Lo dico subito: sono favorevole al finanziamento pubblico dei partiti purché smagrito di moltissimo, regolato da una legge che stabilisca quali usi sono consentiti e controllato da vicino dalla corte dei conti e da apposite società. Dunque non sono un “antipolitico” eppure a leggere l’accorata dichiarazione di Alfano, Casini e Bersani secondo cui cancellare il finanziamento sarebbe un errore drammatico e metterebbe la vita politica nelle mani delle lobby, mi viene rabbia e sconcerto.
Innanzitutto perché l’aggettivo drammatico stride e stona con il vero dramma che stanno vivendo pensionati, lavoratori e milioni di famiglie, grazie all’azione di lobby bancarie, confindustriali e finanziarie a cui i partiti non hanno fatto argine, men che meno il Pd che si è fatto scudo della necessità e nel recente passato si è fatto menare per il naso da Marchionne e dalla potentissima lobby Fiat. In secondo luogo perché Alfano è il segretario di un partito – azienda che è di per sé una lobby, così come Casini è un esponente della lobby vaticana, per tacere di Caltagirone.
E’ evidente che usare l’aggettivo drammatico riferito al finanziamento dei partiti, in questi tempi di impoverimento collettivo e di arricchimenti privati, usarla sotto l’infuriare degli scandali, dimostra una totale perdita di sintonia con il Paese e dunque anche un’incapacità di comunicare usando toni e parole che non risultino offensive e controproducenti. Il fatto è che se non è opportuno togliere del tutto il finanziamento pubblico, è inopportuno che siano questi pariti a goderne.