C’era una volta un bambino di nome Giacomino che viveva con la mamma in una fattoria. Erano molto poveri e possedevano solo una mucca che, purtroppo, un giorno smise di fare latte; così, la mamma disse a Giacomino di venderla al mercato.Giacomino partì per andare a vendere il povero animale, ma, strada facendo, incontrò un omino che gli disse: “Che bella mucca! Dalla a me ed in cambio prendi questi cinque fagioli fortunati!”. Giacomino non fece in tempo a rispondere che si ritrovò in mano i fagioli e la mucca non c’era più!
Non sono improvvisamente impazzita (come dite? Ah si, la mia pazzia è conclamata! Avete perfettamente ragione.) ma in vista della nascita della Confraternita del fagiolo mi sono documentata un po' ed ho scoperto che prima che Cortes rientrasse in Spagna, dopo aver chiuso la fase culturale dei nativi andini (ovvero sterminandoli) con oro argento cacao e fagioli un ortaggio simile, antico, chiamato “Vigna” faceva gia parte della dieta degli europei e soprattutto delle popolazioni mediterranee, più vicine alle mezzaluna fertile, da sempre una serra a cielo aperto. E sicuramente lo avrete mangiato anche voi perché il fagiolo “Vigna” non è altro che il fagiolo dell’occhio”.I fagioli del nuovo mondo, componente importantissimo della dieta delle popolazioni del Nord America, sbarcano quindi in Europa. Gli Spagnoli li portarono in giro per i loro possedimenti, quindi anche in Sicilia ed ovviamente in Vaticano dove Valeriano Clelio, un letterato bellunese a servizio di Clemente VII finisce per fare il precettore di Greco, Latino e Natura (ovvero fauna, flora e botanica) ai figli dei Medici. Durante un periodo di riposo torna nella Belluno natia e forte degli studi effettuati a Roma su questo strano ortaggio proveniente dal nuovo mondo decide di testare la coltivazione in “montagna”: Belluno e la sua valle hanno più o meno le medesime caratteristiche dei colli andini.Se le popolazioni andine lo coltivavano senza difficoltà perché questo non poteva avvenire anche a Belluno? E così fece: ne testò la coltivazione un po’ come tutti noi abbiamo provato a scuola (ricordate, il seme nella bambagia inumidita e poi, alla presenza di radici, lo strapianto in vaso o terra). Vide che ciò era buono e fece una cosa assolutamente illuminata: ovvero non tenne il segreto per sé e per i giardini Vaticani (dove fece ritorno) ma distribuì fagioli ed istruzioni per l’uso ovunque dalla collina alla pianura sottolineando l’estrema facilità di coltivazione oltre alle qualità nutrizionali, in popolazioni per le quali le proteine animali erano assai difficili da assumere. Inoltre i nobili potevano coltivare l’ortaggio nei loro broli senza dover pagare le tasse, ovvero la decima e questo rese ancora più facile il matrimonio con il mais: in arrivo sul binario due la pasta e fagioli, ovvero la coppia dell’anno!E per finire tiriamocela un pò che non fa mai male. L'illustre botanico ebbe un'influenza davvero positiva sui figli dei Medici, tra cui Caterina, grande donna e gran cervello. Illa, quando si trasferì in Francia sposa di Enrico d' Orléans, non fidandosi della rozza cucina d’oltralpe oltre al corredo si portò appresso anche qualche cuoco, che insegnarono ai francesi non solo la preparazione del gelato ma anche l’utilizzo del fagiolo. Ah, la France ;)
E come finisce la storia?Che il bimbo piantò il fagiolo che crebbe tantissimo, bucando le nuvole. Allora Giacomino si arrampica e finisce nella casa del gigante, vi ricordate “ucci ucci sento odor di cristianucci”. Ruba l’arpa che suonava da sola e la gallina dalle uova d’oro e così Giacomino e la sua mamma vissero felici e contenti. Ma veniamo alla ricette di oggi: per imparare a guardare il fagiolo con un occhio diverso, insomma non solo in zuppe e vellutate!
Crostata di fagioli e mele con pistacchi
Ingredienti
Per la frolla:
250 gr di farina Petra 00, 125 di burro chiarificato ammorbidito, 1 uovo bio o 1, 1 cucchiaio di zucchero di canna, 40 ml di acqua.
Per il ripieno: 125 gr di "fasol de lago", 140 gr di zucchero di canna, 140 di burro chiarificato morbido, 140 gr di pistacchi, 1 uovo bio o 1, la buccia di un arancio non trattato grattugiata con la microplane, 1 mela golden, zucchero zefiro.
ProcedimentoAmmollare i fagioli per un'intera notte, sciacquarli e cucinarli, coperti d'acqua e con un pezzettino di alga kombu per almento un'ora o fino a quando saranno teneri.Preparare la frolla come di consueto e lasciarla riposare per mezz'ora in frigo.Stendere una sfoglia di 5 mm in uno stampo di 20 cm di diametro e lasciarlo riposare in frigo per 20'.Nel frattempo frullare i fagioli con gli altri ingredienti, ad esclusione della mela, fino ad ottenere una crema morbida.Stenderla sopra la frolla e decorare con le fettine sottili di mela private della buccia. Cospargere di zucchero semolato e di qualche pistaccio tritato e cucinare per 40' nel forno già caldo a 170°.