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Il fante della “Sagra di Gorizia”

Creato il 07 febbraio 2012 da Cultura Salentina

di Lucio Causo

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Il piroscafo Minas affondato nel 1917 (ph. A. pr. L. Causo)

Vittorio Locchi, giovane poeta fiorentino, allo scoppio della prima guerra mondiale senza indugi decise di parteciparvi e fu assegnato ai servizi postali col grado di Tenente nella 12^ Divisione di Fanteria. Il 15 febbraio 1917, durante un viaggio di servizio a bordo del piroscafo Minas, scomparve in mare, condividendo la sorte della sua santa Fanteria. Sullo stesso piroscafo, diretto a Salonicco, era imbarcato un giovane soldato di leva tugliese, Francesco De Lorenzis (classe 1897) del 31° Reggimento di Fanteria, anch’egli destinato al fronte orientale, in Macedonia, con il Corpo di Spedizione Italiano. Morirono insieme nel Mare Egeo, nei pressi di Capo Matapan, accomunati da un tragico destino, in seguito all’affondamento del piroscafo Minas per mano del nemico. I loro corpi risultarono dispersi, inghiottiti dal mare tumultuoso di fiamme e di relitti, insieme ai corpi di tanti altri giovani fanti italiani, francesi e serbi che perirono senza lasciare tracce in quel tragico evento: un giovane italiano del nord e uno del sud uniti dall’amor di Patria e pronti a sacrificare la propria vita per portare pace e libertà ai popoli che combattevano in oriente.


Non sappiamo se il poema di Vittorio Locchi, La Sagra di Santa Gorizia, scritto nel 1916, sia stato abbastanza letto nelle scuole e nelle caserme italiane per celebrare l’epopea di un popolo che combatté valorosamente nella prima guerra mondiale per completare l’Unità d’Italia. Questo poema potrebbe rappresentare per i giovani e per i soldati un richiamo paragonabile a quello del libro dei salmi per i credenti. Infatti, il sacrificio e la gloria non furono così fortemente evocati in nessun monumento, e possiamo credere che il poeta vedesse per primo nel popolo italiano l’eroe senza nome né volto che avrebbe portato l’Italia alla Vittoria. In quegli anni di guerra cruenta (1915-1918), l’Italia ebbe fra i suoi combattenti uno dei maggiori poeti di ogni tempo, che aveva già speso la più bella parte della sua vita quando giunse l’ora dell’azione.

Vittorio Locchi fu “scoperto” dalla guerra, e il suo nome diventò improvvisamente famoso con quelli delle Brigate di Fanteria che immortalò nel suo canto. Questo giovane fiorentino non è l’eroe che fa della guerra le proprie gesta, anche quando la passione lo esalta, la sua è la voce del Fante, di cui condividerà la sorte senza portarne le armi. Mobilitato per un servizio da cui non poté ottenere la dispensa, aveva chiesto di prestarlo nei posti più avanzati del fronte dove il pericolo era sempre presente.  Egli aveva già cominciato a scrivere i suoi canti sui campi di battaglia dove si riuniva con i compagni d’armi dei quali fu il maestro e il capo. Il borgo dov’era nato nel 1889 non era lontano da Firenze, la città dell’arte e della poesia, a cui egli si votò nonostante la necessità lo costrinse a fare l’impiegato delle poste per provvedere alla madre nella città di Venezia. La guerra gli fece sentire che la poesia lo stava aspettando alla svolta della storia che si era presentata all’Italia e, morendo prima che il suo poema fosse dato alle stampe, ebbe paura che il silenzio fosse sceso per sempre sul suo capo.

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Il tenente Vittorio Locchi al fronte nel 1916 (ph. A. pr. L. Causo)

Era il 15 febbraio 1917, Vittorio Locchi poco prima aveva dovuto separarsi dai reggimenti e dai soldati che erano diventati una cosa sola con la terra sacra dell’Italia per avventurarsi in un viaggio di servizio da cui non avrebbe fatto ritorno. Egli sapeva che le rotte dei convogli non erano meno rischiose dei campi di battaglia quando s’imbarcò a Taranto con le truppe del Corpo di Spedizione Italiano destinato in Macedonia, ma certamente sentiva la nostalgia di quelle remote sponde che dettero vita al mondo dell’antichità, dell’arte e della civiltà greca. In vista del porto di Salonicco, dov’era diretto, il piroscafo Minas fu silurato da un sommergibile nemico e dalle stive piene di armi e munizioni, fino ai ponti della nave carichi di soldati, risuonarono comandi concitati ed inascoltate invocazioni d’aiuto. L’esplosione fu tremenda ed il fuoco s’impadronì in pochi minuti dello sfortunato piroscafo. Non fu dato di sapere se il giovane ufficiale fiorentino fu impedito di gettarsi in mare, o se fu sommerso dal risucchio delle acque gelide dell’Egeo. Vittorio Locchi scomparve tragicamente, ma l’Italia, dopo qualche tempo, avrebbe ascoltato ugualmente la sua voce che sembrò venire di là dalla morte; subito dopo sarebbe uscito il poema “La Sagra di Santa Gorizia”, pubblicato da Ettore Cozzani nella collana “I Gioielli dell’Eroica”: poema con trasparente allusione alle antiche laudi e alle sacre rappresentazioni.

