I fanciullini del web, tante Daenerys sognanti. Be’, forse non belli quanto lei.
E va bene, ‘sta settimana ha da passare così. Più vitale delle altre, più scontrosa delle altre, ma mai noiosa. Sembra quasi una canzone.
Ma niente polemiche, promesso.
Solo una risposta veloce e poi un ragionamento.
Mi invita il Sommobuta, a dire ancora la mia sul “giudizio via web”, ovvero ciò a cui assistiamo tutti i giorni, almeno noi “curatori di contenuti”, ovvero blogger, vlogger, addetti stampa etc…, l’utente che entra a gamba tesa dopo aver leggiucchiato il vostro articolo o spesso manco il titolo dello stesso, che vi ricopre di merda gratuita, perché lui può.
Lui, un utente del cazzo, di passaggio, può.
Voi che invece state lì, a prendervi lodi e ortaggi (da anni), no. Perché, ehi, c’è il diritto d’opinione.
Bene, mi fa felice sapere che molti miei colleghi la pensano esattamente come me, chiunque manchi di rispetto al creatore di contenuti, avrà medesima mancanza di rispetto, amplificata cento, mille volte.
Legge del taglione.
Tolleranza zero.
Eppure non mi va di fare altre polemiche. Non oggi. Le cose stanno così, e magari del giudizio via web parleremo in altro momento, tanto gli utenti casuali che insultano non mancheranno mai.
Piccolo excursus:
sì, lo so, non sto parlando di cinema.
E non sto scrivendo recensioni.
Ma, se è vero che mi seguite da sempre, allora dovreste ricordare che con le classiche recensioni di cinema ho chiuso da un pezzo.
Le cose non sono cambiate. Non vedo perché avrebbero dovuto.
Fine del piccolo excursus.
Piuttosto, leggendo il post del Sommo e relativi commenti, e leggendone anche altri, nei giorni scorsi (di post e commenti) ho avuto un attimo di malinconia.
Cioè, in cinque anni, noi siamo diventati gli utenti senior. Ovvero i vecchi. Quelli che erano già vecchi quando noi eravamo giovani sono ormai dei matusalemme. In appena cinque anni. E i nostri blog costituiscono, almeno per coloro che non fingono che non esistiamo, dei baluardi granitici arroccati attorno a futili certezze: tipo il cinema, da queste parti, o One Piece dalle parti del Sommo, o l’horror da Alex o lo scibile umano da Davide.
Il paradiso perduto
Eppure, c’è stato un tempo in cui eravamo imberbi.
Giovani utenti riversati nella rete che sognavano di aprire un blog tutto loro, andavano in giro a commentare nella speranza di farsi conoscere e apprezzare.
Desideravamo, un tempo, come tutti i giovani, di cambiare le cose.
Di più: eravamo davvero convinti di riuscirci, a cambiare le cose.
E quindi, avendo attivato la connessione adsl, il secondo passo era:
– creare un account, di solito associato a un blog (che però non linkavamo mai al nostro nick, perché a guardare i blog degli altri, così belli e ricchi e colorati, ci vergognavamo di noi stessi e aspettavamo a farlo più bello)
– creare un nick, il mio originario era elgraeco (sì, dal pittore El Greco, ma anche da “il Greco”, un mio soprannome di gioventù. No, non c’entro niente con Gomorra)
– scegliere un avatar (che non avremmo cambiato MAI! Perché era l’immagine che più ci rappresentava, quella che incarnava il nostro alias. Ché MAI avremmo usato il nostro vero nome, in rete, e guardavamo infatti con sospetto e meraviglia gli utenti più scafati che, invece, già usavano il proprio nome e cognome. Banale! Puah!)
– crearsi un parco blog da visitare (di solito quelli con argomenti affini, gestiti da blogger gentili e disponibili, non da teste di quiz dittatoriali)
– crearsi un parco lettori, con la speranza che vengano anche a commentare (tramite il proprio blog, confidando in San Gugol, e tramite i nostri commenti, lasciati in giro)
E la vita era bella.
E si viveva di sole interazioni.
Una masturbazione assoluta. E digitale.
Come gli adolescenti.
Poi si cresce.
Si acquista consapevolezza.
Si creano obiettivi.
Si sfancula il proprio nickname e il proprio amatissimo avatar (dal quale MAI e poi MAI vi sareste separati), e ci mettete al loro posto il vostro nome e cognome e la vostra bella faccia. Siete banali, ma fighi. Fidatevi.
Di solito questa fase corrisponde anche a quella in cui vi inimicate, proprio come le bande di adolescenti, tutti i vostri colleghi che invece sono rimasti alla fase 1, e quindi vi guardano come li aveste traditi nel più profondo degli ideali: ovvero la felice nullafacenza nel web. Una fase in cui sono tutti inutili, ma alla pari, un’isola che non c’è. Abbandonata da voi stronzi perché avete osato inseguire sogni di gloria e chiedere una retribuzione per il vostro lavoro! (ma che lavoro! Tzé! Voi lo fate per passione! Se se…)
E, una volta cresciuti, si assiste con un misto di malinconia e benevolenza alle interazioni dei giovanissimi, così piene di speranza che… loro scrivono per se stessi, perché è bello interagire via blog e conoscere gente.
E voi vi scoprite a sorridere e a sogghignare mormorando: sognate, sognate pure… tanto arriverà anche per voi quel momento lì.
Oh, yeah.
Però, ecco, magari un po’, quell’età dell’innocenza virtuale un po’ mi manca: quando era tutta diplomazia, e stavamo attenti a non pestare i piedi a nessuno. Quando la risposta di un blogger figo era musica celestiale, e indice che non eravamo delle invisibili nullità, ma persino degni di una risposta!
Poi, arrivano gli eserciti di troll, di coglioni, di blogger arci-nemici, i tradimenti, Caino & Abele, le finte pacche sulle spalle, l’invidia, l’odio, la guerra, le morti e le resurrezioni.
È la rete, baby. E va sempre peggiorando più s’invecchia. Siatene certi.
E siate i benvenuti.
Ma dimmi, Buddha, come fare a recuperare l’innocenza perduta?