Conclusa podisticamente la settimana scorsa con la mezza di Trecate, test più amaro che dolce in vista di Monza che mi ha visto ancora lontano dalla forma migliore, lunedì sono partito per una breve vacanza a Porto Viro (Ro). Naturalmente, sono riuscito a scovare una garetta anche da quelle parti, in provincia di Ravenna, ad Alfonsine. Una serale non agonistica non competitiva seppur faticativa, di 8 km tra strade cittadine e campi. Avendo dimenticato il Garmin, chiedo info in corsa sulla media tenuta, che mi pare buona, a un podista che mi affianca: "Non so, ciò solo i minuti". All'arrivo chiedo a quello arrivatomi immediatamente prima: "Non so, non ci ho guardato". Tento con quello arrivato subito dopo: "Non so, non ci ho guardato". Conclusione: in Romagna di medie e tempi non frega poi tanto.
SABATO? Duathlon!
Perché non provare? Gara vicina (Pont Saint Martin), alla portata di tutti (5 km di corsa a piedi, 15 di mountain bike, altri due di corsa) e mia madre che insisteva perché finalmente usassi a dovere, almeno per una volta, la mia mountain bike che stava prendendo polvere, accanto alla bici da corsa anch'essa mai più utilizzata. M’iscrivo via internet e sono già lì, nei pressi della sede della Thermoplay, organizzatrice della gara. Sembra di essere a una festa, con musica a tutto volume e folla vociante. Una piacevole, multicolore confusione tra cui spicca un gruppo di francesi con trombe da stadio e bandiere nazionali sventolanti in un pomeriggio di sole in cui l'onnipresente vento valdostano non riesce a scacciare un caldo appiccicoso. Alla gara si poteva partecipare in squadre (ogni elemento delle quali impegnato in una o più frazioni) oppure singolarmente, come ho fatto io. Mi faccio spiegare più volte la dinamica della competizione, e trascorsi almeno dieci minuti per sistemare in modo decente il numero sulla mtb, fremo perché non trovo il mio numero sulla rastrelliera ove appendere le bici in attesa della seconda frazione salvo poi scoprire, dopo aver allarmato mezza organizzazione, che avevo cercato il mio numero, pari, sulla rastrelliera di quelli dispari. Mi scuso con uno degli organizzatori, che armato di nastro biadesivo, stava già cercando di rimediare alla mancanza. Tra la folla volti noti di gare UISP, più di quanto avrei immaginato. Allo sparo, siamo incitati da un tifo caldissimo, mentre in aria è proiettata una miriade di nastrini multicolori. Davvero emozionante. La prima frazione di gara, i 5 km a piedi, mi vede patire e arrancare, forse per il caldo. Il percorso non è tutto asfaltato e in piano, prevedendo alcuni tratti in sterrato (tra cui l'attraversamento di un grande prato) e due rampette, di cui la seconda ci porta sul ponte romano. A Pont Saint Martin, dopo essere transitati tra due ali di vociante folla bambinesca siamo accolti dal ritmo incalzante e trascinante di tamburi africani al cui suono danzano alcune ballerine. Il suono mi dà la carica per un allungo, che si spegne, però dopo neppure 500 metri Incombe fiacca su di me, neanche mi portassi dietro il carico di chissà quali allenamenti. Con fiacchezza inizio e con fiacchezza termino la prima frazione: la mia MTB mi aspetta sulla rastrelliera! Cambio le scarpe e infilo il casco in quello che mi sembra un tempo interminabile, ma ne approfitto per riprendere fiato. Salgo sulla bici nella zona consentita, dopo averla accompagnata a piedi fin lì a mano, come da regolamento, e via per la successiva frazione: quindici divertenti km di un percorso molto vario e nervoso, tra sgommate e polvere e ricordi affioranti di un passato ciclistico. Guadagno addirittura qualche posizione. Mi chiedo a un certo punto, distrattamente, perché quando transito nei punti di controllo non si avverta un "bip" come per tutti gli altri e poi archivio quest'info nei recessi della mente, preso dalla frenesia delle pedalate. Quando deposito la bici nella rastrelliera, le gambe non sembrano saperne di rimettersi a correre per gli ultimi 2 km a piedi. Ho l'andatura di uno jogger domenicale, e mi trascino fino all'arrivo. Per ritirare il pacco gara mi richiedono il chip. "Chip?". Il chip era rimasto in fondo alla busta consegnatami all'atto dell'iscrizione e non me n'ero accorto, preso com'ero dal modo migliore di attaccare in modo più visibile possibile il numero alla MTB. Ho corso da fantasma. In ogni caso, visto il tempo impiegato per ultimare l'intera gara, non avrei certo figurato tra le migliori posizioni, e va bene così.