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Fanti della Brigata Casale entrano a Gorizia (ph. A. pr. L. Causo)

E’ il giuramento fatto ai soldati morti in combattimento che il poeta aveva veduto sui campi di battaglia fissare il cielo con gli occhi aperti tra le pietraie del Carso, o tenere la terra nei pugni chiusi fra i cespugli delle colline, caduti in avanti nell’impeto della corsa o voltati sul dorso a guardarsi la ferita. Erano soldati che Vittorio Locchi aveva sentito cantare sotto le tende e marciare lungo le strade, sul rovescio delle colline più volte conquistate e perdute, da cui la città Santa, Gorizia, appariva così vicina da poterla toccare e a volte così lontana da disperare di mettervi piede. Essi l’avevano finalmente espugnata, e il tuono dei cannoni non poteva impedire di sentire le campane delle chiese suonare a festa, quando il poeta entrò in Gorizia al seguito dei  valorosi Fanti che sono passati alla storia col nome delle loro gloriose Brigate :

[…] Pronta. Dodicesima Divisione di bronzo, è l’ora!… Brigata Casale, Brigata Pavia, Undicesimo, Dodicesimo, Ventisettesimo fanteria: attenti al segno!… Ancora tre minuti, due minuti, uno. Alla baionetta! E tutte le baionette fioriscono sulle trincee. Tutta la selva di punte ondeggia, si muove, si butta sul monte, travolge gli Austriaci, rigettandoli scaraventandoli oltre le cime, a precipizio, dentro l’Isonzo. Sei nostra! Sei nostra! Sembra gridare l’assalto [...].

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Fante Francesco De Lorenzis da Tuglie (1897-1917) - (ph. Achivio privato L. Causo)

La sorte volle che nel febbraio del 1917, sullo stesso piroscafo di Vittorio Locchi, venisse imbarcato anche il giovane soldato di leva Francesco De Lorenzis nato a Tuglie, provincia di Lecce, il 23 dicembre 1897. Era figlio di Cosimo Damiano e di Giuseppa Mosca. Faceva il contadino ed aiutava i genitori nei lavori di campagna. Francesco non sapeva leggere e scrivere, era un bravo ragazzo e pensava di mettere su famiglia appena sarebbe stato possibile.  Inaspettata, improvvisa e senza alcuna possibilità di evitarla, il 24 maggio 1915 scoppiò la guerra ed il 23 settembre 1916 il giovane Francesco fu chiamato alle armi ed assegnato al 31° Reggimento di Fanteria, mobilitato per essere inviato in territorio dichiarato in stato di guerra. Le truppe di questo Reggimento furono destinate al fronte orientale, in Macedonia. I giovani fanti del 31° Fanteria s’imbarcarono nel porto di Taranto sul piroscafo Minas che li avrebbe trasportati con altri reparti italiani, francesi e serbi a Salonicco per combattere il nemico in quelle terre lontane e sconosciute.

Il Minas era una nave passeggeri costruita nel 1891 al cantiere Ansaldo di Genova. Alloggiava 60 passeggeri di prima classe e 900 di terza. Scoppiata la guerra, venne requisita dalla Regia Marina per essere adibita al trasporto truppe. Durante quel viaggio, da Taranto a Salonicco, il 15 febbraio 1917 il Minas venne affondato nei pressi di Capo Mapatan, nel Mare Egeo, con due siluri lanciati dal sommergibile tedesco U39 al comando del Cap. Walter Forstmann. Nel naufragio perirono 870 persone. Il Minas, oltre alle truppe, armi e munizioni, da notizie non confermate ufficialmente, sembra che trasportasse 25 cassette di lingotti d’oro.

In quel tragico avvenimento, da testimonianze dei superstiti del naufragio, risulta che Vittorio Locchi, nonostante avesse avuto la possibilità di salvarsi perché abile nuotatore, preferì inabissarsi insieme ad altre centinaia di fanti, affrontando il destino con determinazione e fermezza.

Un suo collega, il tenente Alessandro Casini, da un rottame a cui si era aggrappato, vide Vittorio Locchi ritto a poppa della nave che scompariva. Dopo una tremenda esplosione la nave si inabissò trascinando nel gorgo marino, con tanti altri fanti, il migliore degli uomini!

Del giovane fante tugliese Francesco De Lorenzis non si ebbero notizie precise. Anche lui fu ingoiato dal mare profondo dell’Egeo e venne dichiarato disperso dal Ministero della Guerra il 7 febbraio 1918 in seguito all’affondamento della nave trasporto truppe Minas.

Così volle il destino per due giovani militari, uno del nord e uno del sud, che furono atrocemente strappati alla vita ed all’affetto dei loro cari  per la dura legge della guerra.

Vittorio Locchi, grande poeta, nato a Figline Valdarno (Firenze) l’8 marzo del 1889, autore della famosa Sagra di Santa Gorizia, una delle più belle opere poetiche del Novecento, scritta il 9 agosto 1916 per descrivere il sacrificio, il valore e la morte dei Fanti italiani che conquistarono Gorizia in nome dell’Unità d’Italia .


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