A Valeggio sul Mincio si trova un bellissimo castello. Domina l’abitato, e
nonostante il lento trascorrere dei secoli, mantiene
inalterata la sua suggestiva bellezza.La storia completa di questo castello è disponibile sul sito scaligeri.com, ma a noi basti ricordare alcuni elementi. Il primitivo maniero, sorto nel X sec., per volontà del primo Marchese del Masgraviato di Verona, Milone Sanbonifacio, è ancora perfettamente visibile, nonostante i secoli e le innumerevoli guerre abbiano infierito sul castello. Ha una struttura tipicamente medievale, con quattro torri merlate, tre delle quali sono ancora collegate fra loro dalle mura. Una di queste torri, la più alta, denominata "la Rocca" o "Tor Tonda", è visitabile anche all'interno, e il panorama che si può ammirare dalle strette feritoie è veramente suggestivo. Perchè mi interessa tanto questo castello? Perchè, come tutti i castelli, anche questo nasconde un segreto, una leggenda i cui protagonisti sono gli antichi signori del maniero. Si narra di guerre, tradimenti e persino di un fantasma che si aggira tra le mura del castello.
Tutto ebbe inizio nei primi anni del Quattrocento, quando, mentre Venezia allungava sempre più il suo dominio sul territorio veneto, Verona era dominata da Giacomo da Carrara, impegnato fino allo stremo nel contrastare l'avanzata dei veneziani.
All'inizio di gennaio del 1405 una delazione segreta informò il Carrarese che il castellano di Valeggio, messer Andriolo da Parma, stava trattando con i veneziani la resa e la consegna del Castello. La reazione del Carrarese fu immediata e violenta. Andriolo venne arrestato con l'accusa di essere un vile traditore, fu spogliato di ogni suo bene, gli venne spezzata la spada, simbolo della sua autorità, e quindi fu trasportato nel Campo di Marte su un carro e qui, dopo esser stato legato a un palo, gli fu tagliata la testa.
C'è da dire comunque che la sanguinaria esecuzione di Andriolo da Parma non garantì la sopravvivenza politica di Giacomo da Carrara, che infatti nel luglio successivo fu costretto a una fuga repentina per scampare ai veronesi insorti, che consegnarono spontaneamente la città nelle mani delle autorità veneziane, facendo dunque esattamente lo stesso atto per cui Andriolo era stato ucciso, forse ingiustamente.
Che ne fu di Andriolo? Questo è il mistero. Il suo cadavere infatti non fu mai ritrovato: forse fu gettato nel fiume Mincio, forse fu dato in pasto ai cani, forse sepolto da qualche parte, addirittura nelle segrete del castello. Da quel tragico giorno però pare che il suo spirito tormentato, tornato tra le mura del Castello, in ogni notte di plenilunio vaghi tra le torri alla ricerca della sua spada, spezzata e sepolta in luogo segreto dagli sgherri del Carrarese. Andriolo cerca il suo onore perduto, senza il quale non può riposare in pace. Ancor oggi, a distanza di secoli, gli abitanti delle case sovrastate dalle antiche mura del castello, riferiscono di vedere quella figura pallida e nervosa che si aggira tra le mura del castello, piangendo e lamentandosi, alla ricerca della sua spada perduta... C'è poi un'altra leggenda, che riguarda questa volta il fiume Mincio, che ho tratto direttamente dal sito veneto.to.
LA LEGGENDA DEL NODO D'AMORE.
Sul
finire del Trecento il signore di Milano Giangaleazzo Visconti si
appostò con le sue truppe sulle sponde del fiume Mincio.
Nell'accampamento approntato per la notte, il buffone Gonnella raccontò
ai soldati una leggenda locale: il fiume era popolato di
splendide ninfe che di notte uscivano per danzare, ma che una
maledizione aveva condannato a trasformarsi in orride streghe.
Durante quella stessa notte le ninfe-streghe uscirono e iniziarono a ballare tra i soldati addormentati; il capitano delle guardie Malco, però, stava vegliando, e alzatosi improvvisamente ne inseguì una; dimenandosi, la strega perse il mantello rivelandosi una bellissima ninfa, Silvia. I due si innamorarono e si giurarono eterno amore; prima di tornare nel fiume, la ninfa donò a Malco un fazzoletto dorato come pegno.
La sera successiva durante dei festeggiamenti Malco riconobbe tra
le danzatrici Silvia che per amor suo si era spinta tra gli uomini. Gli
sguardi che i due si scambiarono ingelosirono però Isabella, nobile
dama invaghita del capitano, che denunciò Silvia come strega.
Le guardie
intervennero per arrestarla, ma Malco permise alla ninfa di fuggire.
Imprigionato, il capitano ricevette la notte stessa la visita di
Isabella, che gli chiese perdono. In quel mentre comparve anche Silvia
che propose all'amato l'unica via di fuga possibile: non sulla terra, ma
nelle acque del fiume! I due si diressero al Mincio, inseguiti dalle
guardie del Visconti: quando anche il signore di Milano giunse presso il
fiume, vi trovò solamente il fazzoletto di seta dorata annodato dai due
amanti per sigillare il loro amore.
Ancor oggi si ricorda la storia dei due innamorati tirando una pasta sottile come la seta, annodata come il fazzoletto dorato e arricchita di un delicato ripieno... così nacque il tortellino di Valeggio sul Mincio.





