebbe apprezzato e, per evitare di incorrere in banali errori, andò a cercare su Google tutti i prodotti tipici ciociari, tra i quali venne fuori un’incredibile varietà di formaggi e salumi, oltre a funghi, tartufi, dolci e liquori tipici; forte di queste preziose informazioni, portò con sé una lattina di ottimo olio extravergine del Salento, ad alto contenuto in polifenoli, che riteneva una delle più alte espressioni tipiche (se non esclusive) del Salento…
Il “prezioso” dono fu accolto da Emilio con uno stentato (e del tutto malriuscito) sorriso di circostanza, che non riusciva neppure lontanamente a simulare un’espressione di giubilo… E il dottor Babbarabbà capì ben presto il perché… Angelo gli confidò, infatti, che Emilio era un grande produttore di un eccezionale olio d’oliva extravergine ad altissimo contenuto in polifenoli, che per le sue straordinarie (e davvero uniche) caratteristiche di qualità, è da alcuni anni oggetto di studio da parte dell’Università di Perugia: che autentica figura di m…, ehm ehm, da m…, da “medico babbarabbà DOC”!… I “ragionier Fantozzi” nascono in ogni tempo e in ogni luogo e in quel momento il nostro eroe si sentiva davvero tale, vittima (ma chi è causa del suo mal pianga se stesso) della sua superficialità e della sua boriosa supponenza…

Il tavolo da gioco, nella magica atmosfera del centro storico – quello entro le storiche mura – della città della dolcissima Ilaria del Carretto e del suo fedele cagnolino, riuscì a lenirgli tutto il disagio: all’ottima prestazione di sabato nel torneo a squadre, seguì un ancora più lusinghiero 61,54% (ed undicesimo posto su oltre 150 coppie) di domenica 2 marzo nel torneo a coppie, giocato con Emilio, con il quale, peraltro, nel corso della deliziosa cena di commiato, si accorse di avere straordinarie affinità elettive non solo al tavolo da gioco, ma anche (e soprattutto) a tavola… E fu così che, su insistenza dell’amico ciociaro, si ripropose di ripetere quella sua prima esperienza di viaggio nella successiva primavera, durante la quale avrebbe dedicato un week end (se non un’intera settimana) a un nuovo viaggio turistico, culturale, eno-gastronomico, ricreativo e salutistico (come si conviene ad ogni pensionato di questa terra) e “brigdistico” nell’ancora ignoto territorio della Ciociaria…

Ripartì per il Salento in un ciclico altalenarsi di soddisfazione e vergogna, ma alla fine prevalse la positiva riflessione che dagli errori si acquisisce utile esperienza e che, perciò, nel secondo viaggio non si sarebbe lasciato più prendere in castagna; partì, infatti, dal precetto socratico del “So di non sapere” che segna le profonde fondamenta per una solida costruzione di conoscenza utilizzabile. In altri termini, la ricerca e l’acquisizione di nuovo sapere gli avrebbe permesso di contrastare i luoghi comuni, le illusioni, le pareidolie, la presunzione, la superstizione, il dogmatismo; tale ambizioso traguardo non avrebbe potuto raggiungerlo solo attraverso un processo di trasferimento mediato di conoscenze (e men che meno con Internet), ma con l’acquisizione di “nuovi saperi” immediati, direttamente sperimentati. I risultati di questo progetto di miglioramento continuo delle conoscenze sarebbero stati, per lui, di inestimabile valore pratico, dato che, in quanto fruitore privilegiato di questo sapere nuovo, avrebbe evitato di doversi stupidamente ripetere “Fingevo di saperlo, ma non lo sapevo affatto” ed avrebbe invece potuto esprimermi in uno dei seguenti modi: “Lo sapevo, ma non ne ero certo”, “Lo sapevo, ma solo in parte”, “Lo sapevo, ma in modo differente”, oppure (e per concludere), “Non lo sapevo e non sapevo di non saperlo”…

In quella fase critica della sua esistenza, per prevenire il fatal rincoglionimento tipico del pensionato accidioso e, stanco di ripetere ogni giorno le solite stereotipie, si era finalmente deciso a cambiar vita, a tirar via il culo dal divano e a cominciare a viaggiare per il mondo per sperimentare la realtà in modo diretto, attraverso la percezione dei suoi sensi, per vedere, sentire, toccare, annusare: era ora di farla finita con i luoghi comuni e cominciava l’era dei luoghi… “propri”!…
ropri”!…


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