Quel decimo posto che non t'aspetti.
Mi sveglio di buon'ora, controllo i km percorsi in settimana, e mi accorgo che sono davvero troppo pochi. Di gare in programma ce ne sono diverse, ma scelgo una gara FIDAL a San Giusto vuoi per la vicinanza, vuoi per il chilometraggio (17 km) che mi consentirebbe di rimpolpare l'esiguo numero di km fino ad allora percorsi. Le gambe sono ancora frollate dal duathlon, così non ho in programma di finirla, ma solo di percorrere quanti più km possibile. Sorpresa iniziale: solo settanta partenti, la maggior parte appartenenti alla famiglia Young, che per chi non lo sapesse conta in totale 340 elementi, tutti podisti. Il migliore, Edward, oggi si allena soltanto, come fece l'anno scorso. La concomitante gara di Trana e del campionato UISP canavesano a Casalborgone hanno decimato le fila dei partecipanti. Mi piazzo in fondo, preparandomi alla faticaccia, chiedendomi per quanti km le gambe sosterranno la fatica. Primo chilometro, e penso già al ritiro. La maledetta afa si fa ancora sentire, ma alcuni tratti nel sottobosco permettono un temporaneo rinfresco. A ogni ristoro (e sono tanti, per fortuna) cammino senza alcuna fretta, bevo tranquillamente e riparto. Adotto un’andatura al risparmio e viaggio a quello che posso, sui 5' di passo medio. A ogni km mi domando "che faccio, mi ritiro ora?" e mi rispondo "un po’ più in là". A forza di "un po’ più in là" arrivo al decimo km. A questo punto, la possibilità di finire l'intera gara si fa concreta. Ritirarsi? Troppe volte l'ho fatto nel ciclismo e non voglio creare precedenti. Continuo. Settanta podisti, in un percorso così lungo, si disperdono, e fanno gara solitaria. Così la mia. Vado piano, ma lo fanno tutti, a quanto pare, a parte i soliti imprendibili là davanti. La metamorfosi imprevista avviene al 14 km. Sarà che mi ero idratato a ogni ristoro, oppure che avevo corso al risparmio, da lì in poi comincio a ingranare e accelerare. Supero due che si fanno da parte e m’incoraggiano con un "bravo" (che sportività!), ne supero un'altro che si fa da parte dicendo "mano male che c'è qualcuno che tira" e tenta di seguirmi ma cede, supero un coriaceo podista con bandana e punto a un altro che affianco a 500 metri e supero in vista dell'arrivo. Decimo di categoria e, per la prima volta, premiato. Non è tanto questo a rendermi soddisfatto della gara (ovvio... i partecipanti erano davvero pochi) ma il fatto di non aver mai ceduto. Di forza, evidentemente, ne serbavo ancora e una progressione simile è un buon viatico in vista di Monza.
Gara di Alfonsine: l'arrivo di mia mamma, che vince in 27':30''
Un saluto a tutti!Trecate: sembro fermo, invece ero proprio fermo.
(thanx to Arturo Barbieri)