Magazine Cultura
di Giorgio Rebuffi 352 pp. b/n 18x12,5cm brossurato 10 euro Ed.Annexia
Torna il buon Dario, e torna a parlare di una pubblicazione per la quale non ha mai nascosto la sua simpatia fin dai tempi di Fumettidicarta.Il Fantasma di Aiace e le alre storie è un altra raccolta di storie del sig. Rebuffi, fumettista italiano che ha mosso i primi passi nel mondo del fumetto professionale nel 1949 per l'editore milanese Alpe, giovanissimo mentre era ancora studente di medicina, famoso per il suo Tiramolla.
Questa volta Giorgio Rebuffi l'ha fatta grossa. E sì, perché stavolta alla mia bambina è anche scappata la pipì addosso dal gran ridere. Avendo già provato le risate scatenate dall'umorismo del prezioso autore con Pugaciòff - Magie e dintorni, ci siamo ora cimentati nella lettura di questo nuovo e ancor più ricco volume. Più ricco di personaggi, più ricco di stili, più ricco di pagine, più ricco di situazioni, più ricco di sperimentazioni quasi avanguardiste, contando che stiamo parlando di fumetti pubblicati per la prima volta a partire dalla seconda metà degli anni '50, mica l'altroieri.
Così si avvicendano le peripezie del fantasma in cerca di tranquillità Aiace, disturbato dall'acerrimo nemicoamico Tom Porcello, a quelle di Torquato porcello ostinato (e cugino di Tom) fino ad arrivare, passando per numerosi comprimari di spessore, alle straordinarie tavole dedicate a Giotto il bassotto. E la parola straordinarie non è da intendersi come superlativo buttato lì a casaccio ma proprio come tavole extra-ordinarie, fuori dall'ordinario.
Anche chi come me non può dirsi un esperto del fumetto umoristico dell'epoca (ma neanche in generale), non può non notare il notevole uso che l'autore fà della vignetta, della scansione della storia, della matita e finanche del protagonista, il cane Giotto, che oltre a essere personaggio diventa narratore e anche disegnatore, tracciando linee, raccontando storie, dipingendo fondali e personaggi, cancellando testi e non disdegnando nemmeno di lacerare pagine e maledire la carenza di spazio in termini di tavole. Se ci mettiamo anche gli incontri con personaggi non rebuffiani come Nonna Abelarda e gli indiani provenienti dal fumetto western, il metafumetto e le geniali trovate grafiche, è impossibile negare che Giotto e Rebuffi già all'epoca erano avanti.
E' fuor di dubbio che le tavole dedicate a Giotto siano le nostre preferite, nonché causa scatenante della pipì di cui sopra. Giusto per curiosità la sequenza incriminata è quella del ritratto dello zio Burgundo conte di Dubrugia.
Anche l'ostinato Torquato riserva qualche sorpresa, oltre al consueto carico di umorismo d'altri tempi ma sempre efficace, offre spunti interessanti sul versante artistico. Qui Rebuffi sperimenta un tratto più spesso soprattutto sui contorni delle figure con un uso dei neri che rende il disegno più corposo e deciso, quasi a bucare la tavola (non come Giotto però che le buca sul serio).
Ultima nota ma in modo assoluto non meno doversa, va ai ragazzi di Annexiadal cui lavoro trasuda amore per questo filone del fumetto e per uno dei suoi autori di spicco. Il volume è ben confezionato, con le giuste note e i giusti interventi, misurati e mai invadenti. L'augurio è che il loro lavoro possa continuare senza intoppi e ricco di grandi soddisfazioni.
Ciò non toglie che anche le altre storie siano fonte di divertimento e interesse. La sezione dedicata ad Aiace è suddivisa in due parti, una urbana con co-protagonista Tom Porcello e una bucolica alla corte del misantropo Ermenegildo. Nella prima prende corpo la contraddizione di un fantasma che non trova pace, non perché nutra ancora legami terreni o sia affetto da particolari maledizioni, è che proprio non lo fanno dormire. Nella seconda parte il fantasma verrà sfruttato per benino dal fattore per portare avanti i lavori della campagna e incontrando qui numerosi e curiosi esseri tra i quali Lucky Loris e Agamennone l'orso musicofilo.
Dario Lopez
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