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Il dramma dell’uomo letto attraverso la poesia

Da Agueci

Pubblicato “Scorci di tragedia umana” di Salvatore Agueci

Ho il piacere di presentarvi l’ultimo (in ordine cronologico) dei miei libri al quale ho dato il titolo “Scorci di tragedia umana”. È un libriccino di 46 pagine, contiene le poesie che ho composto in questi ultimi tempi e va a completare la raccolta precedente: “Schegge di speranza”.

Come spiego nella presentazione che precede le liriche, mi sono soffermato su una caratteristica: la vita come fatto drammatico e la catarsi come cornice e conclusione di ogni lirica e dell’esistenza stessa. In essa, parlando della tragedia, ho scritto: «La mia è una visione cristiana, rivisitata da Hegel. Come per Aristotele, infatti, anche per Hegel il tragico porta con sé il principio del suo superamento. Per lui il tragico è il conflitto, la lacerante opposizione, il dolore, e questo è il marchio e la finitezza della condizione umana. Ma queste condizioni sono in funzione di altro, di una consapevolezza etica di grado superiore, e questa rappresenta il marchio della condizione umana e della finitezza dell’uomo che non può sottrarsi a un destino di morte e non può non rapportarsi al male. Questo contrasto reale è destinato a ricomporsi in una riconciliazione (Versöhnung) che è, nel linguaggio cristiano, la redenzione (Erlösung). Per Hegel il tragico vuole la redenzione e, dove la redenzione diventa realtà, con il cristianesimo, il tragico è superato, è respinto nel passato. La differenza, allora, tra la visione greca e quella cristiana sta nel fatto che nella visione greca il colpevole, in una concezione fatalistica, deve rendere conto all’Uno-tutto, all’infinito, e deve espiare, con la morte, la colpa di essere nato, questo in condizione di necessità: il finito è annullato nell’infinito. Nel cristianesimo redimere la colpa non è semplicemente mettere a posto, chiudere il cerchio, l’espiazione avviene come frutto di libertà, sia da parte di Dio sia da parte dell’uomo: Dio concede il perdono al peccatore che riconosce le sue colpe e se ne rende degno. Tutto questo è fatto, per così dire, ‘simmetricamente’: da una parte abbiamo Dio che si fa uomo, assumendo il destino di morte e portando sulle sue spalle il male del mondo, fino ad espiare il debito che l’umano ha con il divino, ma anche quella dell’uomo che si fa Dio, divenendo, a modo suo, concreatore (Teilhard de Chardin). Subentra quella che è chiamata l’essenza del tragico cristiano, la colpa diventa responsabilità per il destino: essere in colpa (e non sentirsi in colpa) per tutto ciò che accade, e dover rispondere, anche di ciò che non dipende dalla sua volontà, a ciascuno, a tutti, di tutto. Il destino diventa il mondo e responsabile del mondo è l’uomo, ogni uomo. Ciascuno dovrà rendere conto delle proprie azioni in una visione di eternità (anche con l’’inferno’ senza fine). È il colmo della ‘follia’ cristiana che supera qualsiasi pensiero di tutti i tempi, a partire da quello greco!»

SALVATORE AGUECI

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