Sono stufa di vedere come primo post di questo blog rosa una valle di lacrime. E' tempo che la tristezza venga scalzata.
Ho riletto l'ultimo post scritto e, ragazzi, se nessuno mi ha ancora denunciata per favoreggiamento del suicidio è un piccolo miracolo. Roba che ti fa venire voglia di diventare emo e soffrire, soffrire, soffrire...
Peccato per il popolo emo, perché non mi avranno mai tra le loro file. Primo perché mi piace troppo il rosa per deprimermi tra borchie e capelli fucsia, secondo perché non sono affatto una a cui piace crogiolarsi nella sofferenza.
La settimana appena trascorsa è stata tragica.
Il momento peggiore l'ho vissuto la sera in cui ho scritto l'ultimo post. Ciò che non tutti sanno è che, oltre alle sfighe galattiche menzionate nell'ultimo pezzo e che non mi va nemmeno di ricordare ulteriormente, ho rischiato pure di lessare uno dei miei due pesci rossi.
Vista la depressione in cui ero incorsa, mi era passato per la testa di combinare almeno qualcosa di buono nella giornata e, guardandomi attorno, mi ero accorta che Oscar e Aramis (ho dato ai pesci i nomi di due personaggi sessualmente confusi, dal momento che non saprò mai se sono maschio o femmina) navigavano in un'acqua gialla come la salamoia delle olive. Ho così preso il vaso che ho eletto a loro casetta e ho iniziato a cambiare l'acqua.
Fino a che non ho visto Oscar nuotare di sbieco, ansimante (se mai un pesce può ansimare), non mi sono resa conto di aver introdotto nel vaso dell'acqua decisamente calda.
Nella stessa giornata avevo realizzato di non avere più una carriera, di aver perso il romanzo a cui stavo lavorando ed avevo mezzo ammazzato un pesce rosso.
"Se non riesco nemmeno a non ammazzare un pesce rosso", pensavo, "come posso pretendere di prendermi cura di me stessa?". E giù disperazione.
Quando FF tornò a casa quella sera non trovò ad attenderlo una Fidanzata, ma un ammasso di lacrime in pigiama, occhi gonfi e bicchiere di vino in mano. Quest'ultimo perchè la distanza tra "depressa" ed "alcolizzata" è più breve di quanto si possa immaginare.
Noi donne abbiamo però quello che ho scoperto chiamarsi "fattore K". Badate che non è una str*****a, è roba seria.
C'è un tempo per tutto.
Ci sono decisioni che non posso essere prese prima del tempo, imprese che non possono essere iniziate prima che sia la loro ora, perchè porterebbero a sicuro fallimento.
Così siamo noi donne: non possiamo iniziare ad essere noi stesse e a dare il meglio se il momento giusto non è giunto.
Prima di questo momento giusto non è detto che non siamo brave e che non siamo apprezzate, semplicemente che non siamo ancora entrate in contatto con noi stesse e scoperto quello che vogliamo davvero.
Di momenti giusti nella vita, quelli che ci mettono direttamente in contatto con noi stesse, senza intermediari, ne passiamo più di uno, e spesso il Momento Giusto (per praticità MG) non è una leggera pacca sulla spalla a mo' di incoraggiamento.
Il mio MG ha avuto tutte le fattezze di un tir che mi ha presa in pieno: un lavoro che non è mai stato così "vedi e sparisci", il mio prezioso romanzo perduto e un pesce quasi lessato per una mia leggerezza.
Questo ha innescato, dopo la valle di lacrime in cui ero piombata (c'è anche un momento per soffrire, lo dicono anche gli esperti del lutto) il mio fattore K, o "fattore karma" che dir si voglia.
Ho capito quello che voglio davvero.
Nei giorni scorsi mi risuonava nelle orecchie quella frase della canzone di Jovanotti che fa "ti ho visto prendere la tua vita e trascinarla in salvo".
Ecco, io ho iniziato a volere fortemente essere una di quelle persone che sono capaci di prendere la propria vita e trascinarla in salvo.
Certo, non ho fatto tutto da sola, ed ho affrontato un problema per volta.
1. Oscar non è morto, ha solo sofferto per qualche minuto.Ho provveduto a cambiare la sua acqua con maggiore attenzione.
Ho deciso di evitare di toccare l'acquario nei momenti in cui sono depressa, arrabbiata, sull'ottovolante ormonale o simili. Anche se a me sembra, in quei momenti, di agire correttamente, è scientificamente provato che combino [@#@t€.
2. Il romanzo perduto è stato in parte ritrovato.Grazie all'aiuto degli amici della rete e della gara di solidarietà che la mia disperazione ha innescato (mancava poco che venisse aperto un numero a cui inviare un sms per farmi avere un euro), sono state recuperate 29 pagine. 29 pagine significano mesi di lavoro.
Due capitoli sono stati perduti, ma in questi giorni mi sto barricando in biblioteca e li sto riscrivendo. Così come sono ora mi stanno piacendo ancora di più e scriverli non si è rivelato il semplice esercizio meccanico che mi aspettavo: ragazzi, sto provando le stesse emozioni che ho provato nella stessa stesura. Solo che stavolta sono anche più carica, perché se almeno una decina di persone che non conosco si sono date da fare per recuperare il manoscritto perduto, vuol dire che almeno a dieci persone che non conosco piace quello che scrivo.
Il portatile è stato accuratamente disinfestato dal virus che aveva preso, ora è molto più efficiente di prima e scrivo come una scheggia, quanto alla chiavetta ubs (bastarda e stronza) incriminata, ha avuto semplicemente ciò che meritava.
Come dite? Che manca il punto relativo al lavoro?Stay tuned: il fattore K is in the air ;-)
La Redazione