Il fantasma del partito cattolico

Creato il 11 ottobre 2011 da Zamax

Gran confusione sotto il cielo del nuovo partito “cattolico”. La speranza di far fuori Berlusconi prima della fine naturale della legislatura è riuscita a nobilitare quest’idea stravagante perfino fra gli anticlericali. Così il nulla a forza di chiacchiere interessate si è condensato fino a formare una nuvola vaporosa che aleggia sopra il centrodestra. Sappiatelo fin d’ora: non se ne farà nulla, del nulla. Tutto il dibattito sul futuro dei cattolici in politica, sul futuro del PDL, sul passato chiamato Democrazia Cristiana, è falsato dall’interpretazione del berlusconismo come fenomeno eccezionale ed anomalo della vita politica italiana. In realtà, come non è mai esistito, nella testa degli elettori, un partito “di Berlusconi” vero e proprio, così non è mai esistito, nella testa degli elettori, un vero e proprio partito “dei cattolici” che si identificasse con la Democrazia Cristiana.

Nel dopoguerra alla Balena Bianca capitò semplicemente di raccogliere il consenso dell’elettorato conservatore, moderato, filo-occidentale e anticomunista, cattolico o no che fosse. Fu l’emergenza e l’istinto di conservazione a spingere gli italiani spaventati dal fronte popolare social-comunista ad aderire in massa al “fronte popolare” cattolico. A differenza però degli altri paesi europei al di qua della cortina di ferro, l’Italia fu l’unico paese a vivere politicamente il blocco della guerra fredda al proprio interno. Per la Democrazia Cristiana il potere politico divenne una specie di sinecura. Ed essa col tempo si curò sempre meno di trovare una sintesi programmatica delle varie istanze provenienti dall’elettorato che essa rappresentava. Ciò impedì la nascita in Italia di un partito conservatore moderno: non quel magnifico, illuminato consesso di uomini esperti e disinteressati partorito dalla mente astratta e furiosa dei nostri liberali, ma un decente contenitore politico in armonia coi tempi e con la storia del popolo italiano. In Francia la cosa si concretizzò col gollismo. In Germania (Ovest) con la CDU-CSU. Perfino in Spagna bastarono pochi anni di vita democratica perché Alianza Popular, un partito di destra relativamente piccolo, originariamente votato dai nostalgici del franchismo, coagulasse intorno a sé altre formazioni politiche e il consenso dell’elettorato moderato-conservatore, e formasse così il Partido Popular. La DC divenne invece sempre più un soggetto passivo che interloquiva con tutti tranne che con la propria base elettorale: occidentale in politica estera, ma senza fare un passo più del necessario, anzi; ortodossa nel campo della morale cattolica, ma con spirito di rassegnazione, e allo stesso tempo incapace d’imbarcare compagni di viaggio meno ortodossi ma utili alla causa; capitalista, ma attraverso la via socialista.

Il ciclone di Mani Pulite spazzò via la DC. Ma non poteva spazzare via il partito conservatore che viveva nella testa degli elettori. E Berlusconi non poteva inventare questo partito dal nulla. Ne prese le redini, che giacevano a terra e che nessuno aveva il coraggio di prendere in mano. Naturalmente lo fece a suo modo, con molto pragmatismo e con uno stile carnevalesco che ha fatto inorridire gli esteti della politica. Fu un’impresa personale, ma rispondeva ad una richiesta profonda e razionale della società italiana. Il timbro di quest’impresa è servito ai soliti noti per adombrare fantomatici pericoli di cesarismo e per avallare la barzelletta del partito di plastica e di quello personale. Il partito berlusconiano è stata una tappa necessaria di un’evoluzione che per troppo tempo è stata innaturalmente bloccata. Che abbia avuto più i caratteri di una traversata nel deserto che quelli di una crescita tranquilla, ciò dipende dagli odi e dagli interessi di una sinistra che la propria evoluzione verso un partito socialdemocratico normale, europeo, in armonia anch’esso coi tempi e con la storia del popolo italiano, non ha mai veramente cominciata. La sinistra ha preferito la finzione antistorica del PD. Essa, potere reale nel paese, ha poi trascinato tutti gli altri poteri reali nell’avversione antropologica a Berlusconi. Ma Berlusconi ha resistito. E il dopo Berlusconi non avrà bisogno di salvatori. Il futuro partito conservatore italiano non potrà essere né una nuova DC né il partito di Berlusconi. Ma non potrà essere nemmeno un partito che rinnega la DC e che tanto mano rinnega Berlusconi. Quando Berlusconi si ritirerà dalla scena politica, probabilmente già con la prossima legislatura, ciò non segnerà la fine del berlusconismo, perché il fenomeno “berlusconismo” nell’accezione totalitaria che ne danno i democratici apocalittici non è mai esistito. E quindi non significherà nemmeno la sua sconfitta personale. Berlusconi ha costruito, non ha distrutto, piaccia o non piaccia. Mentre il partito cattolico non esiste e non è mai esistito veramente. Un partito cattolico è condannato ad uno stato di minorità permanente. Oggi è solo un prodotto della paura.

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