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Il fascino irresistibile del luogo comune: Peter Mayle, Un anno in Provenza, e Valeria Corciolani, Il morso del ramarro

Creato il 22 settembre 2015 da Consolata @consolanza
Questo post lo dedico alle consolazioni dell'ovvietà, alle rassicurazioni di ciò che è scontato, al caldo rifugio del prevedibile. Al conforto dei libri banali, che tengono compagnia senza scossoni né buche improvvise. Alle pagine terra terra e a quelle di fantasia fatta in serie. A un libro rosa e a uno senza colore, ma profumato di soffritto, di tartufo e (spiace dirlo, spiace anche solo immaginarlo) di aglio.
Cominciamo proprio dal libro del golosone inglese Peter Mayle, Un anno in Provenza (1990).
Il fascino irresistibile del luogo comune: Peter Mayle, Un anno in Provenza, e Valeria Corciolani, Il morso del ramarroResoconto scandito mese per mese delle esperienze di una coppia britannica che decide di trasferirsi a a vivere in Provenza, non sul mare ma nel Parco naturale del Lubéron, compra una casa nel bosco e ne intraprende la ristrutturazione, mette in fila una serie di luoghi comuni sui francesi che sono davvero un piacere. Chissà se le cose sono cambiate in venticinque anni, ma nell'esperienza di Peter Mayle e sua moglie, due persone davvero gradevoli da quanto si evince dal testo, ospitali, pazienti, ironiche, piene di affettuosa ammirazione per i nativi, gli aborigeni della Provenza pensano soprattutto a mangiare, sono assolutamente inaffidabili come operai per quel che riguarda puntualità e impegni ma dei mostri di ingegnosità e perizia in grado di risolvere problemi insormontabili per il pragmatismo britannico escogitando soluzioni originali.
Peter e sua moglie sono degli entusiasti, sempre pronti a sperimentare nuovi ristorantini di paese dove rustiche signore cucinano in maniera sublime, partecipano alla corsa degli asini, imparano il francese, accolgono visitatori importuni, corrono di qua e di là alla ricerca del vino migliore, insomma si ambientano benissimo e vedono solo quello che vogliono vedere. Certo c'è il mistral che soffia duro, d'inverno fa freddo,  i turisti sono fastidiosi, ma anche se Peter Mayle non arriva a dirlo il lettore non può fare a meno di immaginare tutti quei provenzali girare col basco e la baguette sotto l'ascella, bofonchiando oh bon bon bon e oh là là e bevendo pastis nei caffè all'aperto.
Un libro estremamente amichevole e piacevolissimo da leggere. Non ci troverete una parola che vi sorprenda o vi insegni qualcosa ma trascorrerete qualche ora in compagnia di un amico simpatico che sa raccontare in maniera coinvolgente, amena e riposante. Consigliatissimo per viaggi in treno o traghetto, attese in aeroporto, sonnellini sulla spiaggia.  
Traduzione di Emilio Castellani.
Il morso del ramarro (2014) di Valeria Corciolani è altrettanto impalpabile ma molto meno distensivo, almeno per me, perché il tipo di luoghi comuni che utilizza è del genere che trovo irritante al massimo. Ma questo è un problema mio: me lo immaginavo benissimo prima di cominciarlo, e il rimedio era semplice, bastava non leggerlo. Il motivo per cui l'ho fatto è che sono iscritta all'"offerta lampo kindle" e non smetto mai di stupirmi del numero abnorme di libri "rosa", o meglio libri di donne per donne, che vengono proposti e quindi sfornati da autrici prolificissime che si moltiplicano in progressione geometrica. Di questo ho letto recensioni ottime e così l'ho scaricato.
Il fascino irresistibile del luogo comune: Peter Mayle, Un anno in Provenza, e Valeria Corciolani, Il morso del ramarro
Ambientato a Chiavari, patria della bella autrice, narra le vicende intrecciate di parecchi personaggi ma il principale è Virginia, trentenne separata con una figlia adolescente e due gemelli in età da asilo, un marito traditore sullo sfondo, qualche nuovo astro all'orizzonte, un'amica, una suocera, ecc ecc. Poi ci sono dei giovani ricchi e delinquenti ovviamente rampolli (termine che ormai significa "ragazzo ricco" e si usa senza indicazione di chi è il rampollo), dei vecchietti in gamba (molto di moda, si trovano in una casa di riposo e sono ovviamente "arzilli"), una badante peruviana e un maggiordomo (sic!) filippino con ruoli di un certo rilievo, eccetera eccetera, cioè il repertorio completo del neoconformismo da sitcom più che da telenovela. Anche i capitoletti brevi e frizzanti sono come strisce quotidiane, e la vicenda rispetta tutti gli elementi che lo spettatore (ooops, il lettore) si aspetta e pretende: un po' di amore e sesso of course, una sfumatura di giallo, attenzione alla cucina (la suocera benevola!), un po' di ironia blanda e benevola, la famiglia come centro e orizzonte, un pizzico di cultura ogni tanto (stile copia e incolla da wikipedia) e uno spruzzo di spiritualità. Buoni premiati e cattivi puniti. Ma è la protagonista che colpiscedi più, rispecchiando un tipo di donna che è, appunto, l'immagine del conformismo televisivo-cinematografico di oggi. Precaria, gelosa, vendicativa, mamma più che sollecita, con un'amica del cuore che fa un mestiere strano (ma l'amico gay con problemi amorosi ci viene risparmiato).
In questo caso a rassicurare il lettore bambino è l'accumulo di elementi noti e stranoti, e soprattutto di conformismo: non c'è nessun elemento che possa stancare, sconcertare o inquietare chi legge. L'unica sorpresa finale (e qui, contro le mie abitudini, rischio lo spoiler) ce la riserva Virginia ma è uno scarto verso la norma, che ha lo scopo di gratificare e rassicurare. Ma non fraintendetemi, questa non è una recensione malevola. Il morso del ramarro fa strabene il suo mestiere, e mi ha aiutato egregiamente a capire quello che volevo, cioè il motivo del successo di questo tipo di letteratura: la prevedibilità. La lettura che è offre e davvero uno svago, nel senso che non chiede nessuna fatica, né per cercare di capire quello che si legge, né per interpretare azioni, eventi, parole o affrontare idee e immagini nuove. Come quando si compra qualche prodotto confezionato al supermarket: si sa quello che si vuole e si è certi di trovarlo dentro la vaschetta. E di rimborsi non c'è bisogno di parlarne, perché si resta soddisfatti di sicuro. 

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